In questo articolo, pubblicato per la prima volta nel 2011 su «Diversities», rivista accademica edita da UNESCO fino al 2013, e aggiornato in occasione della sua ripubblicazione su KABUL magazine, le autrici Piia Varis e Xuan Wang analizzano il web come spazio della superdiversità per antonomasia, in cui singoli individui, gruppi e intere comunità possono trovare infinite opportunità di espressione di sé. In altre parole, Internet rappresenta in potenza una safe zone per tutte le sottoculture e le minoranze che non sempre nello spazio fisico possono o riescono a esprimersi. Su Internet, tuttavia, la diversità non è garantita e preservata in tutte le occasioni, e si scontra anzi spesso con forme di controllo e di censura, nonché con i tentativi di normativizzazione attuati dalla politica e dalle società. Tali aspetti vengono scandagliati in profondità dalle due ricercatrici attraverso l’analisi di uno specifico caso studio, quello del rapper pechinese MC Liangliang, che attraverso la sua attività di comunicazione ed espressione di sé online si configura quale esempio significativo del fenomeno contemporaneo dell’hip hop globale di Internet, uno spazio e una cultura superdiversi contraddistinti da un proprio linguaggio specifico (quello che le due autrici definiscono appunto un “super-vernacolare globale”) e da simboli riconoscibili e ben codificati a partire da un immaginario culturale transnazionale e condiviso.
Il testo è stato selezionato in occasione di Dancing is what we make of falling 2 (OGR – Officine Grandi Riparazioni, Torino), a cura di Valentina Lacinio e Samuele Piazza, e qui tradotto e diffuso per la prima volta in italiano.
Introduzione: Internet e la Superdiversità
Internet può essere visto come un ingranaggio fondamentale nei processi di globalizzazione e nello sviluppo della superdiversità (Vertovec 2006, 2010). Il World Wide Web apre canali di comunicazione completamente nuovi, generando forme linguistiche e culturali inedite, e nuove opportunità per la costruzione di identità (si vedano Sundén 2004; Baron 2008; boyd11danah boyd non scrive il suo nome utilizzando le maiuscole. Nel riferirci a lei abbiamo seguito questa sua scelta.
2009). La tecnologia ha fatto sì che infrangere i confini del mondo in cui effettivamente viviamo sia più facile“…La tecnologia ha fatto sì che infrangere i confini del mondo in cui effettivamente viviamo sia più facile”, lo ha esteso nel e oltre lo schermo, e ci ha consentito di essere coinvolti in attività locali e translocali attraverso mezzi precedentemente non disponibili. Volendo spiegare il mondo di oggi, tutto ciò non può essere ignorato, e le discussioni sulla superdiversità dovrebbero prendere in considerazione il significato di Internet nella complessificazione della natura della comunicazione umana e dei rapporti con gli altri, dei movimenti transnazionali e delle migrazioni e, più in generale, della vita sociale e culturale. Ciononostante, in questo ambito dovremmo altresì usare cautela nel parlare di ottimismo. La cosiddetta “rivoluzione di Internet”, di cui siamo stati testimoni più o meno nelle ultime tre decadi, attira molti con la promessa di uno spazio superdiverso per eccellenza – uno spazio di possibilità apparentemente infinite di espressione del sé, per progetti di vita individuali e formazione di comunità. Le ideologie più diffuse riguardo Internet ci presentano spesso l’immagine di un mondo online saturo di opportunità e aspirazioni, in cui il singolo può abbandonarsi in infiniti processi creativi immaginando e costruendo sia se stesso che gli altri.
Mentre può essere un’ovvietà affermare che la vita su Internet sia straordinariamente innovativa e diversificata, è necessario riconoscere che questa felice eterogeneità rappresenta solo una porzione del panorama. Come spesso accade nel mondo offline, le regole e le norme devono essere considerate anche negli spazi online. Come abbiamo dimostrato altrove (Varis et al. 2011), non solo online esistono limitazioni, ma queste sono tanto importanti quanto le opportunità offerte da Internet: hanno effetti determinanti sul modo in cui gli utenti di Internet hanno la possibilità di implementare e sviluppare repertori di identità, lasciarsi coinvolgere dagli altri e formare comunità. Pur facilitando un continua “diversificazione della diversità” (Vertovec 2006:1), Internet è anche uno spazio in cui la diversità è controllata, ordinata e ridotta. Tale controllo coinvolge forme sia esplicite di normatività (per esempio, policy legate all’utilizzo di Internet possono essere osservate in contesti geopolitici diversi, come quello cinese), che più implicite, che emergono e sono negoziate e monitorate attraverso micro-pratiche online. La normatività online non è meno importante o complessa di quella offline; al contrario, la vita online viene persino ricoperta dall’irrefrenabile velocità e portata della comunicazione, così come da un’inedita eteroglossia, tutte cose che complicano ulteriormente il quadro generale (cf. Leppänen & Elo). Il coinvolgimento in questo nuovo ambiente online guidato dalla diversità, che è sia il risultato che la conseguenza di queste eterogeneità e policentricità, richiede spesso un orientamento verso forme di normatività più sfumate e mescolate rispetto a quelle precedenti, poiché le azioni online sono influenzate da una vasta gamma di orientamenti. Per poter comunicare e per lasciarsi coinvolgere in modo costruttivo in azioni (sub)culturali, potrebbe essere necessario osservare diversi strati di normatività attraverso cui la superdiversità (online) è controllata e strutturata da forze multi-scala.
