Juliana Curi, fotogramma dal film da Uýra: The Rising Forest, 2022.
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Cybernetic Culture Research Unit

Il Numogramma Decimale

H.P. Lovercraft, Arthur Conan Doyle, millenarismo cibernetico, accelerazionismo, Deleuze & Guattari, stregoneria e tradizioni occultiste. Come sono riusciti i membri della Cybernetic Culture Research Unit a unire questi elementi nella formulazione di un «Labirinto decimale», simile alla qabbaláh, volto alla decodificazione di eventi del passato e accadimenti culturali che si auto-realizzano grazie a un fenomeno di “intensificazione temporale”?

K-studies

Hypernature. Tecnoetica e tecnoutopie dal presente

Avery Dame-Griff, Barbara Mazzolai, Elias Capello, Emanuela Del Dottore, Hilary Malatino, Kerstin Denecke, Mark Jarzombek, Oliver L. Haimson, Shlomo Cohen, Zahari Richter
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Dinosauri riportati in vita, nanorobot in grado di ripristinare interi ecosistemi, esseri umani geneticamente potenziati. Ma anche intelligenze artificiali ispirate alle piante, sofisticati sistemi di tracciamento dati e tecnologie transessuali. Questi sono solo alcuni dei numerosi esempi dell’inarrestabile avanzata tecnologica che ha trasformato radicalmente le nostre società e il...

Performatività posthuman e dinamiche del Metaverso: A Matter of eXperience
Magazine, PLANARIA - Part I - Gennaio 2023
Tempo di lettura: 20 min
Federica Patti

Performatività posthuman e dinamiche del Metaverso: A Matter of eXperience

Il Realismo Agenziale di Barad per una lettura critica transdisciplinare, non antropocentrica, postumana, queer della digital performance.

Kamilia Kard, Toxic Garden – Dance Dance Dance, 2022 courtesy the artist copia.

L’algoritmo di intelligenza artificiale <DMB> è compositore, regista di luci, suoni e scene di Humane Methods (HM), only project del gruppo artistico Fronte Vacuo. Membro del collettivo fondato da Marco Donnarumma, Margherita Pevere e Andrea Familari, <DMB> è entità in scena che interagisce con l’ambiente, i performer e il pubblico in tempo reale: abita attivamente l’ecologia mutevole che inquadra gli episodi di HM, captando in tempo reale i dati (biometrici, ambientali, sonori e luminosi) provenienti dalle altre entità (i performer, il pubblico, l’atmosfera, la vegetazione) presenti nell’ambiente circostante, registrando da più telecamere disseminate nello spazio. È allenato a processare i dati per farne restituzione immediata e reattiva attraverso una riformulazione degli stimoli di luce e suoni per la ritmica dell’azione scenico-performativa, creando un feedback tra gli eventi e la loro rappresentazione computazionale, secondo un loop continuo. E spezzato: il glitch che inceppa l’eterno ripetersi, l’aleatorietà dei dati biometrici dell’ambiente di scena rappresentano il clou drammaturgico da cui scaturiscono il ritmo narrativo e il senso estetico della pièce.

Fronte Vacuo, Humane Methods – Exhale, 2022, credits Stefanie Kulisch.

