- La necessità di una bi-logica in opposizione alla logica binaria
È possibile considerare l’inconscio come strumento epistemologico a cui affidare l’abbattimento della logica binaria?Quando si intende superare le dicotomie che strutturano, inevitabilmente, il nostro pensiero, raramente ci si rivolge alla psicoanalisi, eppure l’idea da cui muove questo scritto è che la psicoanalisi possa mediare l’accesso non solo a nuove vie di emancipazione logica ma anche a una tematizzazione più decisa del queer, inteso tanto come concettualità eccentrica quanto come pratica soggettiva e politica. La premessa teorica dell’ingresso al queer è il passaggio da una logica binaria, dicotomica – che accoglie in sé solo due valori dei quali è tenuta a decidere la verità o falsità –, a una bi-logica, invenzione peculiare dello psichiatra cileno Ignacio Matte Blanco, nel suo Saggio sulla bi-logica. L’inconscio come insiemi infiniti.11Ignacio Matte Blanco, L’inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-logica, Einaudi, Torino, 1981 [1957].
Si tratta di presupposti argomentativi capaci di incidere a più livelli: rendere possibile la fondazione di un nuovo paradigma di salute mentale che consideri il disagio psichico in senso queer; favorire soggettivazioni psicoanalitiche in cui la pulsione acquisti una valenza queer; e infine produrre uno smarginamento del nostro pensare, da binario a bi-logico. La questione che ci interessa preliminarmente indagare è quale sia il nesso tra la queerness, la creazione di una logica non binaria e l’inconscio. Il primo punto sarà chiarire perché, in sede logica, sia insufficiente il pensiero tradizionalmente aristotelico, fondato sul principio di non contraddizione e sul principio del terzo escluso. È l’ultimo Freud nel 1933 ad affermare che «non possiamo rendere giustizia alle caratteristiche della mente utilizzando contorni lineari […] ma servono piuttosto aree cromatiche sfumanti l’una nell’altra […]. Dopo aver fatto la separazione, dobbiamo lasciar confluire di nuovo assieme quanto è stato separato».22Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi. Nuova serie di lezioni, in Id., Opere (1930-1938), L’uomo Mosè e la religione monoteistica e altri scritti, a cura di C. L. Musatti, Bollati Boringhieri, Torino, 1979, XI, p. 484.
Matte Blanco, specializzato in schizofrenia e “mistica” femminile, riprende dall’ultimo Freud un’idea di inconscio dinamico, energetico, che è anche a tutti gli effetti una realtà con i propri principi e una propria logica. I cinque principi dell’inconscio freudiano (assenza di tempo; spostamento; sostituzione della realtà esterna con quella psichica; assenza di contraddizione mutua e condensazione; assenza di negazione) sono quindi rivisti da Blanco secondo le loro proprietà logiche: copresenza dei contraddittori, scompiglio della struttura del pensiero e assenza di relazioni, copresenza di pensiero e non-pensiero, alternanza tra assenza e presenza di successione temporale, nesso logico rappresentato come simultaneità spazio-temporale e causalità come successione, entrambi alternati come dissoluzione-confusione; equivalenza e congiunzione di alternative; equivalenza e congiunzione di contrari e contraddittori. Il passaggio ulteriore è la riduzione a due principi fondamentali, che rendono conto dei cinque freudiani e delle otto caratteristiche logiche in essi contenuti: principio di generalizzazione e principio di simmetria. Il primo consiste nell’inserire spontaneamente un singolo evento/oggetto/persona/concetto in un insieme come membro. Il secondo interviene «nel mezzo della struttura della logica semplicemente bivalente o aristotelica», con l’effetto di «potente acido» che «dissolve ogni logica a portata di mano»;33Matte Blanco, cit., p. 62.
ossia è il principio per cui «l’inconscio tratta la relazione inversa di qualsiasi relazione come se fosse identica alla relazione. Ciò implica che tratta le relazioni asimmetriche come se fossero simmetriche».44Ivi, p. 44.
