Pubblichiamo la seconda parte della conversazione tra Armen Avanessian e Suhail Malik pubblicata su «DIS Magazine» nell’Aprile 2016.
Suhail Malik: Una manifestazione indicativa del tempo complesso operazionalizzato è costituita dai derivati. Certamente, i derivati rappresentano oggi la chiave della finanza speculativa, e sono detti «speculativi» nel senso che utilizzano il costo ipotizzato per il futuro – che è sconosciuto – di una risorsa, e i rischi che essa comporta, per trarre profitto rispetto al costo attuale. Come chiaramente spiegato da Elena Esposito,11Particolarmente interessante su questo tema E. Esposito, IL FUTURO DEI FUTURES. Il tempo del denaro nella finanza e nella società, (Pisa:Edizioni ETS, 2009), N.d.T.
le incertezze sul futuro, con i derivati, sono utilizzate per stabilire i prezzi nel presente, e ciò rimette in discussione la struttura temporale standard basata sulla linearità tra passato-presente-futuro. Il derivato è un chiaro esempio di come i profitti non siano ricavati in base alla produzione o da capitali fissi, come ad esempio attrezzature, impianti e costruzioni – ognuno dei quali dipendente dalla storia degli investimenti – né da capitali variabili come il lavoro o i salari. Essi appartengono ai tradizionali modelli industriali di accumulazione, per i quali avviene la costruzione di una fabbrica, i lavoratori vengono assunti e pagati, i materiali sono impiegati a determinati prezzi, un prodotto è realizzato o incrementato per poi essere venduto a un prezzo superiore rispetto al suo costo, e infine ne nasce un profitto. Tutto ciò significa che i profitti sono accumulati in base alla catena di produzione che si è attivata nel passato e solo successivamente trasferita nel mercato. Lo scambio del prodotto è il completamento di una sequenza che è già avvenuta. Con il modello derivativo, invece, un prezzo non ancora determinato viene anticipato, ed è tale prospettiva futura a essere operazionalizzata per ricavarne profitto – sulla base, lo ribadisco, di un futuro sconosciuto e non ancora concretizzato.
I derivati sono, per usare le parole di Natalia Zuluaga, una sorta di miniera del futuro, un’estrazione dal futuro nel presente. Ma tale attività estrattiva del futuro che avviene nel presente cambia il presente stesso. Il presente non va più concepito come un punto di partenza. La costruzione di un presente costituito speculativamente – il ‘pre-‘ – trasferisce in modo attivo il presente in un passato, di cui è anche il ‘post-‘.
Esiste un modello di questa configurazione, che tu e altri autori avete descritto attraverso i casi di controllo preventivo, di attacchi preventivi, di personalità preventive e così via, che sono anche stati anticipati dai Big Data e dall’utilizzo di algoritmi partendo dalle informazioni dei consumatori. Ma, tuttavia, si differenzia dalla logica della preventivazione in cui, prendendo l’esempio di un attacco preventivo, si elimina un possibile nemico per prevenire ciò che potrebbe accadere – ma anche ciò che potrebbe non accadere. Il fatto è piuttosto che un’azione – come la fissazione dei prezzi nel caso dei derivati, ma possiamo anche generalizzare – si modifica perché si considera questo futuro prossimo come condizione necessaria per l’azione che si compie. Il futuro sta ora agendo per trasformare il presente ancor prima che esso sia accaduto. Come sostiene Esposito, non è solo lo schema lineare del tempo a diventare confuso, ma anche l’apertura stessa del presente verso il futuro.
Non sono forse queste le condizioni che tu e Anke Henning stavate affrontando in Speculative Poetics, entrando più in relazione con l’analisi formale letteraria e linguistica?22Vedi qui.
