“Cento vecchie hanno trovate”: la caccia antimagica e l’espropriazione delle terre rurali
Intorno al tardo Quattrocento, in Europa, con lo sviluppo delle enclosures – recinzioni e steccati di una prima privatizzazione delle terre rurali che si concluderà con una quasi totale eliminazione dei commons (le terre comuni) e dell’agricoltura di sussistenza – mutano le condizioni del lavoro agricolo.
La grande proprietà comincia a diventare adulta ingoiando la piccola, e il capitalismo agrario si manifesta nell’espropriazione delle terre rurali e dei mezzi di produzione dei contadini da parte di una nascente classe imprenditoriale. Epidemie e siccità diffuse determinano, tra il XVI e il XVIII secolo, una fame cronica tra queste stesse popolazioni. Dalle campagne, dove i mezzi di produzione cominciavano a essere loro sottratti e capitalizzati, questi “uomini e donne bruco” – come venivano descritti dalla letteratura dell’epoca11Per un’analisi della sottoalimentazione nella letteratura tra Quattro e Settecento si vedano Piero Camporesi, Il Pane Selvaggio, Il Saggiatore, Milano, 2016; e Piero Camporesi, Il Paese della fame, Garzanti, Milano, 2018. Camporesi nota come, nei racconti degli intellettuali su queste popolazioni rurali distrutte dalle carestie e dalle epidemie, il confine tra uomini e bestie si assottigliasse sempre di più: «La tensione tra le caste si trasferisce nelle serie metaforiche di versi da cui trasuda il pauroso disprezzo degli uomini del pane bianco verso gli uomini del pane nero o dei senza pane, i picchia porte o i matta panes». Il pane rappresentava, infatti, uno status symbol che qualificava la classe, soprattutto in base al suo colore, che virava in una gamma da nero a bianco. I mangiatori di pane di fava (la gente di campagna) erano socialmente inferiori (e diversi) dai consumatori di pane di frumento (gente di città).
– cominciano a “infestare” i cigli delle strade cittadine, recitando cantilene di solidarietà e attaccando i fornai.
Secondo Maurice Dobb, la fame cronica (aggiunta all’arrivo delle epidemie) rende così i “matta-panes”, o “picchia porte”, ancora più disposti, per pochi soldi, a cedere alla suddetta privatizzazione dei propri campi e a trasferirsi nelle città per sopravvivere mendicando:
«La classe capitalistica nacque creata non dalla parsimonia e dall’astinenza secondo la tradizionale descrizione degli economisti, ma dalla espropriazione di altri gruppi sociali compiuta muovendosi da posizioni di privilegio politico ed economico».22Maurice Dobb, Problemi di storia del capitalismo, Editori Riuniti, Roma, 1974 [1946], p. 261.
Secondo Silvia Federici, le mappe delle enclosures e dei roghi spesso coincidono.33«In Inghilterra come nel resto dell’Europa, la caccia alle streghe fu prevalentemente un fenomeno rurale, interessò per lo più le regioni in cui le terre erano state privatizzate o erano in procinto di esserlo […]. Alan Macfarlane ha mostrato nel suo Witchcraft in Tudor and Stuart England che la mappa dei processi e quella delle enclosures coincidono, infatti la zona più colpita dalle persecuzioni fu la contea dell’Essex», in Silvia Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne, Nero, Roma, 2020, p. 29.
La caccia antimagica ha, infatti, gli stessi obiettivi di quella del capitale: le accuse di stregoneria diventano così un espediente per la sottrazione di terreni e piccole proprietà agrarie, e vengono sistematicamente rivolte a donne anziane e vedove che non sono in grado di difendersi giuridicamente. Federici procede nel ragionamento illustrando come nello stesso periodo (XVI-XVII secolo) in Francia, Italia e Germania cominci a ridefinirsi il ruolo sociale della donna, allora descritta come troppo emotiva e lussuriosa, per cui malleabile di fronte alle tentazioni del demonio. Da qui, il passo verso la sua infantilizzazione legale è breve: ne costituiscono l’esempio l’impossibilità di presentarsi in tribunale o di camminare in pubblico se non accompagnata da un uomo.44Silvia Federici, Calibano e la strega. Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria, Mimesis, Milano-Udine, 2020, p. 147.