In senso più ampio, alla base della bi-logica vi è l’intersezione di una logica simmetrica, che agisce secondo quest’ultimo principio enunciato, e una logica bivalente (fondata sui tradizionali principi di bivalenza, non contraddizione e terzo escluso). Dal loro peculiare intreccio deriva un «processo di pensiero che in alcuni suoi anelli rispetta le leggi della logica bivalente e in altri quelle della logica simmetrica»55Pietro Bria, Introduzione. Pensiero, mondo e problemi di fondazione, in Matte Blanco, cit., p. XXXVI.
, ovvero un processo di tipo bi-logico in cui si dispiegano quelli che Matte Blanco definisce due modi di essere del pensiero: uno strutturato in accordo con le leggi della logica ordinaria, il modo di essere del pensiero cosciente, le cui caratteristiche consistono nell’essere asimmetrico, eterogenico e dividente; e l’altro, ossia il modo di essere simmetrico, omogeneo e indivisibile. Il pensiero “più conosciuto e ovvio” è il pensiero cosciente, che opera secondo asimmetria; il pensiero “della realtà omogenea e indivisibile” è il meno conosciuto e opera secondo leggi simmetriche. Tali indizi sono preziosi per la conclusione che «l’uomo ha due modi di essere completamente diversi».66Ivi, p. XXXVII.
Il modo di essere simmetrico emerge nell’onirico, la cui relazione privilegiata è l’analogia, intesa come somiglianza e approssimazione fino alla concordanza, ossia la relazione del “proprio come”, che porta all’unificazione del materiale del sogno. Nel sogno, la contraddizione logica e il contrasto vengono radicalmente ignorati, sembrano non esistere, poiché i contrari vengono combinati in unità e rappresentati come fossero la stessa cosa.
La violenza del pensiero bianco occidentale consiste in un passaggio improprio e non ragionato dal pensiero inconscio simmetrico al “patologico”: questo salto ha l’effetto di rinsaldare un nesso già esistente tra inconscio e psicosi. Nello studio dei suoi casi clinici, Matte Blanco ha notato un’analogia tra le caratteristiche della psicosi e quelle dell’inconscio tout court, intendendo per psicosi la rottura dell’Io con la realtà esterna; il precipitare, parzialmente o interamente, nell’Es. Il problema riguarda il gesto decisore e preliminare, atto a stabilire a che altezza inizi una psicosi, qualora questa voglia essere identificata con il patologico, gesto anch’esso da mettere in questione. Occorre infatti richiamare Lévi-Strauss per ricordare che:
«In ogni prospettiva non scientifica (di cui nessuna società può vantarsi di non essere partecipe) pensiero patologico e pensiero normale non si contrappongono ma si completano. Il pensiero normale, di fronte a un universo che è avido di comprendere, ma di cui non riesce a dominare i meccanismi, richiede sempre alle cose il loro senso, ed esse glielo rifiutano; invece, il pensiero cosiddetto patologico abbonda di interpretazioni e di risonanze affettive, di cui è sempre pronto a sovraccaricare una realtà altrimenti deficitaria. Per l’uno, esiste il non verificabile sperimentalmente, vale a dire l’esigibile; per l’altro, esistono esperienze senza oggetto, vale a dire il disponibile. Adottando il linguaggio dei linguisti, diremo che il pensiero normale soffre sempre di un deficit di significato, mentre il pensiero cosiddetto patologico (almeno in talune sue manifestazioni) dispone di una pletora di significante».77Claude Lévi-Strauss, L’efficacia simbolica, in Id., Antropologia strutturale. Dai sistemi del linguaggio alle società umane, Il Saggiatore, Milano, 2009 [1958], p. 204.