Armen Avanessian: Io e Anke intendevamo problematizzare alcuni presupposti iniziali, come ad esempio la tensione ipersemplificata esistente tra realismo speculativo e post-strutturalismo. Anche tu e io, nei saggi raccolti in Genealogies of Speculation, abbiamo tentato di rielaborare tale opposizione, che sembra rivendicare una dimensione speculativa nella filosofia delle ultime decadi.33A. Avanessian, S. Malik, Genealogies of Speculation (London: Bloomsbury, 2016).
Ma, in particolare, insieme ad Anke ho esaminato come una fase preistorica dell’attuale filosofia speculativa abbia accolto l’idea di una temporalità speculativa.
Suhail Malik: Una delle cose fatte da te e Anke in Present Tense, e che è davvero importante sottolineare qui, è l’aver presentato le strutture grammaticali del linguaggio come una sorta di tempo-complesso. Per voi, il linguaggio sembra essere un mezzo cognitivo, plastico e manipolabile del tempo-complesso.44A. Avanessian, A. Hennig, Present Tense. A Poetic (London: Bloomsbury, 2015).
Armen Avanessian: Il linguaggio ha una caratteristica unica e fondamentale al riguardo: è un sistema di tempo coniugabile (tense). Tale sistema è davvero importante per la nostra comprensione e costruzione del tempo (time), anche più importante dell’esperienza, poiché ha la capacità di strutturare l’esperienza stessa – seppur non in senso relativista. La maggior parte delle filosofie continentali del linguaggio o legate al tema del tempo in realtà non si occupano degli elementi specifici che costituiscono tale sistema perché non si concentrano sulla grammatica. È un problema della fenomenologia e di molti aspetti legati alle filosofie decostruttiviste e post-strutturaliste. Ciò che è più indicativo di tali tradizioni è rappresentato dalla filosofia analitica e dalla linguistica non-Saussurriana. Ad esempio, John McTaggart e Gustave Guillaume riflettono ampiamente su frasi come «ogni passato è stato un futuro» e «ogni futuro sarà un passato». Questi paradossi strutturali di base – o paradossi strutturali evidenti – possono essere affrontati attraverso un’analisi dell’apparato grammaticale. In questo momento ci sono alcune importanti questioni tecniche per cui sarebbe meglio fermarsi.
Suhail Malik: Sì, forse è meglio tornarci più tardi. Il punto centrale sembra essere che formulazioni come «ogni passato è stato un futuro» e «ogni futuro sarà un passato»…
Armen Avanessian: E così via: tutti i presenti pure…
Suhail Malik: …È proprio ciò che stavo per dire: ciò che in queste due formulazioni è davvero rilevante per l’identificazione di un tempo complesso speculativo (che qui stiamo chiamando post-contemporaneo) è che esse articolano una strutturazione del tempo nella quale il presente rimbalza fuori. In questo modo si possono stabilire determinazioni del tempo che non richiedano il presente come loro fondamento. E la struttura temporale del linguaggio lo consente, considerando il presente come condizione strutturale non necessaria del sistema temporale.
Armen Avanessian: Ciò che mi aveva colpito come necessario per il realismo speculativo o per qualsiasi tipo di filosofia speculativa era stata una maggiore comprensione di ciò che chiamerei una «temporalità speculativa e materialista». Per me e Anke, ciò significava comprendere il tempo sulla base delle strutture grammaticali del linguaggio – il linguaggio inteso come qualcosa di materiale – e sviluppare una filosofia basata sul concetto di tempo, da intendersi come tense, anziché come time.
Suhail Malik: Allo stesso tempo, muovi delle critiche al realismo speculativo, che non affronterebbe abbastanza seriamente l’analisi del linguaggio comune o letterario, poiché lo affida a delle forme di correlazione – significando, di fatto, che non si discosta mai dalla dimensione dell’esperienza umana.
Armen Avanessian: Sì, ma questo è un loro fraintendimento.
Suhail Malik: E perché la definisci una poetica speculativa?