D’altra parte, invece, la guerra proto-capitalista all’improduttività e al tempo ludico si trasforma in breve nella paura di tutto ciò che è infertile. Vengono così eliminati tutti gli elementi che sfuggono alla filiera produttiva e che potrebbero contaminare la razionalità dell’accumulazione. Le donne anziane, detentrici dei legami comunitari dei villaggi, cominciano a essere considerate inutili, perché incapaci di generare, e a subire il linciaggio, dapprima nel corso di riti pseudo-pagani come quello di mezza quaresima, a Bologna (la Segavecchia), mentre in seguito, a livello istituzionale, a causa delle accuse della Santa Inquisizione:
«Cento vecchie hanno trovate, / Grime, magre e mal condutte, / Stomacose, rancie e brutte, / Che più a nulla puon servire. / Su su su chi vuol venire. / E han posto i nomi loro / Tutti quanti dentro un vaso. / E cavatone uno a caso, / Ch’in tal fatto abbia a supplire. / Su su su chi vuol venire…».55Estratto di un invito generale per veder segare la vecchia a Bologna, ripreso da G. C. Croce, citato in Camporesi, cit., 2016.
“E chi di lavorar facesse motto, scacciato è con le braccia e il capo rotto”: Sabba in Cuccagna
Non solo enclosures e roghi coincidono, ma spesso le accuse di stregoneria colpiscono le stesse famiglie che si sono ribellate all’espropriazione di terre e mezzi partecipando alle cosiddette “guerre contadine”. Lo spiega Luciano Parinetto in Streghe e potere. Il capitale e la persecuzione dei diversi (1998), evidenziando come a livello iconografico vi siano chiare somiglianze tra le rappresentazioni del Sabba e quella delle rivolte contadine dell’epoca, che, non a caso, sono spesso guidate da donne, le quali «andavano a rimuovere le siepi o le staccionate che recintavano le terre comuni».66Federici, Calibano e la strega, cit., 2020, p. 228; Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne, cit., p. 34.
Non solo, esistono similitudini anche tra il Sabba e alcune feste agricole pagane come il Carnevale, che nasce come renovatio mundo, la ripresa di un nuovo ciclo agrario.
Di queste tre dimensioni che fanno un uso del tempo e dello spazio in netta contrapposizione alla nuova disciplina del lavoro Parinetto ne dà un’interpretazione anticapitalista.77Luigi Parinetto, Streghe e potere. Il capitale e la persecuzione dei diversi, Rusconi Libri, Milano, 1998.
Dopo la mezzanotte, infatti, coloro che riescono a raggiungere le riunioni notturne possono sfuggire finalmente al controllo dei corpi, alla separazione tra le classi e i sessi, unendosi in orge di fertilità, assemblee orizzontali, cavalcate di scope e altri corpi: tutte pratiche demonizzate dal controllo statale sulla sessualità e da quello capitalista sul tempo libero e sul “tempo di notte”,88Comincia proprio in questo periodo a tracciarsi un confine tra “tempo di giorno” apollineo, virtuoso, luminoso e, soprattutto, operoso e produttivo, e “tempo di notte”. Cominciano così a essere emanate leggi che prevedono pene severe per chiunque non rispetti il coprifuoco.
ma che fanno riferimento a culti agrari pre-cristiani come quello di Diana o delle fasi lunari, che avrebbero assicurato, secondo una massa ormai sfiduciata nei confronti delle istituzioni, quella fine della fame e delle epidemie che sembra impossibile da ottenere tramite le preghiere cristiane.
Nel suo pioniero The Witch-Cult in Western Europe (1921), Margaret Murray ha, per prima, analizzato la stregoneria dal punto di vista cultuale, risalendo ai legami tra i riti stregoneschi e i culti di fertilità pre-agricoli e pre-cristiani, come le festività del 1° maggio o del 1° novembre. Nel 1978,99Arthur Evans, Witchcraft and the Gay Counterculture, FAG RAG Books, Boston, 1978.