Prestare attenzione alle dinamiche tra libertà, creatività e normatività è cruciale al fine di ottenere una comprensione dettagliata e sottile della superdiversità su Internet; tuttavia, va messo in discussione più approfonditamente il funzionamento di questa dinamica e, in maniera ben più fondamentale, quali siano le forme di normatività in gioco e fino a che punto queste organizzino le pratiche online. L’attenzione al lavoro di ordine, coercizione e potere nel cyberspazio è necessaria per affrontare l’attuale programma di arricchita teorizzazione di concetti quali “superdiversità” e “globalizzazione” delle scienze sociali (si vedano Blommaert & Rampton; Arnaut, questo volume; Blommaert 2010; Blommaert & Varis 2011; Varis di seguito).
Questo capitolo è incentrato sulle sfide appena delineate, e a breve illustreremo l’utilizzo della normatività e della creatività su Internet esaminando un caso cinese22Il caso qui discusso è basato sul lavoro effettuato sul campo (online) da Xuan Wang per la sua ricerca di dottorato, tra l’autunno del 2010 e la primavera del 2011. Il lavoro ha incluso un periodo iniziale di quattro mesi di osservazione online delle attività connesse all’hip hop che circondavano MC Liangliang e la sua crew (performance musicali, blog, discussioni online con fan e “nemici”). Dopo qualche interazione online e alcune interviste con MC Liangliang fatte dalla ricercatrice senza recarsi in Cina, nel 2011, a Pechino, si è svolta una seconda intervista con il rapper. A quest’ultima sono seguiti ulteriori contatti e osservazioni via Internet.
– un rapper di Pechino e il suo coinvolgimento online nelle correnti globali delle culture hip hop. Vi sono ragioni convincenti dietro alla scelta di questo focus, tra cui la più elementare è il ricco esempio di semiotizzazione (cioè la creazione di significato attraverso varie risorse semiotiche) offerto dalla comunicazione online e dalla creazione di identità nel contesto della globalizzazione. L’uso di risorse multimodali (testi, immagini e suoni) e multilingue (cinese, inglese e coreano) e la narrazione metapragmatica delle pratiche culturali (come fare hip hop online), come vedremo a breve, sono ambiti di produzione di creatività e normatività. In secondo luogo, trattandosi di “Internet hip hop” – creato e pubblicato online –, raccoglie insieme due forme tipiche della superdiversità nel contesto della globalizzazione culturale. L’hip hop è “il più profondo e più sconcertante movimento culturale, musicale e linguistico del tardo XX/primo XXI secolo” (Alim 2009:3), costituito da un linguaggio incredibilmente eteroglosso e innovativo e da altre pratiche culturali (si vedano Pennycook 2003, 2007a, 2007b; Alim et al. 2009; Westinen 2014), e il suo sviluppo online come sottocultura di Internet espande enormemente il suo potenziale nella superdiversità, nonostante appaia comunque influenzato da forze normative.
Come emergerà più avanti, il coinvolgimento dei due veicoli di superdiversità, nel nostro caso, non porta necessariamente a uno sdoppiamento della libertà e della creatività nei comportamenti discorsivi. Piuttosto, ogni opportunità creativa va di pari passo con la normatività che è stratificata e opera su scale/livelli diversi. Il nostro caso studio adotta un approccio empirico ed etnografico “dal basso verso l’alto” (si vedano Hymes 1996; Blommaert 2005; Rampton 2007; Cora Garcia et al. 2009; Juffermans 2010). Ciò ci consente di sviluppare una comprensione più dettagliata e sofisticata di questo nuovo ambiente comunicativo e del modo in cui opera attraverso la granularità fine dell’uso che gli utenti di Internet fanno del linguaggio. Infine, creeremo un confronto critico con la Cina che, pur essendo spesso considerata un territorio periferico rispetto ai centri della globalizzazione, come per esempio gli Stati-nazione dell’Europa occidentale, fornisce un interessante caso di incontro tra superdiversità e normatività all’interno dello spazio virtuale. Lo sviluppo di Internet in Cina è impressionante, ma è anche noto per i suoi controlli stringenti e la censura, un chiaro esempio di “controllo del linguaggio” (Blommaert et al. 2009) a livello statale. Tuttavia, come suggerisce il nostro caso, vi è molto più di questo: la normatività può essere imposta anche dal basso – da se stessi o dai propri pari –, e questo introduce sistemi di normatività più profondi, intricati, locali e translocali – le micropolitiche del linguaggio e/o il controllo culturale che possiamo riscontrare in tutte le interazioni nei diversi spazi e contesti sociali.
Internet in Cina gioca un ruolo più prominente che mai nella trasformazione della sfera pubblica e della società civile.
In ciò che segue, per prima cosa collocheremo il nostro caso attraverso una discussione sulle superdiversità emergenti su Internet in Cina, nonché sull’hip hop in Cina. Procederemo poi con la presentazione del nostro caso cinese, al fine di illustrare come ciò che potrebbe essere definito un super-vernacolare globale (vale a dire la cultura hip hop globale; si veda Blommaert 2011) venga utilizzato online, in modo creativo, da un rapper cinese, e come questo super-vernacolare sia parlato con un “accento locale cinese” originale – il tutto restando fedeli a un preciso complesso di norme. Il complesso della creatività e delle norme ci condurrà infine al concetto di autenticità, che essenzialmente ha a che fare con la tendenza a un orientamento discorsivo verso una certa configurazione di norme che permette quindi di “passare per” qualcuno o qualcosa (si veda Blommaert & Varis 2011). Anziché la località o la localizzazione, è l’autenticità a costituire la forza propulsiva del tentativo “superdiverso” qui esaminato.