Armen Avanessian: Perché il nostro lavoro implica anche una polemica contro l’estetica e l’attenzione generale al concetto di aisthesis (percezione dei sensi) nella filosofia moderna; e, per tornare al punto precedente, anche contro il primato dell’esperienza.
Suhail Malik: Con il termine «costruttivo» intendi dire che il tempo verbale (tense) può essere operazionalizzato per strutturare il tempo cronologico (time) in modo diverso? Le frasi che dicono che il passato è stato il futuro eclissando il presente non sono solo descrittive. Esse costruiscono anche dei rapporti temporali all’interno del linguaggio, in particolare attraverso la narrazione. A questo punto possiamo chiederci: la stessa operalizzazione dei tempi verbali può avvenire al di fuori delle lingue umane, per esempio attraverso le strutture proprie dei derivati di cui abbiamo già parlato?
Armen Avanessian: Il punto è che «l’esperienza» del tempo e la costruzione di qualcosa di simile a una cronologia sono solo alcuni effetti della struttura grammaticale, e non una rappresentazione della direzione del tempo o di ciò che è davvero il tempo. Nel linguaggio, sono i tempi verbali a creare un’ontologia del tempo cronologico, e noi, immersi in tale scansione temporale, viviamo nell’illusione di avere una biografia.
Suhail Malik: Non è forse questo limite di un ordine in sequenza che è superato dal tempo complesso? Ciò che accade con il tempo complesso speculativo è che il futuro che non conosciamo viene incluso nel calcolo attuale, mentre il presente giunge scollegato rispetto al passato. Lo smantellamento della linearità cronologica e il primato del presente rendono uniformi il passato, il presente e il futuro.
Armen Avanessian: Assolutamente. Molte attuali opere di fiction e, più precisamente, alcuni romanzi coniugati al tempo presente sono molto più pericolosi della narrativa tradizionale nel loro forzare e scardinare insistentemente il tempo. Come nelle avanguardie del XX secolo, i romanzi al tempo presente sottopongono i lettori a una speculazione somatica del tempo. Probabilmente A. N. Whitehead chiamerebbe un tale modo di sentire «sentimento». Questa volta si tratta davvero di un «sentire» allucinogeno, ossessionante, incalzante, raccapricciante, come David Roden mostra nel suo contributo su questo tema. In breve, si sente la potenza del tempo giungere dal futuro. Nei casi più estremi, tale sentimento speculativo può cambiare delle vite. Cercando di metterti in pari con il futuro su cui hai speculato si attua una metanoia. Ma si va ancora oltre… Il fenomeno temporale a cui ci siamo interessati è come tutta la conoscenza estetica della letteratura che non capisce che il tempo presente produce asincronia.
Suhail Malik: Asincronia?
Armen Avanessian: Il presente non è mai completamente esperibile, possiede una spaccatura interna, e le strutture temporali possono operazionalizzare attivamente tale scissione. Il presente è carico di innumerevoli passati-presenti. Mostra fenomeni reali come i post-x, causando una mancata sincronizzazione del tempo.
Una contemporaneità di sinistra e una di destra
Suhail Malik: Ciò rimanda a quanto dicevamo prima: che il futuro stesso diviene parte del presente. Potrebbe essere preso come un’estensione del presente senza un futuro radicalmente distinto da esso. E accade spesso con l’affermazione, da parte della critica di sinistra, della perdita di un futuro sotto il capitalismo delle società complesse. È il limite fondamentale della sinistra contemporanea che Nick Srnicek e Alex Williams hanno individuato e che sembrano revocare con la specifica determinazione di ciò che chiamano «un futuro migliore» attraverso il quale fornire un orizzonte attivo per dirigere la politica del presente.