Arthur Evans riprende in mano il lavoro di Murray in un libro che mostra come l’imposizione dell’eteronormatività sia indissolubilmente legata ai dettami del cristianesimo e a quelli del capitale economico. Già la parola faggot, infatti, rivela i legami tra stregoneria, eresia e omosessualità1010La parola faggot veniva usata in lingua inglese verso la fine del sedicesimo secolo come termine offensivo per indicare le donne, soprattutto anziane e vedove, che conducevano una vita misera raccogliendo e vendendo legna da ardere (da qui faggot-gatherer, “raccoglitrice di legnetti”). Un’altra etimologia – spesso smentita – attribuita a faggot è quella di “a burning or smouldering piece of firewood”, che lega direttamente il gergo all’immagine dei roghi per stregoneria.
. In più, Evans sottolinea come vestire abiti “del sesso opposto”, o abiti di animali, sia tipico delle feste agrarie, o ancora quanto il travestitismo sia centrale nei riti cultuali prima del cristianesimo.
Un altro punto di vista interessante sulla questione è quello di Piero Camporesi, che, nelle sue ricerche sulla letteratura europea quattro e settecentesca, individua alcuni rimandi tra il topos del paese della Cuccagna e il Sabba: «Il paese della Cuccagna e i giuochi sabbatici sono due aspetti dello stesso mito, e la “Signora” del giuoco notturno (Diana) si confonde con la “Regina” della terra di Cuccagna».1111“Carnevale al sabba”, in Camporesi, cit., 2018, p. 225.
I due condividono, infatti, l’immagine di un banchetto abbondante e condiviso, accompagnato da musiche e balli, vissuti all’insegna del disordine, in cui centrale è la presenza di pane e carne sulle tavole di coloro che normalmente non potrebbero permetterseli. Solitamente il Paese della Cuccagna viene immaginato sull’elevato fianco di un’invalicabile montagna, o da qualche parte oltre un largo fiume: «La montagna dei fedeli di Bacco che troneggiano sulla strada di Cuccagna, […] la sommità d’un monte altissimo su cui, secondo la strega di Pico, si svolge il sabba, sono emblemi diversi della medesima cosa».1212Ibid., p. 227.
Quella montagna è un luogo in cui l’abbondanza è concessa pur non essendo ricchi o produttivi. Da qui, nel 1559, Bruegel rappresenta la Cuccagna come il paese che ha i tetti delle abitazioni ricoperti di torte e in cui gli uomini rifiutano il lavoro, trascorrendo intere giornate distesi sull’erba.1313Qui si fa riferimento al dipinto La terra della Cuccagna di Pieter Bruegel il Vecchio.
Mentre la Chiesa e lo Stato promettono un viaggio verso l’Eden, dove coloro che in vita hanno faticato e sono stati parsimoniosi riceveranno premi e gioie dall’aldilà, nelle campagne le comunità contadine si concedono invece viaggi onirici, aiutati da pani surrogati e dalla farmacopea, verso i luoghi della Cuccagna che «non conoscono angustie e dolori»:
«Il viaggio verso Cuccagna, verso una terra che non conosce angustie, carestie e dolori; il pellegrinaggio verso l’Eden mitico alla ricerca della smarrita età dell’oro; la navigazione verso isole irraggiungibili, corrisponde in qualche modo al “viaggio” che le droghe rituali hanno sempre offerto alle misere genti d’altri paesi e d’altri continenti schiacciate dalla durezza della vita e dalle fatiche dell’esistenza».1414Ibid., p. 227.
Dopo carestie incessanti ed epidemie irreversibili, lo strumento che resta ai più poveri, per sfuggire a una sempre più pressante e iniqua economia del lavoro, è quindi raggiungere stati di coscienza alterati, indotti dalla medicina pauperum (la medicina dei poveri). Per esempio, il pane papaverino con farina di semi di canapa, aggiunto a uno sfondo di sottoalimentazione cronica, è in grado di scatenare alterazioni mentali e stati di trance collettivi, così come la bollitura di papavero bianco elargita ai bambini appena nati.