Dare una “pletora di significante” al pensiero cosciente significa percorrere la via psicotica come via della creazione nel linguaggio. La domanda “fino a che punto siamo nell’inconscio normale e quando, invece, inizia una psicosi scatenata” può essere allora ribaltata nella seguente formulazione: “qual è il margine queer, indecidibile, errabondo, in cui normale e patologico si confondono?”. Tale margine appare restio alla cifratura linguistica, si dà sul piano del sentire e dell’atto. In quella che Freud ha definito una psicopatologia della vita quotidiana, ci capita di compiere gesti all’apparenza insensati, come spostare oggetti dove non volevamo, non sospettavamo o non ricordavamo di averli spostati. Alla “normale” base di uno spostamento vi è la percezione dell’appartenenza degli oggetti a una medesima classe, a noi non chiara, ma chiara al nostro inconscio. Nello spostamento, A non B perde il suo statuto di negazione, ovvero «nulla viene negato, poiché quello che si nega viene incluso in un tutto più vasto e, a causa del principio di simmetria, diventa identico a ciò che viene affermato».88 Matte Blanco, cit., p. 61.
A un livello ancora più profondo, la distinzione tra persone o tra oggetti comincia a perdere senso nella stessa proporzione in cui cominciano a dissolversi le nozioni spazio-temporali: lo spazio, come ben espresso nel Progetto di una psicologia di Freud,99Sigmund Freud, Progetto di una psicologia, in Progetto di una psicologia e altri scritti (1892-1899), Bollati Boringhieri, Torino, 2002, pp. 195-244.
diventa la proiezione dell’estensione dell’apparato psichico, lì dove non esistono le nozioni di spazio e tempo, e la realtà è vissuta come un vedere-sentire e un essere che sono medesima cosa, totalità omogenea indivisibile, garante di una visione unitaria di pensiero ed emozione. Mentre il principio di generalizzazione, che consente di categorizzare e classificare tutti gli oggetti, viene utilizzato sia a livello conscio che inconscio, il principio di simmetria è incompatibile con la logica bi-valente – il cui fondamento è il principio di non contraddizione per cui A è diverso da B – che consente alla coscienza di distinguere un oggetto dall’altro, e quindi di creare una visione del mondo ordinata sotto il profilo dello spazio, del tempo e dei valori assegnati agli oggetti (per cui se A è bianco non può essere nero, se x è buono non può essere cattivo ecc.). Esso, però, a detta di Matte Blanco, caratterizza e specifica l’attività dell’inconscio secondo un gradiente che, nel suo aspetto più profondo, comporta l’indistinzione di tutte le cose. Per l’essere asimmetrico, pensare l’essere simmetrico è un thinkating (“pensicchiare”): pensare inconsciamente è un pensare con i piedi, un non pensare, qualcosa di simile all’etichettatura di demenza. Eppure, indipendentemente dall’ampiezza e dalla complessità che il pensiero asimmetrico può assumere, resta sempre un suo “scarto imprendibile”, che funge da “limite in senso matematico” e “fondamento del conoscere”. Secondo Matte Blanco «il concetto di limite, che implica quello di infinito, resta il tentativo più ardito fatto dal pensiero per formulare questo aspetto dell’essere; per il resto, non resta che viverlo».1010Ivi, p. 113.
Esiste insomma un margine in-analizzabile tra il simmetrico e l’asimmetrico, tra il cosiddetto “patologico” e il normale, tra inconscio e coscienza, che è la condizione e il fondamento stesso del pensiero: da esso, in virtù della sua funzione trascendentale, di condizione di possibilità del conoscere intrecciata inestricabilmente con l’empirico dei processi neurali di pensiero, non si può prescindere, ma è altresì vero che lo si può solo vivere.
- Vivere l’indistinto: la via queer di Mario Mieli e Herculine Barbin
Riporto due casi in cui esistenze che hanno concretizzato il limite tra normale e patologico fino a smarginarne la definizione hanno – per il solo fatto di vivere l’indistinto – incontrato una categorizzazione clinica che è la diretta conseguenza del pensiero dicotomico, producendo esiti nefasti. Le due diagnosi che sono alla base dei suicidi di Mario Mieli e Herculine Barbin si sarebbero evitate se la bi-logica di cui stiamo trattando fosse stata considerata anche solo come una tra le alternative alle logiche possibili.