Armen Avanessian: Credo che abbiamo una leggera discordanza rispetto allo stato attuale del neoliberismo, che tu definisci come un collegamento tra stato e business diretto alla concentrazione del capitale e del potere, e che richiede e rafforza sempre più le élite autocratiche. Tendo a pensare che stiamo già andando oltre questa fase. Per me e altri autori, il neoliberismo è un passo verso qualcosa che si può chiamare neofeudalesimo finanziario, in cui le colonne portanti o le basi dell’economia politica del capitalismo – come uno stato-nazione sicuro, una popolazione governata e un mercato autoregolato, o altre ipotesi economiche di base come il risanamento dell’economia o la crescita dell’occupazione, e profitti più elevati che portano a una maggiore concorrenza, anziché monopoli od oligopoli ecc. – hanno iniziato a scomparire, e ora, con l’aumentare della disuguaglianza, siamo immersi in una crisi finanziaria e sociale fondamentale.
Ma invece di discutere se ci troviamo in un nuovo feudalesimo finanziario o solo in un ulteriore stadio nel capitalismo, cerchiamo di concentrarci qui sull’ipotesi di base che proponiamo congiuntamente: date le già citate trasformazioni sociali, tecnologiche e politiche avvenute dagli anni ’60 e ’70, e che appartengono anche all’arte contemporanea e alla letteratura, con la nascita e il consolidamento, nel periodo successivo, del romanzo al tempo presente, possiamo affermare di vivere in una nuova struttura temporale speculativa.
Fondamentalmente ci sono state due risposte a tale trasformazione. Da un lato, vi è una destra politica o reazionaria, che guarda il passato come una sorta di contrappeso contro gli aspetti negativi che ognuno sente e osserva: le frustrazioni, gli svantaggi e gli errori del neofeudalesimo finanziario neoliberista. L’altra risposta alla struttura temporale speculativa è quella della sinistra, o della frangia più critica, che è anche quella prevalente nell’arte contemporanea. Qui il focus non è sul passato come luogo di sicurezza semantica, ma piuttosto sul presente come area o condizione di resistenza contro il passaggio al tempo speculativo.
Eppure, nonostante tutte le contese tra le risposte della sinistra-critica e della destra-reazionaria alla nascita della mobilitazione neoliberista tempo complesso speculativo, entrambe stanno solo giocando in modo differente e a proprio favore questa nuova nascita del capitalismo neoliberista, o feudalesimo finanziario. Ciò è probabilmente più evidente con le tendenze reazionarie di destra, che in alcun modo interrompono, ma piuttosto rafforzano, le strutture di potere che hanno permesso la nuova formazione politica, economica e sociale. Tuttavia, anche la reazione della sinistra critica ha portato a una sorta di soffocamento, nella misura in cui la maggior parte delle persone ha la sensazione di non essere in grado di ottenere vantaggi nel presente, di cambiare qualcosa e andare incontro a futuro degno del suo nome. L’arte contemporanea è sia un sintomo sia un rimpiazzo di questa mancanza di futuro, con la sua costante celebrazione dell’esperienza: l’esperienza estetica, la criticità, la presenza e così via.
Suhail Malik: Quella che descrivi è una formulazione indicativa delle reazioni tipiche della destra e della sinistra e delle tipiche azioni di difesa intorno alla nascita di un tempo complesso speculativo e alla perdita di sostegno che esso instaura in relazione al passato e al futuro. Anche se vi sono molti modi di comprendere o costruire un rapporto con il tempo speculativo, ciò che fa la destra è semplificarlo, ridurlo e ricentrarlo sul presente come momento dominante sulla base della tradizione passata. L’ha sempre fatto: se la modernità è un paradigma in cui il nuovo accade nel momento presente, ciò che ha contraddistinto la destra è una difesa contro l’emergere del nuovo come fondamento per azioni, organizzazioni sociali, estetica, significato e così via. L’autorità delle condizioni passate è invocata come un meccanismo di stabilizzazione per la modernizzazione. Per essere chiari: la destra non è necessariamente contro la modernizzazione, ma ne stabilizza gli effetti dirompenti invocando formazioni storiche conservatrici o reazionarie. E, quando ha a che fare con il tempo complesso operazionalizzato del capitalismo neoliberista, in un certo senso la destra può continuare a fare ciò che ha sempre fatto senza necessariamente riconoscere che ciò contro cui reagisce non è più il moderno, bensì una condizione nuova.
