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Posterità, la narrazione implacabile della fine
Magazine, POST - Part I - Gennaio 2017
Tempo di lettura: 10 min
Leonardo Ruvolo

Posterità, la narrazione implacabile della fine

Una narrazione che delegittima la civiltà occidentale rappresenta la narrazione della sua fine oppure il tentativo di superarla gettando le basi per una sua possibile evoluzione?

Adams Monumental Illustrated Panorama of History – 1878 – Source: Wikipedia.

 

Postguerra, postcolonialismo, postgender, postumano, postinternet, postglobale, posthistorie, postrock, postcapitalismo, postcomunismo, postrave, postmodernismo, postcontemporaneo, postrivoluzionario, postfemminismo, postlavoro, postestetica, postgenomica, postmarxismo, poststrutturalismo, postverità, postdemocrazia.

 

Questa lunga lista, potenzialmente infinita, mostra come sia invalso l’uso di anteporre il prefisso post– a molte parole che a pieno titolo riflettono il pensiero occidentale. Da un punto di vista lessicale i prefissi non hanno unità minima di significato, proveremo a capire se nell’uso dello stesso si sia definito un significato autonomo.

Solo di recente, dalla seconda metà del XX secolo, si è cominciato a utilizzare il prefisso post– come categoria linguistica, all’interno delle narrazioni di fenomeni contemporanei. In senso stretto, la storia, anche quella contemporanea, è una narrazione di fatti d’ordine politico, militare ed economico, la quale legittima uno stato di cose presente, un ordine. In che modo una narrazione di fatti passati può legittimare uno stato di cose presente? Innanzitutto, stabiliremo la precisa area geografico-culturale al cui interno avviene la narrazione presa in esame. Non a caso, nei programmi di storia, dopo alcuni superficiali passaggi su Assiri e Babilonesi, passando per i Fenici, si arriva subito alla storia della Grecia antica, «culla della Civiltà Occidentale». In secondo luogo, selezioneremo alcuni eventi che secondo una relazione di causa-effetto conducono inevitabilmente ad accettare l’attuale stato di cose come unico possibile. Per esempio, se volessimo parlare dell’assetto attuale dell’Europa, non servirebbe prendere in rassegna tutti i fatti occorsi in Europa tra il 1945 e i giorni nostri. La narrazione storica prenderà come appiglio solo quegli eventi che più di altri, grazie a uno stretto nesso di causalità, legittimano lo stato di cose presente: CECA, Accordi di Schengen, riunificazione tedesca, dissoluzione URSS, Trattato di Maastricht, Euro, mancata ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

Adams Monumental Illustrated Panorama of History – 1878 – Source: Wikipedia.

È fondamentale ricordare che quella così delineata è solo una delle infinite narrazioni possibili, ma solo questa ci permetterebbe di accettare come legittimo lo stato di cose attuale. Dobbiamo quindi problematizzare la definizione di «Storia Universale», con cui intendiamo la periodizzazione che mette in successione antichità, medioevo e modernità per concettualizzare la storia dell’umanità. Non è pensabile, infatti, racchiudere in un’unica narrazione i fatti occorsi per determinare lo stato di cose attuale senza legittimare la storia di una civiltà specifica.11«What, then, is world-history? Certainly, an ordered presentation of the past, an inner postulate, the expression of a capacity for feeling form. But a feeling for form, however definite, is not the same as form itself. No doubt we feel world-history, experience it, and believe that it is to be read just as a map is read. But, even to-day, it is only forms of it that we know and not the form of it, which is the mirror-image of our own inner life», O. Spengler, The decline of the West, Oxford University Press, USA, 1991, p. 15.
Da Herder a Kant, passando per Hegel e Nietzsche, sebbene ciascuno abbia formulato una differente concezione della storia, il riferimento comune è quello rivolto alla civiltà occidentale, in particolare a quella europea continentale. A tal proposito, nel Tramonto dell’Occidente, Spengler afferma: «Quando Hegel dichiarò così ingenuamente che aveva intenzione di ignorare tutte quelle persone che non rientravano nel suo schema storico, stava semplicemente facendo un’onesta ammissione sulle premesse di metodo che ogni storico ritiene necessarie per il proprio obiettivo».22Ivi, p. 22.