Viene così a costituirsi «una società febbricitante e insonne»1515Piero Camporesi, Il pane selvaggio, il Saggiatore, Milano, 2016, p. 14.
che si imbatte in continue “visitazioni notturne” (folletti, vampiri, streghe, licantropi), le quali, sotto l’influenza dei predicatori e dei rappresentanti dello Stato, vengono attribuite all’inflazione, alla fame e all’insufficienza dei raccolti. Manovrata da una cultura classista, la popolazione rurale punta così il dito contro le non-aventi-diritti, abbandonando progressivamente la volontà di lotta contro il Potere e le espropriazioni.
“No quiero ser la madre de dios blanco, civilizado y conquistador”: femminicidi e Green Revolution nell’Africa subsahariana
Tra il 1980 e il 1990, sempre secondo Federici, la crisi del debito, i programmi di aggiustamento strutturale promossi dal FMI e dalla Banca Mondiale e la svalutazione delle monete locali inaugurano una nuova fase di recinzioni in Kenya, Nigeria, Zambia e Camerun. Persino qui, la paura delle streghe funziona come strumento di disgregazione dei tessuti sociali e dei legami generazionali, a favore dell’espropriazione delle terre comuni e dell’eliminazione dell’agricoltura di sussistenza:
«C’è un parallelo significativo tra l’attacco alle donne anziane dell’Africa rurale sotto le accuse di stregonerie e la campagna ideologica della Banca Mondiale che promuove la commercializzazione e privatizzazione della terra, che considera il terreno una risorsa sterile, se è usata solo per la sussistenza, e diventa produttiva solo quando viene ipotecata come garanzia di credito alla banca».1616Ambreena S. Manji, The Politics of Land Reform in Africa: From Communal Land to Free Markets, Zed Books, London, 2006.
Justus M. Ogembo,1717Justus M. Ogembo, Contemporary Witch-Hunting in Gusii, Southwestern Kenya, Edwin Mellen Press, Lewiston, 2007.
studiando un periodo di femminicidi senza precedenti, tra il 1992 e il 1994, a Gusii, nel sud-ovest del Kenya, nota delle analogie con la caccia alle streghe europea. Come allora si credeva che povertà, carestie ed epidemie fossero dovute a influenze demoniache, così in alcuni paesi dell’Africa, agli inizi degli anni Novanta, cominciano a emergere le prime accuse di stregoneria in concomitanza con il diffondersi dell’AIDS e con l’impoverimento di massa scaturito dalla liberalizzazione economica che sostituisce progressivamente le economie locali.
Il documentario Feeding A Crisis Africa’s Manufactured Hunger Pandemic (REDFISH, 2020) indaga i legami tra le politiche di free trade e i programmi di aggiustamento strutturale del Nord Globale con l’inflazione dei prezzi sui beni di prima necessità, la crisi alimentare e dell’agricoltura nell’Africa subsahariana. Il documentario raccoglie storie di piccoli agricoltori e possessori di terre in Senegal, Nigeria, East Kenya e Zimbabwe.
Emerge dal documentario come il continente africano potrebbe essere potenzialmente autosufficiente nella produzione agricola, tuttavia il 60% dei terreni coltivabili sono inutilizzati e inaccessibili alla popolazione per via delle condizioni imposte dai programmi di aggiustamento creati dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca Mondiale con l’idea di ridurre gli squilibri fiscali di quei paesi che si portano dietro un debito internazionale contratto nel periodo coloniale. In particolare, nell’accordo si prevede l’eliminazione dei sussidi agli agricoltori da cui consegue l’abbandono delle coltivazioni per insufficienza di fondi e l’impossibilità di sfruttare l’enorme quantità di terreni coltivabili. La liberalizzazione ha determinato soprattutto l’ingresso di multinazionali e produzioni agrarie dall’Europa e dall’America all’interno dell’economia africana. La maggior parte del cibo nei suddetti paesi è, in realtà, prodotto e venduto nei mercati locali da donne proprietarie di piccoli appezzamenti di terra.
L’AGRA (Alliance for a Green Revolution in Africa) è uno dei tanti progetti del Nord Globale (in cui sono coinvolti Bill e Melinda Gates, così come la Fondazione Rockefeller e Warren Buffett) che intende «trasformare l’agricoltura africana da un modello di sussistenza a un business forte e competitivo», come si legge nel suo manifesto. Ciò ha significato la ricerca di accordi con le donne-agricoltrici e con i governi statali per imporre l’uso e, quindi, la dipendenza da fertilizzanti e fitorimedi di compagnie estere, pagati anche a caro prezzo, in vista di un’eliminazione delle pratiche agricole tradizionali.