La destra neoliberale ha senso su questa base: anche se non convengo sull’adeguatezza della definizione di «neofeudalesimo finanziario» per descrivere ciò che sta accadendo al capitalismo, essa è comunque utile a rappresentare la crescente autocrazia che va di pari passo con la riorganizzazione neoliberista. La questione politica, dunque, è come quella autocratica: un tipo di potere post-democratico deve essere legittimato. Un aspetto utile manifestato da questa frangia politica è che avalla, in sostanza, l’autorità di una formazione storica riconosciuta, o élite, capace di stabilizzare gli aspetti semantici – e probabilmente solo quelli – nella costituzione di una nuova condizione.
Armen Avanessian: E l’abreazione della frangia opposta?
Suhail Malik: In un certo senso, la sinistra rende il problema del «contemporaneo» più evidente, perché con le sue forme progressive è correlata al modernismo. Il presente nel quale il nuovo prende posto è il feticcio del cambiamento, esemplificato dagli ideali rivoluzionari e dai luoghi comuni. L’abreazione della sinistra rispetto al tempo-complesso è di economizzare il presente come luogo o sito per pensare e affrontare la ricostituzione di un’organizzazione sociale e del tempo, nonché quella semantica. Anziché percepire il futuro come una condizione del presente, è invece il presente a estendersi in modo indefinito e ad annullare radicalmente un futuro diverso (la rivoluzione, in particolare). Ma il presente speculativo come lo stiamo identificando è, contrariamente a questa malinconia di sinistra, il radicamento del futuro e del passato che si piega nel presente, in un modo che certamente lo deprioritizza e forse lo porta anche a ritirarsi – come nelle frasi discusse in precedenza. Il passato era il futuro, e il futuro sarà il passato.
Armen Avanessian: Non vi è alcuna sospensione critica dal presente in questo presente speculativo.
Suhail Malik: No, esso è costituito dalle incertezze rispetto al futuro e dall’assenza del passato.
Armen Avanessian: Ecco perché il pensiero critico di sinistra dell’evento o della vacuità o apertura del presente – o della contemporaneità – è ancora un residuo modernista. E, come osserva Laboria Cuboniks in questo contributo, da diverse angolazioni, ciò non è coerente con gli impegni e le condizioni che caratterizzano il XXI secolo.
Suhail Malik: Ciò che vede la sinistra nella «complessificazione» speculativa del tempo è un’estensione del presente, piuttosto che un suo dissipamento dovuto alla forza del futuro o alla delegittimazione del passato.
Le relazioni storiche e future preventive sono mantenute con insistenza enfatica sull’essere presente (presentness) dell’azione, dell’estetica o dell’esperienza. È l’ostinazione sul «contemporaneo». Si basa ancora sul presente come tempo primario. E ciò che succede ponendo l’accento sulla contemporaneità è la determinazione del presente come un tempo indefinitamente esteso. Il contemporaneo è una forma di tempo che satura il passato e il futuro, una condizione metastabile.
Una posizione di sinistra ancora attaccata al modernismo non avrà una trazione sul presente speculativo, anche se essa è più attenta al tempo-complesso rispetto alla posizione antagonista, in quanto non ha come intento quello di ripristinare un passato (attraverso la sua attitudine rivoluzionaria sembra ampiamente interessata a ripristinare una semantica storica, mentre la sua ala socialdemocratica mantiene ora un interesse per soluzioni di mercato fallite). Anche se è ormai accettato che la sinistra è più aperta alla modernità rispetto alla destra (discutibile al di fuori dello spettro auto-rinforzante della sinistra), si ritiene che il presente si estenda sia nel passato sia nel futuro, che presumibilmente demolisce il futuro come futuro. E, come osserva Esposito, non si vede che ciò che in realtà è coinvolto ora è il futuro. Che oggi è domani, come è stato detto in un’altra occasione.