Culture di Internet in Cina
Due decenni fa la Cina ha iniziato a partecipare attivamente al processo di globalizzazione, venendo presto considerata come un membro dell’emergente network society globale (Castells 1996/2000, 2004) attraverso una rapida adozione su larga scala di tecnologie come Internet, che hanno facilitato e portato avanti la sua modernizzazione economica. La Cina è oggi la nazione con il più alto numero di utenti Internet al mondo, con più di 600 milioni di fruitori alla fine del 2013, e il suo tasso di penetrazione su Internet ha superato il 45 per cento. Tutti questi sviluppi hanno avuto luogo nel brevissimo arco temporale di poco più di un decennio. La velocità, il volume e l’intensità di tali sviluppi sono stupefacenti, anche se piuttosto disomogenei in termini di distribuzione e accessibilità geografica e sociale (per una sintesi dello sviluppo di Internet in Cina si veda Lu et al. 2002).
Tuttavia, l’impatto dello “spirito dell’informazionalismo cinese” (Qiu 2004:99) non è esclusivamente economico. Come in altre parti del mondo, Internet in Cina gioca un ruolo più prominente che mai nella trasformazione della sfera pubblica e della società civile, nutrendo la formazione dell’emergente network society e di comunità virtuali, offrendo nuovi spazi e risorse per scambi transnazionali e translocali, e promuovendo l’emergere di una sempre più sviluppata mobilità sociale e di varie manovre e contestazioni per l’emancipazione politica, culturale e personale (si vedano per esempio Yang 2003a, 2003b, 2003c; Lo 2009; Leibold 2010; Li 2010). Il raggio di opportunità, creatività e libertà introdotto e sostenuto da Internet è straordinario, nonostante la Cina implementi anche regolamentazioni esplicite sull’uso di Internet attraverso una severa censura (Qiu 1999/2000; MacKinnon 2008). Le nuove opportunità sono forse ancora più notevoli se messe in relazione ai movimenti politici che affrontano questioni come la libertà di parola, l’attivismo del cittadino e la democrazia nella società cinese (si vedano Qiu 2004; McKinnon 2009; Yang 2009), per non parlare della rapida espansione dei business online e del conseguente boom economico e sociale delle infrastrutture fondate sulle telecomunicazioni (Liang 2010). Lo sviluppo delle sottoculture su Internet è un altro aspetto interessante della transnazionalizzazione della diversità nella società cinese, soprattutto se pensiamo a Internet come mediatore dei flussi globali di differenti forme di cultura popolare, come i film, la moda e la musica.
L’hip hop è un fenomeno linguisticamente e culturalmente “superdiverso” oggi emblematico, con interpretazioni locali della sua prosperità globale, anche – e forse in modo particolare – su Internet. L’“hip hop di Internet” costituisce inoltre l’ottimo esempio di una sottocultura di Internet – o, utilizzando una terminologia diversa, un “supergruppo”, per dirla con le parole di Arnaut (si vedano Blommaert e Rampton) – che raccoglie insieme un gran numero di individui i quali, attraverso Internet, interagiscono con, fanno circolare, si appropriano e modificano i flussi dell’hip hop globale che, diversamente, sarebbero per loro meno visibili e accessibili. Ciò è piuttosto evidente e rilevante in Cina, dove l’“hip hop di Internet”, noto come wangluo xiha, occupa buona parte della scena hip hop. Mentre continua la propria negoziazione per entrare a far parte di un mainstream culturale e sociale normativo, il format di hip hop disponibile a livello globale nella Cina popolare si sta diffondendo velocemente e, soprattutto, attraverso Internet. Sebbene la visibilità delle pratiche translocali dell’hip hop sia fondamentalmente ristretta allo spazio online, il grado di diversificazione del loro utilizzo in Cina è straordinario. Sono infatti sviluppati complessi network transnazionali e translocali, ed emergono su Internet un gran numero di versioni dell’hip hop che sono appropriazioni locali, con una grande varietà di linguaggi, collaborazioni, stili culturali e ragioni politiche. MC Liangliang (il focus di questo studio), il cui impegno online nell’hip hop gli ha fatto ottenere notevole credibilità all’interno delle comunità giovani e dell’hip hop in Cina, connettendolo alla parte più ampia dei flussi globali dell’hip hop, è un esempio di tale processo. I flussi translocali, grazie a Internet, raggiungono persino individui emarginati in località remote, come nel caso di un rapper dialettale di Enshi, periferia della globalizzazione cinese di cui abbiamo parlato altrove (si vedano Varis et al. 2011; Wang 2012). Questa mobilità offerta dalla globalizzazione dell’hip hop online può essere osservata anche in altre parti del mondo, per esempio nel caso di Amoc, il rapper Sami della Lapponia a nord della Finlandia (si vedano Ridanpää & Pasanen 2009; Leppänen & Pietikäinen 2010; Pietikäinen 2010). Le opportunità, in questi casi, hanno a che fare tanto con l’avere accesso e l’essere in grado di partecipare al discorso globale quanto con l’appropriazione e la (re)invenzione del locale. Ciò che viene messo in gioco nel mescolare il globale con il locale è l’autenticità – la caratteristica che definisce l’ideologia hip hop globale (si veda Pennycook 2007a).