Combinando media art, danza butoh, robotica, body e bioart, Fronte Vacuo parla un linguaggio che elude le delimitazioni di genere, la cui ricerca emerge da un’autorialità condivisa e dinamica, resistendo alla nozione convenzionale di paternità artistica. Il collettivo ha concepito HM come un bioma vivente: esperimento sociale in continua, autonoma evoluzione, volto a decondizionare bias e preconcetti attraverso metodi inquietanti di interazione interspecie e un rigoroso lavoro sul simbolismo.11«Mantenere fissa la categoria di “umano” esclude a priori un’intera gamma di possibilità, eludendo dimensioni importanti del funzionamento del potere. Dal punto di vista del realismo agenziale, l’agency è staccata dalla sua tradizionale orbita umanista. L’agency non è allineata con l’intenzionalità o la soggettività umana. Né comporta semplicemente una risignificazione o altri tipi specifici di mosse all’interno di una geometria sociale dell’anti umanesimo. L’agency è una questione di intra-azione: è un atto, non qualcosa che qualcuno o qualcosa ha», Karen Barad, Posthumanist Performativity: Toward an Understanding of How Matter Comes to Matter, «Signs: Journal of Women in Culture and Society», vol. 28, no. 3, Spring 2003, p. 817.
Questa sistematica elusione dei confini ontologici, delle demarcazioni di genere e delle specie, delle delimitazioni dicotomiche all’insegna della transdisciplinarietà, del DIWO (Do It With Others) e del post-antropocentrismo, riecheggia la condizione postumana del rapporto uomo-macchina promossa da Rosi Braidotti22«All’inizio di tutto c’è Lui: l’ideale classico di “Uomo”, formulato prima da Protagora come “la misura di tutte le cose”, poi rinnovato nel Rinascimento italiano come modello universale e rappresentato nell’Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci. Un ideale di perfezione corporea che, secondo il detto classico mens sana in corpore sano, si raddoppia come insieme di valori mentali, discorsivi e spirituali. […] Questo paradigma eurocentrico implica la dialettica del sé e dell’altro e la logica binaria dell’identità e dell’alterità come motore e logica culturale dell’umanesimo universale. La soggettività è equiparata alla coscienza, alla razionalità universale e al comportamento etico autoregolato, mentre l’alterità è definita come la sua controparte negativa e speculare. […] Il mio punto è che questo approccio, che si basa sull’opposizione binaria tra il dato e il costruito, è attualmente sostituito da una comprensione non dualistica dell’interazione natura-cultura. A mio avviso quest’ultima è associata e sostenuta da una filosofia monistica, che rifiuta il dualismo, specialmente l’opposizione natura-cultura, e sottolinea invece la forza auto-organizzativa (o auto-poietica) della materia vivente. I confini tra le categorie del naturale e del culturale sono stati spostati e in gran parte offuscati dagli effetti del progresso scientifico e tecnologico. Questo continuum natura-cultura è il punto di partenza condiviso per il mio approccio alla teoria postumana. Se questo presupposto post-naturalistico si traduca successivamente in sperimentazioni giocose con i confini della perfettibilità del corpo, in panico morale per lo sconvolgimento di credenze secolari sulla “natura” umana o nella ricerca sfruttatrice e orientata al profitto del capitale genetico e neurale, resta comunque da vedere» (Rosi Braidotti, The Posthuman, Polity Press, Cambridge, 2013, p. 13).
prima, e mutuata da Karen Barad poi; parte da una rilettura materialista post-femminista del pensiero filosofico e mira a scardinare ogni tipo di dicotomia tra mente e corpo, cultura, natura e tecnologia, persino tra vita e morte. Con lo scopo finale di produrre una rinnovata eticità, capace di creare attivamente orizzonti sociali di speranza, oltre ogni discriminazione. 

https://youtu.be/Npm6PJoN6OY 

Human, Non-human, Post-human

Filosofə e fisicə teoricə, principale esponente del Nuovo Materialismo, fin dall’inizio del Ventunesimo secolo Karen Michelle Barad ha proposto una lettura metafisica postumana e performativa dell’esistenza, in cui il mondo è un processo aperto di materia in evoluzione, attraverso il quale essa stessa importa, acquisisce significato e forma nella realizzazione di diverse possibilità: un’iterata pratica material-discorsiva intra-agente di decostruzione e queerizzazione di tutti i confini. Le interrelazioni tra corpi, software e macchine, le simbiosi tra utenti e device, le autonomie algoritmiche annullano la percezione delle differenze tra agire umano e non: la performatività, oggi, è postumana, direbbe Barad. Secondo il Realismo agenziale,33«Usare le scienze per ripensare le scienze umane»: a partire dagli anni Duemila, Barad propone una mutazione accademica verso l’alfabetizzazione agenziale, tramite pedagogie dove la scienza viene insegnata e recepita in modo transdisciplinare e responsabile, intrecciandosi con le scienze umane, tenendo ben presente l’entanglement, cioè che scienza e società costituiscono l’un l’altra. Il suo realismo agenziale rappresenta il processo con il quale, su base fisica, la realtà si materializza dinamicamente attraverso le intra-azioni simil-cellulari di fattori umani e non umani, producendo fenomeni e dispositivi.
infatti, i concetti di intra-azione, entanglement, agentività, performatività si intrecciano con questioni identitarie (per entità umane e non), con istanze connesse alla de/costruzione dei confini tra soggetto e oggetto, naturale e artificiale, e con il superamento del pensiero dicotomico standard, mutuando un’interpretazione quantistica della materia e il postumanesimo di Braidotti.

«Propongo un’interpretazione squisitamente postumanista della performatività – nozione che incorpora importanti fattori materiali e discorsivi, sociali e scientifici, umani e non umani, naturali e culturali. L’approccio postumanista chiama in causa il dato delle categorie differenziali quali “umano” e “non umano”, esaminando le pratiche attraverso le quali questi confini e differenze vengono stabilizzate e destabilizzate: l’opus accademico di Donna Haraway – dai primati ai cyborg alle specie compagne – incarna questo punto».44Barad, cit., p. 811.