L’indistinto che Matte Blanco, nella sua bi-logica, pone a fondamento del conoscere è descritto mirabilmente da Mieli in alcuni passi dei suoi Elementi di critica omosessuale. Blanco e Mieli condividono una lettura dei “Tre saggi sulla teoria sessuale di Freud”1111Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale, in Tre saggi sulla teoria sessuale e altri scritti, Bollati Boringhieri, Torino, 1996.
tra le più originali e in controtendenza nel dibattito psicoanalitico, rispettivamente cileno e italiano, a loro contemporaneo: entrambi hanno preso alla lettera l’assunzione freudiana secondo cui siamo tutti ermafroditi originari, androgini costitutivi, bisessuali psichici e, in ultima istanza, transessuali. Scrive Mieli: «Il termine transessualità mi sembra il più adatto a esprimere, a un tempo, la pluralità delle tendenze dell’Eros e l’ermafroditismo originario e profondo di ogni individuo»;1212Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, Einaudi, Torino, 1977, p. 8.
e ancora: «La società induce i transessuali manifesti a sentirsi monosessuali e a celare il loro reale ermafroditismo. Ma, a dire il vero, così la società si comporta con tutti: infatti siamo tutti, nel nostro profondo, transessuali, siamo stati tutti bambini transessuali e ci hanno costretto a identificarci con un ruolo monosessuale specifico, maschile o femminile».1313Ivi, p. 10.
Nelle parole di Mieli sembra rivivere quella natura transessuale profonda, costretta alla castrazione e al silenzio, che abitava il corpo di Herculine Alexine Barbin“…Nelle parole di Mieli sembra rivivere quella natura transessuale profonda, costretta alla castrazione e al silenzio, che abitava il corpo di Herculine Alexine Barbin”, ermafrodita francese vissuta tra Saint-Jean-d’Angély e Parigi nella seconda metà dell’Ottocento e morta suicida all’età di venticinque anni. Le memorie di Herculine, i suoi diari ripubblicati da Michel Foucault, sono attraversati da una tensione contraddittoria; da un lato un anelito di libertà e pienezza di chi «partecipa alla natura degli angeli», condizione che Foucault, nella rilettura del caso, riassumerà come «limbo felice di una non identità» e «felicità di conoscere un solo sesso»1414Herculine Barbin dite Alexina B., Mes souvenirs, présenté par Michel Foucault, Gallimard, Paris, 1978, p. 12.
– dall’altro è la stessa Herculine a sentirsi schiacciata dalla realtà che le provoca sofferenze indicibili e fatali: «Ho sofferto molto, e ho sofferto solo, abbandonato da tutti! Il mio posto non era segnato in questo mondo che mi ha rifiutato».1515Ivi, p. 9.
Cosa accade, dunque, tra l’anelito liberatorio vissuto da Mario-Maria e Herculine e i loro rispettivi suicidi? Biograficamente, ciò è riconducibile in maniera intuitiva al peso della diagnosi clinica sulle loro soggettività queer.
Il peso della diagnosi clinica sulle loro soggettività queer
La schizofrenia che per Mieli era la via della rivoluzione viene così medicalizzata dal discorso psichiatrico: «Sono stato definito uno schizofrenico paranoide, sono stato in ospedale, in manicomio per questo motivo».1616Cf. Trascrizione dell’intervento di Mieli al V Congresso nazionale del “Fuori!”, in Fuori!, V, 1976, 16, pp. 16 e sgg.
Allo stesso modo, la transessualità che per Herculine era la felice indistinzione del vivere un solo sesso viene restituita dalla cartella clinica del dottor Goujon come «ermafroditismo imperfetto dell’uomo», costringendola a una transizione al maschile che la ricollochi «al suo vero posto nella società».1717Herculine Barbin dite Alexina B., cit., p. 143.
Quel che di Herculine non è ammesso è il suo lesbismo attivo – difatti Goujon motiva la scelta della transizione con l’inaccettabilità dei suoi “gusti e inclinazioni» – e il fatto che il suo corpo rappresenti un «errore sul sesso».1818Ivi, p. 137.