Il programma, risultato fallimentare,1818I governi nazionali in Africa hanno speso circa 1 miliardo di dollari sui programmi venduti da queste compagnie. La compagnia arrivata alla deadline di scadenza dei suoi obiettivi dopo 16 anni di attività (dal 2006) si è rifiutata sistematicamente di tracciare un report sugli investimenti e sull’impatto che le sue pratiche hanno avuto sulle piccole coltivatrici. Per maggiori informazioni si veda Timothy A. Wise, Failing Africa’s Farmers: An Impact Assessment of the Alliance for a Green Revolution in Africa, Global Development and Environment Institute, Tufts University, giugno 2020.
è stato sperimentato per 16 anni sulle spalle dei governi locali e dei piccoli agricoltori. La sua implementazione, sul lungo termine, ha aperto allo sviluppo di monoculture, all’eliminazione della biodiversità e al conseguente impoverimento, nel tempo, dei terreni, sempre più aridi e poco fruttuosi. Non vi è alcuna evidenza dai report della no-profit che la piccola agricoltura stia traendo beneficio dalle loro proposte.
Torna in mente l’articolo pubblicato nel 1981 da Ana Mendieta per il numero Earthkeeping/Earthshaking di «Heresies», che riporta la leggenda cubana novecentesca della Venus Negra, la quale rifiuta tutto il cibo che le viene offerto dai colonizzatori con l’intento di morire di fame piuttosto che nutrirsi di prodotti non coltivati localmente. La leggenda, situata in un contesto diverso, risuona estremamente attuale, specialmente dopo la pandemia, che ha fatto alzare vertiginosamente i prezzi nei mercati locali africani, mentre quelli delle esportazioni al Nord hanno continuato a diminuire (e le importazioni – persino di aiuti sanitari – a diventare sempre più difficili e costose). Nel documentario si racconta di cibo marcito all’interno delle fattorie, inaccessibile alle stesse persone che lo hanno prodotto.
La Venus Negra è testimone della resistenza a un ulteriore aspetto della colonizzazione, quello di un rinnovato e rebranded Piantagionocene, lo sfruttamento delle economie locali per profitto, in nome della crisi del debito e di progetti sociali di “progresso” promesso, solo apparentemente salvifici.
In un paper del 2008,1919Silvia Federici, Witch-Hunting, Globalization, and Feminist Solidarity in Africa Today, «Journal of International Women’s Studies», 10(1), 2008, pp. 21-35.
Federici affronta il fenomeno, ancora attuale, della “caccia alle streghe”: la proliferazione di sette religiose (pentecostali e sioniste) che enfatizzano l’esorcismo e la tortura, alimentando la paura verso i bambini e verso le donne anziane, accusati di stregoneria. Tra i numerosi casi di gruppi di cristianizzazione che portano avanti campagne antimagiche, segnate da violazioni dei diritti umani, vi è quello della Liberty Church di Helen Ukpabio: un gruppo di chiese evangeliche, di base in Nigeria.
Così come la caccia alle streghe europea alimentava la sua propaganda attraverso ogni medium possibile (per esempio, tramite libelli che pubblicizzavano i processi più celebri riportando i dettagli dei presunti delitti compiuti dalle streghe, o attraverso illustrazioni come quelle del tedesco Hans Grien Baldung), oggi la caccia alle streghe contemporanea fa uso dei social media e, se pensiamo alla Nollywood nigeriana, persino dell’industria cinematografica. Ne costituisce un esempio End of the Wicked (1999), scritto da Helen Ukpabio e diretto da Teco Benson. Il controverso film horror nigeriano racconta di una famiglia sconvolta da apparizioni demoniache che arriva ad accusare un suo stesso componente – l’anziana nonna – di essere una strega.