Prendendo spunto da questa rivoluzione prospettica, assecondando lo stile divulgativo-emotivo di Barad e un approccio decostruttivo e postumano all’analisi critica, di seguito proveremo ad abbracciare il suo stesso sguardo nel sottolineare le peculiarità di una “digital performance”,55Steve Dixon, Digital Performance: A History of New Media in Theater, Dance, Performance Art, and Installation, MIT Press, Cambridge (Massachusetts), 2007.
 raccontando ricerche e linguaggi emblematici di questo settore disciplinare, secondo una suggestione interpretativa transdisciplinare postumana e una chiave di lettura poetica altra, non empirica bensì intuitiva, volta a superare il pensiero dicotomico.  

fuse_, dokk, 2019 credits_filippo_aldovini.

Una digital performance è uno spettacolo mediale dal vivo: operazione artistica, sistema complesso in atto in cui le tecnologie svolgono un ruolo da protagonista, in cui per definizione soprattutto nel mezzo, nelle sue funzionalità, esecuzione e fruizione si esprime la liveness dell’opera. La trilogia Ljos, Dökk e Sàl di fuse*, per esempio, è incentrata intorno al dialogo drammaturgico in tempo reale tra la danza aerea di Elena Annovi e un ecosistema tecnologico immersivo, pervasivo, interattivo, entangled, capace di stimolare una profonda empatia, generata dalla sincronicità e imprevedibilità dell’esistenza, fino alla dissoluzione della dicotomia tra umano e non. Per ottenere questo risultato fuse* ha sviluppato un sistema algoritmico complesso unico, in grado di presentare sul palco elaborate composizioni audio-video, risultato della stretta interazione tra diversi dati generati in tempo reale: l’analisi del suono, il movimento della performer, il suo battito cardiaco, mappe interstellari e la sentiment analysis dei trend topic di Twitter in quel momento. La combinazione di queste informazioni rende ogni messa in scena unica, frutto della casualità e dell’imprevedibilità tipica della liveness mediale interconnessa, in una persistente coreografia cosmica.

«Pertanto, l’universo è intra-agenziale nel suo divenire. Le unità ontologiche primarie non sono “cose” ma fenomeni: riconfigurazioni / entanglement / (ri) articolazioni topologiche dinamiche. E le unità semantiche primarie non sono “parole”, ma pratiche material-discorsive attraverso le quali sono costituiti i confini. Questo dinamismo è azione. L’azione non è un attributo ma la continua riconfigurazione del mondo. Sulla base di questa metafisica performativa, propongo una riconfigurazione postumanista della natura della materialità e della discorsività e del rapporto tra loro, e un resoconto postumanista della performatività».66Barad, cit., p. 813.
 

Barad cita e muove dal pensiero e dal modello quantistico di Niels Henrik David Bohr, per il quale le cose non hanno confini o proprietà intrinsecamente determinate, il mondo non è fatto di oggetti chiusi ma di energie dinamiche particellari sempre attive: secondo Bohr, l’unità epistemologica primaria non è l’oggetto indipendente con confini e proprietà intrinseche, quanto piuttosto i fenomeni agenziali. Nelle sue pubblicazioni divulgative, Barad trae allora dagli esperimenti di Bohr un modello valido, queer, per una nuova narrazione dinamica della realtà, attenta e aperta alle differenze, grazie all’intreccio postulato tra materia e significato. Usa inoltre l’intuizione, la suggestione e la diffrazione come fondamento del suo metodo di interpretazione, operando analogie, “salti di specie” transdisciplinari dalla meccanica quantistica all’epistemologia, dalla letteratura all’antropologia sociale: secondo Barad, non si tratta di «fare analogie tra il mondo degli atomi e il mondo sociale», piuttosto di affermare che «la fisica quantistica parla del mondo dentro ogni momento, della bomba dentro l’atomo».77«Basandomi su un suggerimento di Donna Haraway, quello che propongo è la pratica della diffrazione, della lettura diffrattiva per modelli di differenze che fanno la differenza. E intendo questo non come nozione additiva opposta alla sottrazione, piuttosto che essa è suggestiva, creativa e visionaria. La diffrazione, intesa con la fisica quantistica, non è solo una questione di interferenza, ma di intreccio [entanglement], una questione etico-onto-epistemologica. Questa differenza è molto importante: sottolinea il fatto che la conoscenza è un impegno materiale diretto, un taglio, dove i tagli fanno violenza ma aprono e rielaborano anche le condizioni agenziali della possibilità. Non c’è questo sapere a distanza. Invece di una separazione tra soggetto e oggetto, c’è un intreccio tra soggetto e oggetto, che si chiama “fenomeno” (tratto da “Matter feels, converses, suffers, desires, yearns and remembers. Interview with Karen Barad”, in Rick Dolphijn & Iris van der Tuin, «New Materialism: Interviews & Cartographies», University of Michigan Library, Ann Arbor, 2012, p. 49).
La materia, tutta, non è oggettuale e chiusa, ma dinamica, fenomenica; agisce e si trasforma attraverso l’entanglement, la relazione inseparabile – o «perturbante azione a distanza» come la definì Einstein. La suggestione di centralità dell’azione come gesto di definizione ontologica (I play Therefore I Am) così proposta da Barad invita allora anche a un riposizionamento radicale del punto di vista critico verso le seguenti considerazioni: le intra-azioni sono dialoghi, relazioni molecolari ed energetiche della materia tutta – naturale, sintetica, concreta, effimera – descrivibili come danza tra entità; un approccio incentrato sulla performatività delle entità non prevede gerarchie né distinzioni: il gesto è al centro, e qualsiasi forma di intra-azione può essere classificata come atto performativo. 