Adams Monumental Illustrated Panorama of History – 1878 – Source: Wikipedia.

Persino la parola Europa è di difficile interpretazione. Da un punto di vista geografico l’Europa è un concetto secondario, «non è un continente definibile in termini soltanto geografici, ma è invece un concetto culturale e storico».33J. Ratzinger, Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri, oggi e domani, Lectio magistralis presso la Biblioteca del Senato, 13 maggio 2004.
Non esiste una storia universale, esistono storie di civiltà diverse con culture e tradizioni non sovrapponibili.

Adams Monumental Illustrated Panorama of History – 1878 – Source: Wikipedia.

All’interno di una narrazione di eventi passati, l’utilizzo di post– serve a fornire innanzitutto un riferimento temporale, indicando un tempo immediatamente successivo a quello a cui ci si riferisce con la parola a cui è anteposto. Fintanto che il prefisso è usato in questo modo non vi è difficoltà alcuna a rintracciarne la funzione, ossia quella meramente temporale. È più difficile identificare l’uso e la funzione del prefisso quando esso è premesso a termini che non si riferiscono a eventi circoscritti da un inizio e una fine, ma che piuttosto fanno riferimento a una teoria, un fenomeno o un insieme di regole. Se utilizziamo l’espressione postcapitalismo, non ci riferiamo pertanto a un preciso momento nella storia contemporanea successivo al capitalismo; ciò infatti implicherebbe la fine dello stesso. Invece, quando diciamo postprandiale ci riferiamo al momento immediatamente successivo al pranzo.

Adams Monumental Illustrated Panorama of History – 1878 – Source: Wikipedia.

Accanto alla funzione di legittimazione, una narrazione può avere anche la funzione opposta: quella di delegittimare uno stato di cose. Attraverso l’uso di termini come postcapitalismo, postgenomica, postrock e così via, descriviamo quei fenomeni contemporanei che si fondano sul superamento delle regole del capitalismo, della genomica e del rock. Spesso, dunque, il prefisso precede parole che riflettono un pensiero o uno stato di cose tipicamente occidentale. Volendo delegittimarlo, poiché non lo riteniamo più aderente alla realtà, ne legittimiamo tuttavia uno ulteriore, così come Lyotard afferma: «siamo di fronte a un processo di delegittimazione mosso dall’esigenza di legittimazione».44J. F. Lyotard, The postmodern condition: A report on knowledge, Vol. 10. University of Minnesota Press, 1984, p. 72.
Attraverso l’attività di delegittimazione e distruzione di categorie linguistiche, che riflettono in pieno il pensiero occidentale, poniamo le basi per la creazione di categorie linguistiche nuove o altre, diverse da quelle alle quali siamo abituati. Come suggerisce Wittgenstein, «il nostro linguaggio può essere considerato come una vecchia città: un dedalo di stradine e di piazze, di case vecchie e nuove, e di case con parti aggiunte in tempi diversi; e il tutto circondato da una rete di nuovi sobborghi con strade dritte e regolari, e case uniformi».55L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino, 1967, p. 18.

Una civiltà, secondo Spengler, è l’inevitabile destino di una cultura: «Le civiltà sono una conclusione, la cosa-diventata che succede alla cosa in divenire, la morte che segue la vita, la rigidità che segue l’espansione, l’età intellettuale e quella della pietra, le città-mondo pietrificate che vengono dopo la madre-terra e l’infanzia spirituale del Dorico e del Gotico».66O. Spengler, cit., p. 31.

Per secoli l’Europa ha fondato il proprio dominio sulla tecnica e la scienza, sullo sfruttamento degli altri continenti e popoli e sul commercio globale. La civiltà occidentale si è nutrita di questa cultura sino a sovrapporla alla propria identità. Oggi, la narrazione contemporanea, che abusa del prefisso post-, tenta di delegittimare l’identità della civiltà occidentale, pur utilizzando, ancora, categorie e buona parte del linguaggio di questa civiltà. Possiamo quindi dire che quella della posterità sia la narrazione della fine che si avvicina, oppure la fine è già intervenuta?