È Foucault a dimostrare con genealogia critica e decostruttiva quali siano le radici dell’ossessione occidentale per il vero sesso: risulta chiaro come, mancando di una condizione di intellegibilità, Herculine diventi un rimosso nella trama simbolica del testo occidentale, improntato alla chiarezza definitoria di «che cosa è il sesso». Di lei non è tollerata dal discorso pubblico la fluidità con cui si riferisce a sé stessa, ora al maschile, ora al femminile, l’opacità che mantiene sul suo sesso e la sua scelta di non identificarsi in un caso clinico e di non instaurare fissazioni identitarie e potenzialmente patologiche nell’esattezza di una diagnosi. Questo sovversivo quadro di personalità non trova posto in un paesino francese di secondo Ottocento. La transizione pubblica a cui Herculine è costretta nasce da un processo violento e maschio di re-intelligibilità del fuori-definizione, del queer: esso è speculare, sul piano logico, agli sforzi di incanalare l’omogeneità del pensiero simmetrico in dicotomie asimmetriche e, sul piano clinico, al tentativo di “ortopedizzare” e nevrotizzare la psicosi privandola del suo potenziale inedito e creativo.
- Nuove Herculine. La vitale anomalia
Come Herculine, molte figure del nostro contemporaneo sono ancora agite dalle maglie di un potere disciplinare che non ne accetta la queerness e ne sancisce condanne a morte simboliche o mediatamente reali. In particolare, la violenza medica di cui Herculine fu vittima si perpetra, ancora in piena legalità, nei confronti dei soggetti intersex: sottoposti, a pochi mesi dalla nascita, a operazioni chirurgiche che sono autentiche mutilazioni genitali, senza essere consultati preliminarmente in quanto soggetti interessati, e non perché siano a rischio di vita ma per ragioni estetiche, culturali, patriarcali e binarie. La ragione dell’operazione è un’integrazione forzata in uno dei due poli M o F di uno scenario eteropatriarcale che può essere questionato e decostruito, anche a partire dagli apporti di scienze rigorose come la biologia evolutiva: pensiamo a Anne Fausto Sterling che, con il suo “The Five Sexes: Why Male and Female Are Not Enough”,1919Anne Fausto-Sterling, The Five Sexes: Why Male and Female Are Not Enough, «The Sciences», 33, 1993, pp. 20-25.
rivendica una centralità medica e politica delle soggettività intersex ferm, merm e herm. I protocolli sanitari attualmente in vigore si sono evoluti rispetto a quelli brevettati negli anni ’90 presso la Gender Identity Clinic (John Hopkins Hospital di Baltimora) dal dott. John Money, paladino della gender neutrality e responsabile del suicidio di Bruce Brenda, adolescente ridotto al sesso femminile a seguito di elettrocauterizzazione del pene per un’operazione mal condotta. Le evoluzioni dei protocolli riguardano un coinvolgimento maggiore dell’interessato e del suo stato di salute psico-fisico: se questo può essere compromesso dall’operazione, che non è propedeutica a mantenerlo o a preservarlo, non si deve intervenire chirurgicamente, come mostra la giurista Julie Greenberg in “International Legal Developments Protecting the Autonomy Rights of Sexual Minorities”.2020Julie Greenberg, International Legal Developments Protecting the Autonomy Rights of Sexual Minorities: who should determine the appropriate treatment for an intersex child?, in Sharon E. Sytsma (ed.), Ethics and Intersexuality, Springer, Dordrecht, 2006, pp. 87-102.
La scelta sulla prassi chirurgica è rimessa al consenso del soggetto e alla sua autodeterminazione, solo una volta superata l’infanzia. Tuttavia, il contesto italiano è ancora segnato da scelte di ordine disciplinare fondate sulla coalizione patriarcale e autoritaria del potere medico con quello famigliare, che determina l’assegnazione del sesso anagrafico solo dopo un intervento invasivo e permanente di correzione. Non si capisce peraltro quale sia la giustificazione sanitaria dell’intervento, dal momento che l’intersex resta tale, a livello genotipico, per tutta la vita, nonostante la modifica fenotipica. Possiamo supporre che il regime farmacopornografico2121Cf. Paul B. Preciado, Testo Junkie. Sex, Drugs and Biopolitics in the Pharmacopornofraphic Era, The Feminist Press, New York, 2013.