«Quando si ha fiducia nella fattualità di un oggetto lo si chiama reale, e quando questa fiducia è leggermente minata lo si rinomina come virtuale» ha dichiarato il maestro giapponese Hiroaki Umeda.

«Se tutti i movimenti cinetici sono componenti estetici uguali della coreografia, allora potrebbe esistere un pezzo coreografico senza esseri umani. Inoltre, se l’obiettivo principale dell’artista sta nel fornire al pubblico una sensazione fisica pre-linguistica e pre-emozionale, che alternativamente potrebbe essere chiamata impulso, questa esperienza può essere generata possibilmente senza il mezzo del corpo in movimento».88http://hiroakiumeda.com/project.html#intensional

Se tutto è dissolto in atomi, protoni ed elettroni, non c’è molta certezza tra individualità e interezza. E quando il mondo viene osservato attraverso questa lente, emerge uno scenario particellare non antropocentrico e postumanista. Sulla base di questo concetto creativo, in Intensional Particle, Umeda reinterpreta le particelle nello spazio non come molecole statiche ma come quanti, particelle energetiche attive; e visualizza, nello spazio, la forza intenzionale che le particelle nascondono. Il lavoro di Umeda è riconosciuto per la metodologia altamente olistica e per il forte background digitale, che considera non solo vettori fisici quali la danza ma anche componenti ottiche, sensoriali e, soprattutto, spazio-temporali come parte della coreografia: sembra incarnare perfettamente il concetto di Barad di intra-azione performativa tra entità e dinamica. Dopo un debutto offline nel 2015, in tempi pandemici Intensional Particle ha trovato una versione play remote live online. La sfida è diventata quella di formare le migliori condizioni per lə spettatorə, a casa sua: come se venisse quantisticamente teletrasportata, la silhouette di Umeda appare in azione e trasmette il flusso energetico ai corpi remoti. Anche se attraverso lo specchio nero, l’utente è immerso in una realtà digitale satura di “stabilità instabile”, innescata da un flusso di stimoli ottici e sonar. Merleau Ponty direbbe che «il corpo è il nostro mezzo generale per avere un mondo», dopo tutto. 

Hiroaki Umeda, Median, 2019, ©s20.

X

«Un’ontologia quantistica decostruisce quella classica: non esistono oggetti individuali preesistenti con confini e proprietà determinati che precedono una qualche interazione, né esistono concetti con significati determinati che possano essere usati per descrivere il loro comportamento; piuttosto, confini e proprietà determinati degli oggetti all’interno dei fenomeni, e significati contingenti determinati, sono messi in atto attraverso specifiche intra-azioni, dove i fenomeni sono l’inseparabilità ontologica delle agenzie intra-agenti. Le misure sono pratiche material-discorsive della materia. E i fenomeni sono configurazioni contingenti della materia. Al centro della fisica quantistica c’è un’intrinseca indeterminazione ontologica».99Barad, cit., p. 813.

Flusso di molteplicità disordinate, amalgama, improvvisazione intuitiva, bricolage post-culturale, procedure alchemiche; sancire la pluralità dell’esistenza attraverso l’azione espressiva, al di là di confini, categorie, discriminazioni. In un mondo mercuriale, complesso e ambiguo, le entità oscillano tra virtuale e reale; data capture e sensory recognition continuano a contribuire alla costruzione di un’immagine postumana dei corpi, connettendo software, hardware, gesti, suoni, dimensioni naturali e artificiali.