A partire dal 1992, Ukpabio ha costruito una vera e propria associazione propagandista che comprende una casa editrice, un’etichetta discografica e una cinematografica con lo scopo di divulgare pratiche e metodi per contrastare le possessioni stregonesche in Africa. L’associazione si fonda su dettami protestanti, e fa leva sulle superstizioni e sulle paure preestistenti. Nei suoi sermoni, diffusi da anni nella parte occidentale dell’Africa, Ukpabio sostiene di essere stata in passato una strega e di saper identificare pertanto i casi di bambini e di adulti posseduti da Satana. Nel 2014 ha citato in giudizio la British Humanist Association (BHA) e la Witchcraft and Human Rights Information Network (WHRIN), in risposta a denunce per violenze e abusi su donne e bambini.
Un altro degli aspetti più controversi di questa nuova caccia è l’esistenza dei witch camps, insediamenti, in Ghana, destinati a donne accusate di stregoneria, dove queste ultime possono rifugiarsi per evitare il linciaggio e la ghettizzazione da parte dei villaggi d’origine. Spesso questi insediamenti, tuttavia, risultano essi stessi strumento di abuso. Negli ultimi anni, infatti, il governo ghanese sta cercando progressivamente di eliminare questi campi dove le donne sono soggette a ulteriori violenze fisiche e psicologiche, abusi, sfruttamento sessuale e obbligo al lavoro.
Recentemente, Marilena Umuhoza Delli ha coinvolto più di 100 di queste donne nella realizzazione dell’album Witch Camps (Ghana). I’ve forgotten who I Used to Be (Six Degrees Records, 2021). La maggior parte di loro – racconta2020Si veda l’intervista a Ian Brennan e Marilena Umuhoza Delli su «Blogfoolk Magazine». Alessio Surian e Ciro De Rosa, Various Artists – Witch Camp (Ghana). “I’ve Forgotten How I Used To Be” (Six Degrees Records, 2021), maggio 2021.
– presentano disabilità fisiche o malattie e disturbi mentali, condizioni che probabilmente hanno contribuito alla loro denigrazione. Insieme all’artista, queste donne hanno registrato più di sei ore di musica attraverso cui raccontano, cantando, le proprie esperienze nel loro limbo di sopravvivenza. Le canzoni sono scritte nei dialetti regionali del Nord Africa e sono, in maggioranza, mantra e preghiere ripetute. La parte strumentale è realizzata usando oggetti già presenti nel territorio come teiere, bottiglie di soda, lattine, rami e bucce di mais.
Nel quarto capitolo del volume Il Fungo alla Fine del Mondo (2015),2121Anna Tsing, Lavorare ai margini, in Il fungo alla fine del mondo. La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo, Keller Editore, Rovereto, 2021, pp. 99-113.
Anna Tsing introduce il concetto di economie “pericapitalistiche”, ovvero tutti quegli spazi dove forme capitaliste e non capitaliste di produzione (quindi non regolamentate e non scalabili) interagiscono.2222Ibid., p. 107.
È il caso, per esempio, di Walmart, che vende su larga scala senza interessarsi alla filiera produttiva da cui provengono i suoi prodotti, che comprende furti, violenza e sfruttamento di capitale umano e ambientale. Costringere i propri fornitori a fabbricare in modo sempre più economico per raggiungere prezzi “competitivi”, incoraggia un lavoro intensivo e non regolato giuridicamente, opposto, almeno formalmente, alle direttive del capitalismo fordista e finanziario.
Tra «gli elementi non capitalisti da cui dipende il capitalismo»,2323Ibid.
Tsing annovera anche il fatto che alle donne messicane venga insegnato a cucire da bambine, nelle case, fin dalla prima infanzia, creando così un bacino di potenziali lavoratrici da impiegare nelle fabbriche tessili:
«La conversione di conoscenze indigene in profitti capitalisti è un accumulo di recupero. […] Attraverso l’accumulo di recupero, vite e prodotti si spostano avanti e indietro tra forme non capitaliste e capitaliste; queste forme si modellano reciprocamente e si compenetrano. Con il termine “pericapitalista” si riconosce invece che chi di noi è inserito in tali traduzioni non è del tutto protetto dal capitalismo; spazi pericapitalisti non hanno la sicurezza di piattaforme di difesa e riequilibrio».2424Ibid., p. 103-106.