“Mantenere i piedi per terra” (cioè essere autentici, secondo la terminologia hip hop) coinvolge la mescolanza creativa di risorse locali e translocali continuando a orientarsi verso differenti scale normative riunite nel momento della creazione. “Mantenere i piedi per terra” equivale quindi a parlare un “gergo della resistenza” (Potter 1995) che dimostra la ribellione e la devianza, o la creatività, rappresentando ciò che è globale attraverso caratteristiche locali. Tuttavia, la creatività è sempre legata alla normatività (come essere autentici e “mantenere i piedi per terra”), e tali dinamiche sono rilevanti anche su Internet – e se non lo sono particolarmente è per la ridotta influenza del locale negli spazi online. Inoltre, sebbene Internet abbia esteso enormemente il suo potenziale di creatività, i sistemi normativi incidono sulla creazione di significato online. Ciò, nel caso cinese qui esaminato, include persino il controllo, a livello statale, del comportamento online ritenuto “inaccettabile”, attraverso la rimozione di contenuti e/o di interi siti web; ciò significa che i prodotti della creatività del singolo possono essere addirittura rimossi completamente se non aderiscono alle norme predominanti stabilite per il comportamento online. Le dinamiche tra normatività, specialmente in rapporto alla produzione dell’autenticità hip hop, e creatività costituiranno la questione principale della nostra analisi su un rapper pechinese di 26 anni e sulla sua produzione online di hip hop (vale a dire i prodotti della sua attività (sub)culturale che lui stesso posta online).
Il “vero hip hop” in Cina: creatività e normatività online
Entrando nel mondo dell’hip hop cinese online, occorre osservare che postare musica e testi online non è, naturalmente, un’esclusiva dell’hip hop cinese, e nemmeno dell’hip hop in generale – in tutto il mondo, ogni genere di artista pubblica online i propri prodotti. Ciò ha trasformato principalmente l’economia e la distribuzione della musica in quanto tale: il mondo della musica è diventato decisamente più piccolo e, per molti aspetti, più accessibile, ed è forse verosimile affermare che i produttori di musica indipendenti delle grandi industrie riescano a ottenere visibilità in modo assai più semplice e a parlare a un pubblico diversamente fuori dalla loro portata. Ciò significa anche che, nonostante il controllo (e l’omogeneizzazione, la de-diversificazione delle influenze) di enormi industrie del settore, la disponibilità di diverse tipologie di prodotti culturali è, grazie a Internet, più diffusa che mai. In questo senso, Internet consente la comparsa e la visibilità di forme culturali che altrimenti sarebbero relativamente, se non del tutto, invisibili al pubblico“…Internet consente la comparsa e la visibilità di forme culturali che altrimenti sarebbero relativamente, se non del tutto, invisibili al pubblico”, e facilita quindi la diversificazione della cultura e delle forme di produzione culturale in circolazione.
Il caso cinese che qui affronteremo – MC 良良, o MC Liangliang33Tutte le traduzioni dal cinese all’inglese presenti in questo testo sono state eseguite dalle autrici.
– costituisce un esempio calzante: parliamo di un rapper di Pechino (in cui è emigrato diversi anni fa), che senza Internet avrebbe probabilmente molta meno visibilità e sarebbe in grado di raggiungere molti meno individui.44È importante considerare che, sebbene abbiamo descritto Pechino come “base” di MC Liangliang nel senso della sua collocazione fisica, consideriamo le sue attività hip hop come translocali, più che legate alla località (cioè, Pechino), poiché queste attività sono essenzialmente svolte online. La specifica rilevanza della località di Pechino è oltre il raggio e fuori dal focus di questo articolo, e viene considerata altrove (Wang 2011).
Internet gli consente di postare online la sua musica e i suoi testi, e persino di abbracciare un certo tipo di identità – di confrontarsi con la semiotica dell’hip hop globale con un metodo che non ha precedenti. Gli ambienti online ci offrono queste opportunità, dobbiamo solo avere la possibilità di accedere a un device che ha una connessione Internet. Sarebbe esagerato sostenere che senza Internet niente di tutto ciò sarebbe accaduto, o che questo rapper a Pechino non avrebbe a sua disposizione la semiotica globale e i flussi culturali – possiamo dire piuttosto che Internet abbia facilitato tutto questo, consentendo forme di coinvolgimento e partecipazione che diversamente non sarebbero esistite.
Naturalmente Internet non è solo uno spazio per flussi illimitati e incontrollati. Le regole di partecipazione non sono state (perlomeno in molti casi) stabilite a priori (le norme sono emergenti), e questo vale per molte tipologie di norme – quelle di comunicazione, (sub)culturalizzazione e di costruzione delle identità. Il fatto che, in molti casi, le norme non siano state prestabilite non significa quindi che non vi siano norme, ma che queste vengano spesso (ri)elaborate nel processo di coinvolgimento che avviene sui forum online. Andrebbe anche tenuto a mente che i flussi culturali globali, alla nostra portata grazie a Internet, non solo sono liberatori e consentono una maggiore diversificazione, ma forniscono anche modelli e progetti per un’azione (sub)culturale, limitando pertanto la creatività online.