Qualsiasi forma di intra-azione può essere classificata come atto performativo

Ancora una volta mutuando Barad, un approccio postumano alla performatività delle entità atomiche non prevede gerarchie né distinzioni: qualsiasi forma di intra-azione può essere classificata come atto performativo; un’esperienza di danza aumentata può divenire allora esperienza di esplorazione bio-tecnologica della forma e delle energie di un corpo, fornendo occasione e spinta tecnologica a trascenderlo. Per il coreografo Choy Ka Fai i media digitali consentono l’interconnessione e coadiuvano la riscoperta e reinterpretazione di spiritualità ancestrali: originario di Singapore e di base a Berlino, è da tempo affascinato dal corpo umano come strumento per esplorare, con la tecnologia, esperienze mistiche e idee coreografiche postumane, e dalle potenzialità extracorporee, sublimi, indotte dall’esperienza multimediale. Customizzando sistemi di motion capture, il suo lavoro si basa sulla creazione e sul dialogo tra esseri umani, avatar e intelligenze artificiali «metà umane e metà qualcos’altro», mescolando sottoculture con antichi rituali e intrecciando stati alterati della spiritualità con speculazioni sul corpo postumano. Per CosmicWander, il suo ultimo progetto in corso, l’artista si è avventurato attraverso l’Asia per studiare pratiche spirituali e danze sciamaniche di diversi popoli e comunità. Durante i suoi viaggi ha incontrato oltre cinquanta sciamani e ha filmato straordinarie esperienze: una ricerca ispirata alle pratiche osservate a Singapore, in Indonesia, in Siberia, a Taiwan e in Vietnam. CosmicWander prevede una restituzione come esperienza immersiva in VR, una sorta di Nirvana sintetico: nella Blue Sky Academy è possibile interagire con avatar di sciamani e danzatori di ogni culto, le cui gesta e sembianze richiamano sia la fisicità delle persone intervistate e filmate da Ka Fai (rilevate tramite scansione 3D con sensori wearable dei volti e dei corpi) sia le fattezze archetipiche delle divinità con cui questi personaggi sono interconnessi e da cui sono posseduti. 

https://vimeo.com/639009298 

Il collettivo di fama mondiale Rhizomatiks sta stressando la liveness multimediale presentando performance e sistemi sperimentali IRL e URL, e affrontando queste simulazioni da diverse angolazioni: la collaborazione con una gamma diversificata di performer internazionali ha creato nuove visioni del corpo entangled con la tecnologia, mentre le sperimentazioni con scienziati e ricercatori, tra cui neuroscienziati e astronomi, hanno permesso a ciò che è invisibile di apparire nelle composizioni mediali del gruppo artistico, attraverso la data visualization. La ricerca di Rhizomatiks si è sempre concentrata sui linguaggi performativi ipermediali e sulla loro evoluzione in live media; integrando informatica, coding e tecnologie ingegneristiche con i sistemi di comunicazione odierni, compresa la virtualità, il gruppo ha prodotto opere che rivelano ed esplorano possibilità di con-presenza in real time tra spazio fisico e virtuale. Hanno recentemente ripresentato border, un pezzo di danza precedentemente sviluppato con ELEVENPLAY e MIKIKO nel 2015: sul palco, in presenza IRL, border prevede un ambiente in cui il pubblico possa guardare una performance di danza dal vivo integrata con tecnologie di mobilità e realtà mista, da più punti di vista. Inoltre, il progetto offre un nuovo modo di interagire con lo spazio scenico consentendo accesso e visione online e, soprattutto, fornendo in questa modalità un’esperienza visiva unica, una vista a volo d’uccello dell’intera sede e la schermata operativa del software di controllo, che non possono essere fruite nell’esperienza in loco. Per soddisfare le diverse necessità drammaturgiche, il visore HMD indossato da alcuni spettatori-performer e il suo software sono stati sviluppati ex novo da Rhizomatiks sulla base di Oculus Rift DK2. 

https://youtu.be/td0hUlBx918 

 

Rhizomatiks Research × ELEVENPLAY, border, 2015, credits Muryo Homma.

Digital Queerism

In occasione dell’inaugurazione di HAU4, piattaforma virtuale del centro Hebbel am Ufer di Berlino, l’artivista Hito Steyerl ha scritto The Fifth Wall, una poesia-statement in cui intuisce e propone un ulteriore livello dimensionale e immaginifico di interpretazione delle dinamiche legate alle performing arts e al teatro contemporaneo, in chiave digitale: «La Quinta Parete si apre su un mare di pixel, la quinta parete è altrove […] non rivela uno spettatore ma nasconde un utente, non accende un effetto V ma una sensazione VR: davanti alla quinta parete tutti sono un palco».1010Hito Steyerl, The Fifth Wall, 2021.
HAU4 è solo una delle più recenti istituzioni emerse nell’intento di monitorare la rapida evoluzione dell’esistenza, degli ambienti e delle community virtuali, coagulandosi attorno a pratiche e sperimentazioni mediali collocate a diversi livelli di realtà, fisica e virtuale, IRL e URL.1111Superando il Diagramma di Milgram, John Gaeta propone “layer” come termine per definire i diversi livelli di realtà in cui un contenuto e un’esperienza possono collocarsi, tra reale e virtuale.
Alcune recenti proposte ipermediali apparse in questi ambienti rivalutano l’essenza stessa dello “stare online”, unita alla ricontestualizzazione dei concetti di realtà, presenza, simulazione. Le cangianti rappresentazioni digitali sembrano così ricreare più efficacemente la dimensione viva, metamorfica, evolutiva dell’esistenza così come descritta da Barad; nella relazione con la dimensione culturale aggiungono possibilità di esperienze aumentate, inedite, X, contraddistinte da una progressiva dematerializzazione, ma soprattutto da una costante interconnessione, che permette una presenza virtuale estesa, stratificata.