Ci sono alcuni segnali che ci portano a pensare che la civiltà occidentale, così come la conosciamo, sia in declino. Dopo la Grande Recessione si aspettava una rapida ripresa: così non è stato. Nel tentativo di sostenere la ripresa, la Federal Reserve ha tenuto i tassi d’interesse e il costo del denaro vicini lo zero. La Banca Centrale Europea, nel tentativo di far ripartire l’economia, ha fissato tassi d’interesse negativi. Per la prima volta, i depositi che le banche tengono presso la banca centrale non producono profitto, al contrario una perdita. Prima della crisi, nessuno avrebbe mai immaginato un simile scenario. Dal 2008 a oggi, il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è cresciuto significativamente, passando dal 41% al 74% negli Stati Uniti e dal 47% al 70% in Europa; il debito è cresciuto più velocemente del PIL. I tassi d’interesse dei bond decennali, di paesi quali Stati Uniti e Germania, sono significativamente bassi. Ciò significa che il mercato non si aspetta che queste condizioni cambino presto. Alcuni analisti parlano di «stagnazione secolare»,77L. H. Summers, The Age of Secular Stagnation, «Foreign Affairs», March/April 2016.
che sarebbe dovuta a uno squilibrio che si viene a creare, nelle società industriali, tra la propensione al risparmio (in aumento) e la propensione all’investimento (in diminuzione). Quella del risparmiatore è di per sé una posizione conservativa, caratterizzata da insicurezza per il presente, incertezza per il futuro e volontà di sopravvivenza. Quella dell’investitore è simmetricamente opposta, poiché crede che il futuro possa essere migliore del presente e accetta il rischio di poter fallire. Nei paesi membri dell’OCSE, il cosiddetto mondo occidentale, alcuni dati del mercato del lavoro confermano questa tendenza. La disoccupazione giovanile registra in media un aumento in tutti i paesi considerati, con picchi che superano il 40%, come in Italia, Spagna e Grecia. Negli ultimi dieci anni, in tali paesi l’età pensionabile è aumentata.

Native-born employment in OECD countries – Source: OECD.org Foreign-born employment in OECD countries – Source OECD.org.

 

In Europa, il fallimento del progetto politico di unione è sotto gli occhi di tutti.
Alcuni passaggi chiave: è il 1985, l’Unione Sovietica si avvia verso la dissoluzione, Michail Gorbačëv diventa Segretario generale del Comitato centrale del PCUS. È lui a dare il via a quella serie di eventi che porteranno alla riunificazione della Germania e all’evoluzione del progetto di unione in Europa. Perché si realizzasse la riunificazione tedesca, la Francia voleva delle garanzie sul futuro dell’integrazione europea, e chiedeva, in cambio del consenso alla riunificazione, di mettere in comune la più potente arma della Germania: il Marco. Il 3 ottobre 1990 avviene la riunificazione, il 14 e 15 dicembre dello stesso anno il Consiglio Europeo di Roma dà avvio alle due conferenze intergovernative sull’Unione economica e monetaria e sull’Unione politica. L’aver portato a termine l’unione monetaria prima ancora di quella politica, sulla base di accordi intergovernativi tra stati nazionali, ha di fatto frustrato una possibilità di unione fondata su un effettivo sistema di valori comune. O meglio, si è ritenuto che il libero mercato e una moneta unica fossero i valori comuni e fondanti dell’Europa. Oggi, l’Unione Europea è percepita come il disegno politico di un’élite che ha fondato la propria esistenza sui princìpi del neoliberismo. Tale fallimento si può riassumere nella mancata ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

Infine, il fenomeno migratorio, che sta sconvolgendo l’identità dell’Occidente, segna il superamento della narrazione moderna fondata sugli stati nazionali. Nella relazione delle Nazioni Unite, Trends in International Migrant Stock: The 2015 Revision, un dato salta subito all’occhio: il numero dei migranti internazionali è cresciuto più velocemente della popolazione mondiale. La quota di migranti è passata dal 2,8% nel 2000 al 3,3% nel 2015. Le ultime rilevazioni del tasso netto di immigrazione, che si possono consultare sul sito della Banca Mondiale,88The World Bank, Net Migration, website.
ci dicono qualcosa sulla direzione di questi movimenti. Il tasso netto di immigrazione rileva, infatti, quanti emigrati e immigrati si registrano per paese, fornendo così un saldo. Si tratta di un movimento unidirezionale: parte dai paesi a basso e medio reddito si dirige verso i paesi a reddito più alto. Senza nemmeno tener conto dei profughi che abbandonano la propria nazione a causa di eventi bellici, la maggior parte dei migranti sono diretti verso i paesi dell’OCSE. Ma più che comprendere le cause del fenomeno migratorio, rintracciabili nelle politiche messe in campo dagli stati occidentali, è utile guardare ai suoi effetti. Uno su tutti: negli stati che fanno parte del G7 è in atto una tendenza, con alcune differenze legate alla specificità del singolo paese, all’aumento del tasso di occupazione di soggetti nati al di fuori del paese considerato, rispetto a quelli nati all’interno dei confini nazionali.99Cf. OECD, Migration. Foreign-born employment, official website e OECD, Migration. Native-born employment, official website.