Tuttavia, le culture, i codici e i flussi globali non funzionano secondo logiche deterministiche: per così dire, non sono ingoiati senza prima essere masticati. In questo processo di “masticazione” delle risorse semiotiche globali, mentre le risorse “locali” e “globali” si mescolano creativamente, molte cose interessanti accadono potenzialmente. Ciò risulta nella comparsa di codici globali con un accento locale. I codici o i modelli globali sono quelli che possiamo definire come super-vernacolari – metodi globali per modellare identità, forme di comunicazione, generi ecc., riconoscibili per i membri dei super-gruppi emergenti (si vedano Blommaert 2011; Velghe 2011, 2012; Blommaert & Velghe 2012). Questi super-vernacolari sono riconosciuti come determinate cose perché condividono certe caratteristiche riconoscibili, e attraverso la loro ri-attuazione e ri-circolazione vengono create e di conseguenza sostenute le super-comunità. Per metterla in altri termini, certi ordini indicali55Gli “ordini indicali” esprimono l’idea che i significati correlati ai segni semiotici (siano forme di utilizzo della lingua, capi d’abbigliamento ecc.) non sono casuali, ma sistematici, stratificati e legati al contesto: infondiamo significato ai segni secondo pattern convenzionali e normativi. Per una spiegazione accessibile si veda Blommaert (2005).
condivisi sono riconosciuti e presi in considerazione come appartenenti a un determinato super-vernacolare – per esempio, nel caso qui discusso, quello dell’“hip-hopness”. Tali ordini globali offrono diverse affordance – risorse e opportunità per la creazione di significato – per coloro che si appropriano di queste opportunità per testi su larga scala e le mescolano con ordini locali: una di queste affordance è la de-globalizzazione. I dialetti del super-vernacolare (Blommaert 2011) appaiono come il risultato di tali appropriazioni. Questo è ciò che andremo ora a illustrare grazie al caso di MC Liangliang e del suo giro.
MC Liangliang e la sua crew: la semiotizzazione dell’autenticità
Iniziamo con il rapper stesso, MC Liangliang, o Liangliang, come lo chiamano molti dei suoi fan. Questo nome, comune sia online che nell’hip hop, è ovviamente uno pseudonimo, anche se è interessante sapere che Liang è parte del suo vero nome. Il suo nome mescola inoltre il “MC” dell’hip hop inglese globale con il cinese “Liangliang”, rendendolo contemporaneamente parte della comunità hip hop globale e di una più stretta nicchia di hip hop (vale a dire quello della comunità cinese). Tuttavia, lui sostiene che il suo nome hip hop completo sia “Month Catamenia Liang Liang (yuejing Liang Liang66Si veda l’intervista online con MC Liangliang su: http://blog.sina.com.cn/s/blog_5074792a01008o9f.html (ultimo accesso: luglio 2014, oggi non più disponibile).
)”. Un modo per interpretare questo fatto è che il simbolo globale “MC”, come parte di tutto il “pacchetto” hip hop, è localizzato e reinventato da Liangliang per i suoi scopi, mentre questo spostamento verso il locale coinvolge inoltre strumenti incompleti (il suo uso di “month” in luogo di “monthly”) e non tipicamente locali (in inglese). Tale appropriazione ha a che fare con la creatività e con la ribellione poiché ci si prende la libertà di rigettare la norma globale per creare qualcosa di nuovo. Persino il risultato di questa nuova invenzione, “Month Catamenia”, ha a che vedere con la ribellione, dal momento che la frase cinese (utilizzata esplicitamente da Liangliang nella versione cinese del suo nome hip hop) è una parola culturalmente sensibile, spesso sostituita da un eufemismo. L’apparente trasgressione nella selezione del termine iconizza sia il lato culturale che quello controculturale dell’hip hop. Qui, iniziamo già a vedere un allineamento verso – una resistenza contro – diversi gruppi di indicalità e marcatori di identità e identificazione, e osservare la presenza online di MC Liangliang ci porterà un passo avanti nella visione di come il globale resti invischiato nel locale.
MC Liangliang è attivo su diverse piattaforme online, prime tra tutte il sito www.yinyue.com, per pubblicare le sue canzoni, la bacheca di messaggistica Baidu e la piattaforma di microblogging Sina per chat, blog relativi al suo lavoro artistico e altri temi più generali – per esempio, l’interazione con il pubblico. Rappa sia autonomamente che con una crew chiamata 乱感觉 (“MessFeel”). Molti dei membri di questo gruppo vivono nella sua regione natale, nel Nord-Est della Cina; nessuno dei membri del gruppo, fatta eccezione per lui, almeno per il momento, vive quindi a Pechino. Il lavoro collaborativo di composizione e performance viene svolto pertanto interamente online, e il gruppo utilizza QQ (un programma cinese usato per la messaggistica istantanea, i blog, i giochi online ecc.) per scambiare idee e ispirazioni, per trasmettersi parti del lavoro o semplicemente per socializzare. La loro produzione artistica è quindi essenzialmente un’impresa virtuale e translocale.
Un’impresa virtuale e translocale di tale portata implica ovviamente un numero di libertà e guadagni che possono essere ottenuti solo attraverso questo metodo di produzione artistica. Grazie a Internet, MC Liangliang e i suoi collaboratori riescono a produrre e far circolare la loro musica online, senza limitazioni di tempo e spazio e restrizioni “editoriali” (date, per esempio, dalle case discografiche) presenti invece nel lavoro artistico “offline”. Il gruppo è in grado di collaborare “fuori dalle scene” e di creare, organizzare e interagire con gruppi di colleghi e comunità di pratiche che sono o inesistenti o invisibili nell’immediatezza del loro mondo fisico – sia che queste persone vengano dal loro paese natale, sia che si trovino in qualunque luogo al di fuori di Pechino. Internet ci consente persino di seguire i flussi globali dell’hip hop; negli ambienti online, è più semplice che mai partecipare e assorbire influenze dalla scena hip hop transnazionale. Tuttavia, le conquiste online di Liangliang non hanno solo a che fare con la libertà e la possibilità di partecipare alle attività globali, ma persino con la ricerca dell’autenticità in quanto rapper. In questo senso, la scena è anche quella che funziona secondo determinate regole e normatività.