«La virtualità non è un entrare e uscire dall’esistenza con grande rapidità, ma piuttosto l’indeterminatezza dell’essere/non essere, una fantomatica non-esistenza. In altre parole, la rappresentazione comune delle fluttuazioni del vuoto quantistico come un’arena di attività virtuali occulte – coppie di particelle e antiparticelle che entrano ed escono rapidamente dall’esistenza, come un banchiere che gioca velocemente con i conti, prelevando denaro e restituendolo prima che qualcuno si accorga che manca qualcosa dal libro mastro – è di dubbia validità. Le particelle virtuali non operano in una metafisica della presenza, non esistono nello spazio e nel tempo. Sono delle non-esistenze che oscillano sul filo della lama infinitamente sottile tra l’essere e il non essere. Parlano di indeterminatezza, o meglio: nessuna parola determinata viene pronunciata dal vuoto, solo un silenzio parlante che non è né silenzio né parola, ma le condizioni di im/possibilità della non esistenza».1212Karen Barad, What is the Measure of Nothingness? Infinity, Virtuality, Justice, dOCUMENTA (13): 100, Notes – 100 Thoughts / 100 Notizen – 100 Gedanken | Book Nº099 (English & German edition), 2012, p. 646.

L’esperienza in una dimensione dinamica virtuale deve essere collocata in quella zona liminale e opaca tra vuoto e pieno, ancora una volta al di là di ogni dicotomia e distinzione netta tra materia e concetto, corpo ed energia, oggetto e azione, analogico e digitale. Le dinamiche, intra-azioni, tra diversi livelli di realtà possono essere descritte come esperienze estetiche di relazione, amplificate dall’apparato multimediale. L’Altro, l’Oltre contemporaneo può essere individuato in un livello di esistenza virtuale digitale mediale: Barad affronta il tema dell’Oltre, della dimensione virtuale, da un punto di vista filosofico-quantistico, superando la classica dicotomia reale-virtuale.

Nel suo libro Reality +, anche il filosofo David J. Chalmers sostiene che una realtà simulata è in ogni caso una realtà reale: «È reale ciò che fa la differenza, ovvero ciò che ha un potere causativo, che è giusto e non vive solo nella nostra mente; tutti gli oggetti di una realtà simulata sono dunque reali, perché in una simulazione abbiamo un corpo, vediamo degli oggetti e delle persone e interagiamo con loro: è tutto reale, solo che è digitale»1313David J. Chalmers, Reality+: Virtual Worlds and the Problems of Philosophy, W. W. Norton (US), Allen Lane (UK), 2022.
. La ricerca artistica internazionale ha sempre sviluppato mondi alternativi e fantastici, con obiettivi molto diversi, sperimentando allo stesso ritmo dell’evoluzione della tecnosfera e riflettendo sulle sue implicazioni estetiche e politiche. L’avvento del Metaverso rappresenta l’ultima frontiera di questo sviluppo e un cambiamento fondamentale nell’odierna nozione di presenza digitale, verso l’interconnessione massiva, l’interoperabilità universale e la sincronicità persistente: con la creazione e il popolamento di ambienti virtuali, i sandbox games e gli open world games, così come le online 3D collaboration platforms (Unity, Mozilla Hubs, Unreal Engine) e gli MMO accolgono sempre più spesso esperienze comunitarie e performative immersive aumentate: in perfetti “palchi” e “piazze” virtuali.

Tra le molte entità che attraversano questi ambienti virtuali, LaTurbo Avedon è un* avatar artista che crea esperienze volte a enfatizzare la composizione di una propria identità virtuale. Avedon ha trascorso l’ultimo decennio sviluppando un corpus di lavori che illumina l’intensità sempre crescente tra utenti e virtuale, abitando ambienti creativi che approfondiscono il significato delle esperienze immateriali. Cura e progetta Panther Modern, uno spazio espositivo basato su file che incoraggia lə artistə a creare installazioni site-specific per Internet. Avedon è un’entità singola frutto di autorialità collettiva, declina la propria forma e la propria agency in maniera site & community specific a seconda della piattaforma ospite. Ogni esperienza, ogni attraversamento costituisce uno step evolutivo per la propria identità, e insieme coinvolge l’utente in un’esperienza virtuale collettiva. In questo solco si colloca il Digital Queerism, fenomeno di ridefinizione del sé attraverso una relazione posthuman con tecnosfera e sottoculture da essa derivate, soprattutto in chiave corporea e di genere, attraverso emoji, protesi, innesti, skins, nelle affermazioni di inedite modalità dell’essere che spesso compaiono e mutano in diretta, davanti a uno schermo connesso, di fronte a un pubblico presente virtualmente. Le possibilità di ibridazione e metamorfosi tra identità ipermediali e corpo naturale attraverso pratiche di rilettura e ricontestualizzazione delle estetiche e dei linguaggi coreografici provenienti dalle sottoculture degli anni Duemila – mixate con altre tradizioni e contesti – vengono messe in scena, tra le altre, da Pussykrew, Tabita Rezaire, Mara Oscar Cassiani.