Net migration rate per il 2016. Blu: positivo; arancione: negativo; verde: stabile; grigio: nessun dato – Source: Wikipedia.

Net migration rate per il 2016. Blu: positivo; arancione: negativo; verde: stabile; grigio: nessun dato – Source: Wikipedia.

 

È difficile narrare eventi e fatti che accadono nella contemporaneità utilizzando categorie linguistiche e storiche del passato. Per esprimere concetti nuovi occorrono parole nuove: «lo statuto delle discontinuità non è facile da stabilire per la storia in generale. Meno ancora, indubbiamente, per la storia del pensiero. Si vuole tracciare una divisione? Ogni limite è forse solo un taglio arbitrario dentro un insieme continuamente mobile. Si vuole ritagliare un periodo? Ma abbiamo il diritto di fissare, in due punti del tempo, delle rotture simmetriche, al fine di far apparire tra esse un sistema continuo e unitario?».1010M. Foucault, Le parole e le cose, Rizzoli, Milano 1967, p. 65.
Tale bisogno di ordinare e categorizzare si scontra con il fatto che il tempo scorre a prescindere dalle categorie stesse.

Gli eventi e i fatti di oggi rientrano all’interno della categoria della storia contemporanea? L’utilizzo di post– in funzione di delegittimazione del pensiero occidentale ci permette di affermare che esistono categorie linguistiche che indicano la fine della storia contemporanea? È possibile definire tale periodo storico di là da venire, o forse già iniziato, come posterità? È possibile farlo senza cadere nell’errore di considerare quella della posterità come una categoria linguistica universale aderente alle altre civiltà? È necessario comprendere che la categoria linguistica, post, e il periodo storico, posterità, si riferiscono alla sola civiltà occidentale, quella che fa propria la periodizzazione tripartita in antichità, medioevo e modernità. Posto questo, bisogna chiedersi se la narrazione della posterità, che delegittima la storia, la cultura, la civiltà occidentale, rappresenti la narrazione della sua fine, oppure il tentativo di superarla gettando le basi per una sua possibile evoluzione.

The rate corridor – Source: ECB, Goldman Sachs Research.

The rate corridor – Source: ECB, Goldman Sachs Research.

 

Long-term government bond yields – Source: ECB, Deutsche Bundesbank, Bank of England, and Federal Reserve Board – Latest observation: may 2016.

 

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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)

di Leonardo Ruvolo
  • Leonardo Ruvolo si laurea in Giurisprudenza presso l'Università di Palermo e consegue successivamente un Master in Diplomazia presso l' ISPI - Istituto per gli Studi Politici Internazionali a Milano. È fondatore e curatore del progetto di ricerca artistica Landescape del Museo d'Arte Contemporanea di Alcamo . È attivista di Macao, centro per le arti, cultura e ricerca di Milano. Ha fondato il collettivo di scrittura performativa Youngboyswritinggroup. Attualmente vive ad Alcamo dove ha fondato con altri collaboratori Posto Segreto.
Bibliography

M. Foucault, Le parole e le cose, Rizzoli, Milano 1967.
J. F. Lyotard, The postmodern condition: A report on knowledge, Vol. 10. University of Minnesota Press, 1984.
O. Spengler, The decline of the West, Oxford University Press, USA, 1991.
L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino, 1967.
SITOGRAFIA
L. H. Summers, The Age of Secular Stagnation, «Foreign Affairs», March/April 2016.
The World Bank, Net Migration, official website.
OECD, Migration. Foreign-born employment, official website.
OECD, Migration. Native-born employment, official website.