Avviamo la nostra analisi esaminando la strofa di una canzone pubblicata online da MC Liangliang e dalla sua crew, per illustrare i punti elencati su, ma prima spendiamo qualche parola sulla semiotica hip hop in cui è inquadrata questa canzone. Online, Mc Liangliang non solo produce musica e testi, ma performa anche l’interpretazione essenziale d’identità dell’“essere hip hop”. Possiamo vedere che l’immagine del profilo da lui scelta per www.oyinyue.com e per la piattaforma di messaggistica Baidu punta a un metodo familiare di modellazione delle identità hip hop. L’immagine include un giovane maschio afro, suggerendo un allineamento con “l’autorità hip hop” incarnata nella “negritudine” – l’essere e il fare il “nero”. In un’altra immagine, invece, vediamo in un certo senso una rappresentazione più autentica di Liangliang, poiché si tratta effettivamente di una sua foto. I tratti del suo volto sono oscurati, ma riscontriamo quei significanti emblematici che richiamano al “vero hip hop”: infatti, indossa un cappello da baseball e una maglia sportiva, entrambi icone della moda hip hop globalizzata; il dito medio alzato e la sigaretta in bocca puntano a una particolare attitudine hip hop – una certa dose di “coolness”, ribellione e sovversione – il tipo di “ostilità” familiare alle scene hip hop urbane. Vale anche la pena notare come l’immagine incorpori il suo nome hip hop in modo particolare, con le lettere inglesi “MC” scritte con un carattere molto più grande rispetto agli ideogrammi cinesi 良良: in questo modo, è sottolineata l’appropriazione della semiotica globale. In un certo senso, queste due immagini sono molto diverse tra loro, pur indicando entrambe una certa “hip-hopness”, la cui creazione è consentita dalle differenti risorse semiotiche offerte da Internet (creare un profilo, usare diversi mezzi multimodali per farlo, essere creativi nel farlo ecc.) e si basa su ciò che MC Liangliang crede essere il vero senso dell’hip hop.
Concentriamoci ora sull’effettivo prodotto del gruppo di MC Liangliang (vale a dire, una delle canzoni che ha postato online). La canzone di MC Liangliang che useremo qui per illustrare la nostra tesi si intitola 中国 HIPHOP – HIPHOP cinese. Ciò ci suggerisce già parte del contenuto della canzone, così come i generi di ordini indicali rievocati da questo artefatto culturale. Dissezionando il titolo nelle sue parti costitutive, esso ci risulta piuttosto semplice – si compone di due parti, “cinese” e “hip hop”. Per quanto possa apparire semplice a un primo sguardo, queste due parole guardano a due diversi gruppi di indicali e a diversi livelli in essi implicati: quello relativo al fenomeno globale – o super-vernacolare – dell’hip hop, così come quello del suo “accento” cinese.
Le parti cantate si dividono in due parti e, come per i testi postati online in forma scritta, la prima parte non è inclusa. La canzone, tuttavia, può anche essere ascoltata online, e nella versione audio possiamo constatare come il testo scritto condiviso online non includa tutto. Qui la parte mancante, che ci assisterà nell’orientarci tra i generi di indicali in uso:
[coro] Il vero hip hop, il vero hip hop
[Liangliang] Yea, il vero hip hop, l’hip hop cinese
[coro] Il vero hip hop, il vero hip hop
[Liangliang] Yea, yea, hum
La prima cosa da notare è l’inglese – una risorsa che può essere riconosciuta senza ombra di dubbio come appartenente all’hip hop vernacolare globale, anche se non dovessimo condividere l’idea secondo cui il formato afroamericano sia il formato globale. Nelle prime righe registriamo un movimento dal “vero hip hop” al “vero hip hop, l’hip hop cinese”, il che ci suggerisce che il vero hip hop sia appunto quello cinese. Possiamo pensare di trovarci davanti a un’interessante contraddizione, poiché l’insinuazione per cui il vero hip hop sia quello cinese è fatta utilizzando come mezzo la lingua inglese (sebbene qui potremmo ipotizzare che la parte inglese sia stata espunta dal testo per far sembrare la canzone più “cinese”). In ogni caso, dal punto di vista dell’autenticità, qui non vi sono contraddizioni, poiché la lingua dell’hip hop autentico è, in effetti, l’inglese – il super-vernacolare che diviene qui appropriato e “masticato” per rispondere a determinate necessità.
Riguardo al testo scritto, postato online su www.oyinyue.com, possiamo esprimere un’osservazione prima ancora di leggerlo (cioè semplicemente guardandolo). Osserviamo.