Armen Avanessian: Era «Tomorrow Today».
Suhail Malik: Esattamente. Questo titolo indica come il presente speculativo si trovi in una formulazione pre-post, o post-moderna. Il presente, ora, non è il momento in cui sono prese le decisioni, non è la base per il futuro, come accadeva nel modernismo. Ciò che consideriamo come nuovo sta avvenendo nella transizione tra passato e futuro, secondo un flusso che non è unidirezionale, ma una costruzione speculativa dentro e a partire dalle direzioni del passato e del presente al tempo stesso.
Armen Avanessian: L’idea complessiva di ciò che in tedesco si chiama Zeitgenossenschaft – il contemporaneo [da intendersi come coevità, N. d. T.], più letteralmente «compagno di tempo» – è problematica perché troppo spesso si riferisce al desiderio di cambiare radicalmente il presente con un’insistenza sul presente. La contemporaneità dello Zeitgenossenschaft indica l’idea di avere aderenza al presente avvicinandosi a esso, e che non è più sufficiente all’incarico. È semplicemente il modo sbagliato di pensare. Ciò che serve non è né un Gegenwartsgenossenschaft – compagno del presente – né un Vergangenheitsgenossenschaft – compagno del passato –, ma serve più una condizione di Zeitgenossenschaft dal futuro, che potrebbe chiamarsi una sorta di Zukunftsgenossenschaft (dal tedesco die Zukunft). Abbiamo bisogno di diventare compagni del futuro e approssimarci al presente seguendo quella direzione.
Per leggere la prima parte clicca qui.
Per leggere la terza parte clicca qui.
Rif. bibl. A. Avanessian e S. Malik, The Time-Complex. Postcontemporary, «DIS Magazine», Aprile 2016.
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Armen AvanessianArmen Avanessian (1973) è un filosofo austriaco, un teorico letterario e politico. Ha insegnato nel dipartimento di letteratura comparata della Libera Università di Berlino. É stato Visiting Fellow presso il Dipartimento di Tedesco presso la Columbia University e presso il Dipartimento di Tedesco dell’Università di Yale. É capo redattore di Merve Verlag, una casa editrice berlinese specializzata in filosofia e teoria politica. Nel 2011 ha fondato la piattaforma bilingue di ricerca Speculative Poetics che riunisce filosofi, scrittori e artisti di tutto il mondo attorno all'idea di una nuova disciplina teorica in divenire. La sua ricerca di concentra su argomenti quali il speculativo e l’'accelerazionismo nell'arte e nella filosofia.
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Suhail MalikSuhail Malik autore e ricercatore di studi di economia politica, teoria e assiomi dell'arte contemporanea. Insegna Critical Studies presso Goldsmiths, Londra, dove è co-direttore del programma del MFA Fine Art. Ha insegnato al Center for Curatorial Studies del Bard College di New York. La sua ricerca si concentra su temi di economia dell’arte, su come le operazioni di mercato predominano l'arte contemporanea globalizzata e sull’impatto dell’arte contemporanea nel nostro pianeta. Tra le sue più note pubblicazioni troviamo: On the Necessity of Art's Exit from Contemporary Art (2016), The Ontology of Finance (2015), The Politics of Neutrality: Towards a Global Civility (2013).
KABUL è una rivista di arti e culture contemporanee (KABUL magazine), una casa editrice indipendente (KABUL editions), un archivio digitale gratuito di traduzioni (KABUL digital library), un’associazione culturale no profit (KABUL projects). KABUL opera dal 2016 per la promozione della cultura contemporanea in Italia. Insieme a critici, docenti universitari e operatori del settore, si occupa di divulgare argomenti e ricerche centrali nell’attuale dibattito artistico e culturale internazionale.