Lo stesso può essere sostenuto per le accuse di stregoneria e per la caccia alle streghe: questo fenomeno, apparentemente slegato dalle filiere e dai sistemi economici globali, relegato nel discorso pubblico al folklore, alla religione e alla superstizione, collabora, invece, attivamente al capitalismo estrattivista ed espropriativo delle terre rurali, consentendo che le terre di donne anziane e vedove si rendano disponibili all’importazione di agricolture intensive da parte di multinazionali estere.
L’attuale caccia alle streghe diventa così una dimostrazione delle conseguenze della colonizzazione e degli atteggiamenti neocoloniali e neoimperialisti del capitale. I witch camps e i linciaggi in Kenya, Nigeria, Ghana, Zambia e Camerun non possono che essere trattati da un punto di vista intersezionale, che interseca diverse forme di oppressione: quella razziale e coloniale, così come quella machista e capitalista. L’impatto simultaneo di queste tre facce è peculiare nelle esperienze delle donne nere e ci fa parlare, seguendo Grada Kilomba e bell hooks, di razzismo di genere e degli effetti specifici da esso generati:
«Al pari del commercio degli schiavi e dello sterminio della popolazioni indigene nel nuovo mondo, la caccia alle streghe si colloca al bivio di un insieme di processi sociali che hanno aperto la strada alla nascita del moderno mondo capitalista, a nuove forme di sfruttamento, razzializzazione e marginalizzazione».2525Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne, cit., p. 22.
Costruzioni del femminile: la bisbetica domata, Escrava Anastacia, Eusapia Palladino e Arianna
Alla stampa europea quattro e settecentesca abbiamo già imputato gran parte delle responsabilità per il consolidamento dell’immagine della strega come una donna anziana, povera, alla ricerca di aiuto e di elemosina. Le produzioni teoriche e demonologiche della Chiesa e della Santa Inquisizione cominciano dunque a svalutare la donna come personaggio storico. A queste dobbiamo l’invenzione della “mordacchia”, la trappola di metallo, strumento di silenziamento perfetto per le donne con la lingua lunga, ribelli, critiche, accusate, perciò, di essere streghe o megere. È curioso come la “briglia della bisbetica”, testata in Europa, diventerà, più tardi, uno degli strumenti del progetto coloniale europeo nelle piantagioni:
«Ufficialmente la maschera veniva utilizzata dai padroni bianchi per impedire alle africane schiavizzate di mangiare la canna da zucchero o le fave di cacao mentre lavoravano nelle piantagioni, ma la sua funzione primaria era indurre un senso di impossibilità di parola e paura, facendo della bocca sia un luogo muto che di tortura».2626G. Kilomba, Memorie della Piantagione. Episodi di razzismo quotidiano, Capovolte, Alessandria, 2021, p. 30.
La costruzione del femminile e la sua svalutazione da parte del mondo intellettuale machista viene letta, in chiave più contemporanea, da Chiara Fumai (Roma, 1978 – Bari, 2017) in La Donna Delinquente (2011-2013), che vince il Premio LUM per l’arte contemporanea. Nella videoinstallazione vengono riportate e manipolate le dichiarazioni di vari filosofi positivisti, tra cui Cesare Lombroso, rispetto al fenomeno di Eusapia Palladino (1854 – 1918), abbinate a immagini di archivio.
Di estrazione umile, la medium e spiritualista pugliese fu sottoposta a una serie di prove e studi da parte di comitati scientifici nazionali e internazionali, per comprendere la natura e la veridicità dei suoi poteri. Lombroso la “esaminerà” nel 1881 durante due sedute dichiarando in seguito: «Al di fuori delle sedute spiritiche, è una donna normalissima, un tipo volgare, senza alcuna dote atta a differenziarla da milioni di organismi simili al suo».
La maggior parte dei personaggi in cui Fumai si è sdoppiata appartengono ai freak show, alle fantasmagorie, all’illusionismo e all’esoterico, ma, soprattutto, sono “femmine insolenti”2727Nel 2013, vincitrice della IX Edizione del Premio Furla, Fumai dichiarò di dedicarlo alle “femmine insolenti”.
che non sono state credute: Valerie Solanas, la donna barbuta Annie Jones, Rosa Luxemburg e altre popolano le sue performance e videoinstallazioni.