Ciò che notiamo è che, all’interno del testo – principalmente in cinese –, sono inseriti alcuni elementi inglesi. O, viceversa, sarebbe ugualmente o persino più giusto affermare che il cinese sia inserito nell’inglese, poiché il super-vernacolare crea un modello che consente al cinese di fare la sua comparsa. In ogni caso, gli elementi inglesi, essendo stati scritti in caratteri romani maiuscoli, sono qui molto appariscenti. Il testo si presenta dunque come un interessante mix linguistico di diverse scritture, in cinese e inglese, in cui quest’ultimo sembra infondere nel testo un gusto hip hop (occidentale). Linguisticamente, tuttavia, l’inglese non è l’unica risorsa “non cinese” presente nel testo: ascoltando la canzone, più avanti, riconosciamo anche il coreano, rappato da Joonjoon, un membro del gruppo di MC Liangliang che parla coreano. Nel testo scritto, però, del coreano non vi è traccia, poiché non fa parte del repertorio linguistico della persona che ha prodotto il testo in forma scritta e lo ha postato online (vale a dire, MC Liangliang). Di conseguenza, tutto ciò che è linguisticamente più complesso ed eterogeneo rispetto a quanto suggerito da questa versione, ed è invece presente nella versione audio, è ridotto nello scritto postato online a un mix costituito solo da alcune delle risorse (linguistiche), a causa di fattori che ne limitano la presentazione. È evidente, in ogni caso, che vi è qui un orientamento verso ciò che l’hip hop è “realmente” dal punto di vista globale.
Abbiamo già discusso delle imposizioni di due diverse tipologie di normatività: quella dello Stato e quella della cultura hip hop globale. Nel testo l’appropriazione di parole “oscene” (come “fuck”, che è sostituita da asterischi) è naturalmente caratteristica del super-vernacolare globale dell’hip hop, e qui, in quello che potremmo classificare come un dialetto locale del super-vernacolare, ci si appropria di questa caratteristica in grado di produrre pertanto un effetto di autenticità. Curiosamente, sebbene qui le parole non possano essere viste – possiamo infatti sentirle solo ascoltando la canzone – e siano sostituite da piccoli asterischi, si potrebbe obiettare che la loro incapacità di vederle online contribuisca ulteriormente alla “hip-hopness” del testo (cioè alla sua autenticità): gli asterischi segnalano qualcosa che è al di fuori delle norme stabilite, qualcosa di trasgressivo e deviante, che pertanto punta al cuore di ciò che definisce, determinate tipologie di hip hop. Due scale di indicalità (entrambe “buone” e “cattive”) e, di conseguenza, due differenti normatività, sono suggerite dagli stessi simboli.
l’autenticità dell’hip hop non ha solo a che fare con ciò che c’è.
Tornando al mix di cinese, coreano e inglese, siamo in grado di fare un gran numero di osservazioni. Sia l’hip hop inglese che quello coreano sono, sebbene su scale e con valori differenti, flussi globali transnazionali. Sia l’inglese che il coreano hanno presa sulla scena cinese, e potremmo suggerire come il loro valore sia qui puramente indicale: in altre parole, ottengono il loro valore dall’economia cinese dei simboli. Dal punto di vista del pubblico occidentale, il coreano sembrerebbe avere meno prestigio nella scena hip hop. Lo stesso non vale invece per la Cina, dove l’hip hop coreano costituisce un tipo di hip hop sofisticato (per un’analisi della crescita della cultura popolare coreana in Asia si veda per esempio Shim 2006). Il ruolo dell’inglese è ancora qualcosa di familiare per il pubblico globale più ampio: si tratta del modello super-vernacolare essenziale allo scopo di creare un hip hop autentico. Vale anche la pena evidenziare come l’uso dell’inglese non sia affatto casuale: nel testo non troviamo un inglese qualunque, ma piuttosto l’inglese riconoscibile dell’hip hop – tutti gli elementi globali iconici nella cultura hip hop. Da qui le espressioni hiphop, blingbling, baby, rap, NY: sono tutte parte di un pacchetto che costituisce il nucleo del vocabolario hip hop.
Tuttavia, l’autenticità dell’hip hop non ha solo a che fare con ciò che c’è: come osserva Potter (1995:71), “l’autenticità dell’hip hop, come quella del jazz, è una continua obiezione contro ciò che non è”. È qualcosa a cui abbiamo già fatto cenno, quando le risorse globali impiegate (“linguaggio sbagliato, cattivo”) incontrano un nuovo insieme di norme (che disapprovano tale linguaggio). Ciò si può vedere anche giustapponendo l’hip hop cinese e le forme culturali più tradizionali della Cina: l’opera cinese e lo shulaibao (forma teatrale popolare della Cina settentrionale che consiste nella recitazione accompagnata da un suono ritmato). Qui, l’autenticità dell’hip hop si trova in contrasto con una specifica comprensione spaziale dell’autenticità: l’autenticità della regione d’origine del rapper (shulaibao) e del suo paese d’origine (l’opera cinese). Di conseguenza, facendo sì che l’argomento centrale di questo brano di hip hip cinese sia appunto l’hip hop cinese, occorre rispondere a una serie di livelli di normatività: è accettabile essere “locali” utilizzando il cinese, ma l’autenticità non può essere legata a forme culturali emblematiche locali o regionali. Per ottenere effetti di autenticità, MC Liangliang si allontana dalla cultura tradizionale cinese su due livelli: uno specificamente locale (shulaibao) e uno nazionale (l’opera cinese). Queste espressioni culturali si pongono come indicatori della tradizione (vale a dire, come riproduzione di ciò che già esiste), e ciò non si mescola bene con la nuova, trasgressiva, innovativa e ibrida “cinesità” dell’hip hop. La distanza che MC Liangliang pone tra sé, lo shulaibo e l’opera in generale mostra la complessità e policentricità delle scale di orientamento: essere un vero rapper cinese implica il rifiuto sia della specificità locale dello shulaibao che della tradizione nazionale – si tratta di una tradizione su due livelli di scala –, per orientarsi invece verso il super-vernacolare globale dell’hip hop.