goda nell’assoggettare individui al consumo coercitivo di terapie ormonali e a farli ricorrere a interventi chirurgici spesso peggiorativi. Nel film Arianna di Carlo Lavagna2222Il film Arianna di Carlo Lavagna è stato presentato al Festival del Cinema di Venezia nel 2015. È la storia di una ragazza, originariamente intersex, che a 19 anni, a causa di sofferenze psichiche e disfunzioni sessuali, fa i conti con la propria identità di genere e un passato di bugie concertate tra genitori e medici: da una cartella clinica scopre di essere stata evirata da bambina a sua insaputa, in quanto ermafrodita con deficit di steroido 5 alfa reduttasi.
è ben espresso il travaglio psichico a cui il soggetto intersex è sottoposto a causa della rete di menzogne costruita attorno alla sua vita: Arianna, operata alla nascita con assegnazione di sesso femminile, prova sofferenza nei suoi primi rapporti con uomini e non raggiunge l’orgasmo. Nell’intervento che rimosse il suo pene realizzando artificialmente una vagina, non fu considerato per lei alcuno scenario alternativo al dimorfismo. Se il pene misura meno di 2,5 cm viene reciso e se la clitoride misura più di 0,9 cm viene escissa in quanto ipertrofica.
L’errore è epistemologico
La funzione sessuale, pensata sistematicamente entro un quadro eterosessuale, ha un peso maggiore della soggettività che eventualmente la esercita. L’errore è epistemologico: se la scienza medica deve tendere a ristabilire una condizione di salute in chi vi ricorre, in che modo inscrivere chirurgicamente un corpo cosiddetto non conforme entro le maglie strette del dimorfismo – inaugurando vicende cliniche che conducono quasi certamente a un suicidio tentato o fattuale –, può allearsi con la salute psichica e fisica dell’interessato? Come Canguilhem ribadisce a più riprese nel suo Il normale e il patologico, la guarigione deve essere tarata sulla prospettiva del malato, non del fisiologismo del medico: nel caso dei soggetti intersex, il nesso errato è quello instaurato tra anomalia, minoranza e patologia. Il fatto che l’anomalia si manifesti in percentuale minore non deve comportarne un legame con la patologia e quindi con l’intervento di cura: «Un’anomalia, ad esempio la destrocardia, cioè la posizione invertita del cuore, non compromette le funzioni vitali; non così per la patologia in senso stretto che presuppone una condizione soggettiva di sofferenza: l’anomalia si manifesta nella molteplicità spaziale, la malattia nella successione cronologica. Carattere proprio della malattia è di giungere a interrompere un corso, di essere propriamente critica».2323Cf. Georges Canguilhem, Il normale e il patologico, Einaudi, Torino, 1998 [1966], p. 108.
Inoltre, aderendo a una bergsoniana filosofia della vita, Canguilhem identifica l’anomalo con il vitale: «Se la vita è un’organizzazione di potenze e una gerarchia di funzioni dalla stabilità sempre precaria, allora l’irregolarità, l’anomalia, non sono meri accidenti che colpiscono l’individuo ma sono la sua stessa esistenza. La vitalità del genere vivente sta nel rivelarsi fecondo, produttore di novità, non replicatore dell’identico. Anzi, è proprio quando le specie manifestano forme rigide che si approssimano alla loro fine, e raggiungono l’inerzia della materia».2424Mario Porro, Canguilhem: la norma e l’errore, in Canguilhem, cit., p. XXV.