Come ambienti in cui la liveness multimediale – della fruizione e della generazione dei contenuti – e la costruzione di una cultura comunitaria specifica ha da sempre giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo di una esperienza estetica – e ludica –, i videogiochi rappresentano ora per le arti performative il nuovo Far West; non solo, molte di queste piattaforme stanno sviluppando modalità di fruizione art adjacent, per agevolare le derive sperimentali e creative degli utenti. A volte, anche per stressare le DAO, organizzazioni digitali autonome e decentralizzate in cui la proprietà non è di singoli sviluppatori ma dei nodi/azionisti della blockchain, un mix tra una SRL e un’associazione, in un apparente intreccio tra idealismo e finanza, verso un’ipotetica costruzione e distribuzione del potere sempre più decentralizzate.

Diverse community mainstream sono state recentemente attraversate da artistə per comunicare nuove forme di impegno politico e raggiungere l’enorme pubblico di questa industria globale senza confini. L’universo gaming induce emozioni profonde nell’utente, genera meta-sensazioni di coinvolgimento radicale: il game feeling è un’esperienza estetica sofisticata, interattiva, controversa, estrema, economicamente sempre più potente, perfetta per lo sviluppo della sperimentazione contemporanea: una dimensione onirica per l’utente, da esperire in tempo reale. Dopo lo storico intervento Reenactments (2007-2010) di Franco ed Eva Mattes, gli esempi di sperimentazione performativa all’interno delle simulazioni e delle community di gamer continuano a crescere. Gestito da un collettivo artistico di base a Manila, a partire dal 2019 Club Matryoshka è stato uno dei music club virtuali più famosi fuori e dentro il Metaverso, situato su un server privato di Minecraft. Oltre ai rave party, negli ultimi tempi questa piattaforma di gioco ha ospitato numerosi eventi live: le edizioni virtuali di festival come il Coachella, ma anche spettacoli di teatro come The House of Sorrow del regista coreano Jisun Kim, esposizioni e progetti di residenza creativa come quelli promossi dalla Ender Gallery. Fino agli happening di Tania Candiani: per il progetto El tiempo es otro rio, l’artista messicana ha organizzato dei raduni di protesta sulle piazze virtuali di Minecraft, Animal Crossing, Sims e Second Life, riecheggiando le mobilitazioni organizzate da movimenti femministi che hanno agitato le piazze sudamericane nell’autunno del 2021. Roblox è la piattaforma di gioco e connessione scelta invece da Kamilia Kard per la sua performance partecipativa Dance Dance Dance, in cui crew estemporanee di avatar vengono coinvolte in balli di gruppo sincronizzati (con coreografie prese da librerie mocap, videoclip, TikTok, e dalla danza contemporanea), all’interno di un ambiente virtuale custom, programmato e disegnato dall’artista.

Kamilia Kard, Toxic Garden – Dance Dance Dance, 2022, courtesy the artist.

A Matter of eXperience

Le suggestioni filosofiche interpretative e poetiche proposte da Barad, e qui mutuate, sembrano voler narrare la realtà come continua tessitura, fluida, di relazioni, connessioni, scambi, gesti a livello particellare. Uno scambio energetico, costituente dell’identità stessa delle entità agenti, che avviene costantemente, a qualsiasi e tra qualunque livello di esistenza, come insegna la fisica quantistica. La relazione avviene quindi in ogni momento, è sempre viva e attiva, tra diverse specie, mondi, categorie.1414Nel suo ultimo saggio, anche Luciano Floridi discute la natura e la qualità dell’esperienza che si può fare nello spazio interamente digitale: «Una delle cose più belle che il Metaverso potrebbe offrirci è la possibilità di liberare la nostra immaginazione, per farci vivere esperienze altrimenti impossibili. Ci vogliono buona volontà, coordinamento, una solida legislazione e un’ottima supervisione politica. Ecco, forse quest’ultimo punto è il più delicato, ma una volta raggiunto, tutto il resto potrebbe già funzionare», in Luciano Floridi, Metaverse: A Matter of eXperience, «SSRN», June 2022.