Un ulteriore livello normativo che possiamo osservare nel testo è quello metadiscorsivo sul vero significato dell’hip hop. MC Liangliang distingue in modo molto chiaro tra hip hop cinese “inautentico” e rapper cinesi che fanno le mosse giuste, per così dire, ma non sono comunque abbastanza attenti alla normatività: si vestono e parlano “hip hop”, ma non sono “vero hip hop”. Le t-shirt bianche, i bling-bling, i cappellini degli Yankees e i riferimenti agli AK-47 ci sono, ma in fin dei conti sono fake. Ciò che distingue MC Liangliang e la sua crew dagli altri performer hip hop cinesi non è forse del tutto chiaro, perché alla fine i mezzi tramite cui MC Liangliang crea l’autenticità hip hop sono i medesimi che rimprovera agli altri – l’appropriazione del super-vernacolare globale dell’hip hop (vale a dire, un modello globale con le sue caratteristiche riconoscibili e le sue indicalità). A essere palese, tuttavia, è che si tratta effettivamente di un hip hop autentico, che trasforma lo sforzo verso l’autenticità in una gara a chi è il più autentico. È qui che il modo “corretto” di utilizzare il modello globale diviene cruciale: la sua appropriazione non è mai casuale, e la creatività non è priva di limiti. L’autenticità creativa, online od offline, deve seguire determinate norme.
Conclusioni
È il momento di ipotizzare una conclusione del nostro caso riprendendo i punti sollevati inizialmente. Per tornare alla questione della superdiversità e concettualizzarla in modo da spiegare la varietà di diversità di cui siamo testimoni – il tutto, sempre di più, negli ambienti online –, suggeriamo che le (super-)comunità di oggi siano organizzate intorno agli indicali non tanto di località, quanto piuttosto di autenticità, e che l’autenticità ruoti intorno alla mescolanza di risorse multiscala in modalità particolari. Il fatto che le risorse globali siano localizzabili espande il raggio d’azione dell’“autenticità”, e le risorse globali – i modelli familiari e riconoscibili che possiamo adottare o scegliere di ignorare (anche se spesso occorre decidersi per la prima opzione) – diventano de-globalizzate, possono essere utilizzate per elaborare creativamente nuovi significati, nuove identità e nuove comunità. Tuttavia, come abbiamo già evidenziato, la creatività non è illimitata. Per illustrare la nostra tesi, abbiamo utilizzato Internet e una sua specifica sottocultura hip hop, ma le nostre osservazioni possono essere impiegate indubbiamente anche altrove. Piuttosto che limitarci a localizzare i flussi globali, focalizziamoci su quanto di più emerge dai processi culturali transnazionali che vediamo intorno a noi.
Tutto ciò ha evidenti conseguenze sul nostro progetto di ricerca e sulle questioni che riguardano gli oggetti che abbiamo teorizzato come superdiversi. Le realtà superdiverse – la formazione di identità, la costruzione di comunità e significati sub-culturali, le semiotiche che utilizziamo per appartenere, essere autentici interpretando qualcuno o qualcosa – coinvolgono i processi normativi: le procedure di orientamento verso la (e quindi di) costituzione di diversi centri e ordini indicali. Osservando la superdiversità sul campo, la normatività dovrà rientrare nel nostro programma.
Traduzione di Elena D’Angelo
Rif. bibl.: Piia Varis, Xuan Wang, Superdiversity on the Internet: a case from China, «Diversities», vol. 13, no. 2, 2011, pp. 71-83.
Elena D’Angelo è producer ed editor freelance. Dopo la laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali presso l’Università Statale di Milano ha frequentato il biennio specialistico in Visual Cultures e Pratiche Curatoriali presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Ha lavorato come producer presso il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, seguendo progetti di numerosi artisti internazionali come Anri Sala, Hito Steyerl, Nalini Malani e Cécile B. Evans. Al momento collabora con Mattatoio (Roma) ed è partner dell’archivio video online instudio.
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Piia VarisPiia Varis è docente presso l’Università di Tilburg. I suoi ambiti di ricerca riguardano la conoscenza e la cultura del digitale, le teorie cospirazioniste online e il dibattito sul cambiamento climatico.
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Xuan WangXuan Wang è Senior Lecturer in Chinese Studies presso l’Università di Cardiff. La sua ricerca analizza le due questioni del linguaggio e dell’identità cinese in rapporto ai processi di globalizzazione e digitalizzazione in corso. Tra i suoi più recenti scritti: Chronotopes and heritage authenticity: The case of the Tujia in China (2020) e Consuming English in rural China: lookalike language and the semiotics of aspiration (2019).
KABUL è una rivista di arti e culture contemporanee (KABUL magazine), una casa editrice indipendente (KABUL editions), un archivio digitale gratuito di traduzioni (KABUL digital library), un’associazione culturale no profit (KABUL projects). KABUL opera dal 2016 per la promozione della cultura contemporanea in Italia. Insieme a critici, docenti universitari e operatori del settore, si occupa di divulgare argomenti e ricerche centrali nell’attuale dibattito artistico e culturale internazionale.