Quindi, su un piano strettamente specie-specifico, la continuità trans-generazionale e filogenetica del dimorfismo è l’irrigidimento che prelude alla fine della specie, mentre l’anomalia queer dell’intersex è garante di vitalità e progresso della specie. Sia la biologia evolutiva sia l’epistemologia critica delle scienze naturali confermano la costitutività dell’anomalia in seno a una normalità che è costruzione discorsiva, esito di posizioni contingenti che gli enunciati assumono in una data epoca, e relative ai processi storico-culturali e alle formazioni di potere simbolico che vi si instaurano. L’anomalia in senso etimologico è andata incontro a una duplice lettura: an (privativo) omalòs (continuo, unito, regolare), secondo cui essa equivarrebbe a una mancanza di regolarità, un’incrinatura rispetto al continuo; e arua (senza) nomos (legge): rispetto a quest’ultima, è bene ribadire che «non esistono formazioni organiche che non siano sottoposte a leggi»,2525Geoffroy Saint-Hilaire, Histoire générale et particulière des anomalies de l’organisation chez l’homme et les animaux (1832), J.-B. Baillière, Paris, p. 96, in Canguilhem, cit., p. 102.
quindi l’anomalia è un dato biologico dotato di proprie leggi, naturali per chi le vive – in questo caso l’intersex – e affatto invalidanti: lo diventano solo retroattivamente e discorsivamente quando viene letta non sotto lo spettro del biologico ma del normativo e valutativo.
Il cambio di paradigma in senso queer auspicato da questo scritto si basa sull’assunzione della bi-logica matteblanchiana come sfondo epistemologico preliminare a mosse di carattere medico e politico che hanno incidenze dirette sulle vite dei soggetti. Cambiare il paradigma significa leggere la vicenda intersex non secondo il lessico patologizzante del “terzo escluso” (tertium non datur) del dimorfismo, ma secondo la corporizzazione vitale della propria anomalia, intesa come dato biologico che conferma la possibilità di una variazione individuale entro il tipo specifico e, di conseguenza, la varietà differenziale della specie che è l’essenza stessa del suo vitale.
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Sara Fontanelli è Dottoranda in Filosofia Teoretica presso l’Università degli Studi di Torino, dove ha discusso una tesi dal titolo Squirtare su Freud. Il Neolacanismo Queer: Clinica e Teoretica oltre il Genere in Psicoanalisi. Ha studiato tra Torino e la Sorbona di Parigi, dove ha frequentato il Master in Filosofia Contemporanea e Studi di Genere. Collabora con riviste scientifiche di saperi storici, filosofici e psicoanalitici. Si occupa dell’intersezione tra psicoanalisi freudo-lacaniana e filosofia teoretica e del ripensamento dei fondamenti della psicoanalisi in chiave queer.
Herculine Barbin dite Alexina B., Mes souvenirs, présenté par Michel Foucault, Gallimard, Paris, 1978.
Georges Canguilhem, Il normale e il patologico, Einaudi, Torino, 1998 [1966].
Anne Fausto-Sterling, The Five Sexes: Why Male and Female Are Not Enough, «The Sciences», 33, 1993.
Sigmund Freud, Opere (1930-1938), L’uomo Mosè e la religione monoteistica e altri scritti, a cura di C. L. Musatti, Bollati Boringhieri, Torino, 1979.
Sigmund Freud, Progetto di una psicologia e altri scritti (1892-1899), Bollati Boringhieri, Torino, 2002.
Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale e altri scritti, Bollati Boringhieri, Torino, 1996.
Claude Lévi-Strauss, Antropologia strutturale. Dai sistemi del linguaggio alle società umane, Il Saggiatore, Milano, 2009 [1958].
Ignacio Matte Blanco, L’inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-logica, Einaudi, Torino, 1981 [1957].
Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, Einaudi, Torino, 1977.
Paul B. Preciado, Testo Junkie. Sex, Drugs and Biopolitics in the Pharmacopornofraphic Era, The Feminist Press, New York, 2013.
Sharon E. Sytsma (ed.), Ethics and Intersexuality, Springer, Dordrecht, 2006.
KABUL è una rivista di arti e culture contemporanee (KABUL magazine), una casa editrice indipendente (KABUL editions), un archivio digitale gratuito di traduzioni (KABUL digital library), un’associazione culturale no profit (KABUL projects). KABUL opera dal 2016 per la promozione della cultura contemporanea in Italia. Insieme a critici, docenti universitari e operatori del settore, si occupa di divulgare argomenti e ricerche centrali nell’attuale dibattito artistico e culturale internazionale.