Le opere e lə artistə qui presentatə, seppur rappresentino una campionatura non esaustiva della produzione nel settore delle digital performance, sono statə sceltə e indicatə come emblemi poetici delle teorie di Barad (e non solo); esempi simbolici, metafore utili ad aprire la dualità, colmare le distanze e raggiungere un orizzonte queer e interspecie anche nella lettura critica di un’opera d’arte, oltre a concetti e categorie obsolete. Ponendo maggiore attenzione alle qualità etiche ed estetiche delle esperienze proposte e alla relazione intessuta con il sistema tecnologico piuttosto che all’autorialità espansa e DIWO; in sintesi, consentendo forme non commerciali di narrazione, interazione e partecipazione, nonché di aggregazione diverse, a prescindere da dinamiche speculative e di hype.

Attualmente, le pressioni economiche per l’adozione della VR e l’ingresso nel Web3 sono enormi, possono essere trattate in modo ponderato e critico – mentre finanza e brand stanno già colonizzando dinamiche, immaginario ed essenza stessa della virtualità digitale, con una promessa di fulminea felicità. L’utilizzo di massa dei social games come via maestra globale per la socializzazione mediata pone in rilievo le dinamiche estrattive e di sorveglianza in atto;1515Zuboff, 2019.
la portata intrusiva del marketing che utilizza algoritmi adattivi per personalizzare l’intimità artificiale è maggiore quando il contesto è una simulazione sempre più pervasiva della realtà.1616Brooks, 2009.
Il perpetuarsi di immaginari di dominio, l’emergere di nuovi crimini digitali, i problemi di salute mentale derivanti dall’essere disconnessi dal mondo fisico, la gestione della privacy, della trasparenza e del fake ecc. La Quinta Parete pone insomma questioni etiche di inclusione e decentralizzazione, di sostenibilità ed equità economica ed ecologica.1717«La quinta fase si svolge nella dimensione dell’estrazione e della colonizzazione digitale, avviene all’interno dell’accumulazione primitiva in atto. Rompere la quinta parete significa rompere l’occupazione aziendale: costruire, progettare e mantenere un’infrastruttura che sia open source e appartenga ai beni comuni. In questo momento, i compiti principali del teatro digitale sono l’atto fondativo di base, la costruzione del backstage, della performance del commoning», in Steyerl, cit.
Ma propone anche di prendersi un tempo e uno spazio dedicati per riscrivere le regole del gioco. Se considerati come spazi di incontro e libera espressione, gli ambienti virtuali immaginati e abitati dalla creatività collettiva potrebbero aiutare a “smarginare il dicotomico”, ridurre e ridisegnare le questioni etiche sollevate dalla trasformazione digitale: come palestre di comunità, da sintomo possono diventare soluzione. La pratica artistica può costituire un modello creativo alternativo per l’adozione di modalità attive, non estrattive, decentralizzate, per abitare la tecnosfera – e il Metaverso in particolare – oltre ogni discriminazione.1818Ciò che unisce, per esempio, i progetti raccolti e presentati su HAU4 è un approccio sia positivo che critico nei confronti della tecnologia digitale: «Presentiamo comunità progressiste nel regno digitale, dove gli attori violano distanze, superfici, corpi e binari, analizzando, visualizzando e decostruendo strutture di potere e assicurando che gli ormoni della felicità vengano rilasciati anche quando la connessione è virtuale. Come istituzione, ma anche come società e come individui, stiamo imparando l’alfabeto digitale, che da domani sarà nuovamente cambiato».

Myriam Bleau _ LaTurbo Avedon, Eternity Be Kind, 2020, courtesy the artists.

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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)

di Federica Patti
  • Federica Patti è storica dell’arte, docente e curatrice indipendente, la cui ricerca si concentra intorno alle pratiche transmediali, con particolare interesse verso la digital performance, i temi del postumano e le dinamiche del Metaverso. Vincitrice della nona edizione dell'Italian Council nel 2020, attualmente è dottoranda presso l’Università di Torino con una ricerca intorno alla liveness e all’esperienza estesa in ambiente virtuale. Collabora con diverse realtà (fra tutte: CUBO – Centro Unipol Bologna e Romaeuropa Festival) nell'ideazione e realizzazione di mostre e attività educative legate ai temi di arte, scienza, digital humanities. E' membro del collettivo LaRete Art Projects e di IKT – International Association of Curators of Contemporary Art. Scrive per le riviste Exibart e Creativeapplication.net. Dal 2020 è tutor del progetto "Residenze digitali" e membro delle giurie di numerosi premi internazionali di Media Art (i più recenti: premio STARTS Piemonte, RE: Humanism 2021). Crea la newsletter LUNARIO - segnali dal Metaverso, ad ogni plenilunio.https://lunarium.substack.com/
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