In Par Vas Nefandum (2016), Fumai guarda alla cristianizzazione e ai suoi effetti sul controllo dell’omosessualità. Lo sfondo che accompagna la video-performance è la Witch Head Nebula o IC 2118. Alla nebulosa, situata nella costellazione di Orione, è stato dato il nome di Testa di Strega, poiché richiama la costruzione visuale assemblata nel corso dei secoli intorno alla figura della donna-anziana-strega. Nonostante l’aspetto macabro, all’interno della nebulosa continuano a nascere giovani stelle. La Testa di Strega viene posta, in questo caso, in rappresentanza di tutte quelle eccedenze che, nonostante la caccia antimagica e la perpetua guerra a ogni “eccedenza”, continuano a sopravvivere e generare bagliori di resistenza.
Conclusione
Federici conclude Caccia alle streghe, guerra alle donne sottolineando come l’attuale caccia alle streghe, i relativi femminicidi e la presenza dei witch camps siano spesso ignorati dal discorso femminista bianco.2828Silvia Federici, Caccia alle streghe, globalizzazione e solidarietà femminista nell’Africa di oggi, in Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne, cit., pp. 89-121.
In Under Western Eyes: Feminist Scholarship and Colonial Discourses’ (1984), Chandra Talpade Mohanty ci parla della stessa necessità di decostruire la bianchezza nel femminismo occidentale, che si è imposto sulla voce di altre donne, creando una categoria monolitica, quella della “donna del terzo mondo”, oppressa da e solo all’interno della propria cultura. Da qui, preme sottolineare ciò che spesso non viene detto, ovvero che le persecuzioni stregonesche non nascono dalla cultura africana, ma, come si è già evidenziato, sono un lascito coloniale:
«È importante qui sottolineare come in Africa i movimenti contro la stregoneria siano iniziati nel periodo coloniale in concomitanza con lo sviluppo delle economie monetarie […]. È persino dubbio che si possa parlare di “stregoneria” quando il riferimento è all’era precoloniale, visto che il termine non è stato in uso fino all’arrivo degli europei».2929Ibid., p. 95.
La magia, invece, intesa come pratica di cura, di prevenzione sessuale, anticoncezionale e comunitaria è sempre esistita tenendo legate le comunità dei paesi colonizzati, così come quelle di un’Europa pre-capitalista, prima di essere relegata, insieme al sessuale, al bestiale e al femminile, a un mondo mostruoso secolarmente temuto e sacrificato nei processi di costruzione sociale.
Per Tiziana Villani, un esempio della domesticazione del femminile è da ritrovare nel mito di Arianna e il Minotauro.3030MPer una rilettura in chiave femminista del mito del Minotauro si veda Geografia. Ero femmina ma questo l’ho scoperto dopo, in Tiziana Villani, Corpi Mutanti. Tecnologie della selezione umana e del vivente, La Talpa, 2018, pp. 91-107.
Permettendo a Teseo di uccidere suo fratello, il suo doppio – il Minotauro –, Arianna sacrifica la sua parte animale, per la sicurezza della polis e per andare incontro alle richieste dello Stato, al “buon senso” del proprio gruppo sociale. Con la morte del Minotauro, il suo “doppio-oscuro”, Arianna sacrifica ciò che è stato storicamente temuto del femminile: l’arcaico, il metafisico, il sessuale, il bestiale.
La strega-criminale non opera questo sacrificio. Non a caso sarà sempre rappresentata in compagnia di altre donne, animali (rigorosamente improduttivi, come i rospi), oppure diavoli-caproni; in sostanza, ibridi minoici:
«L’animale donna ha subito un processo di addomesticamento particolare, probabilmente il più violento possibile, che è passato in modo profondo attraverso il disciplinamento della sessualità. Il corpo dell’animale donna è da subito percepito come “sporco” in buona parte delle culture religiose, rivoltante e desiderabile nell’economia capitalista, schizoide non per vocazione ma per riflesso delle paranoiche culture del dominio».3131Ibid., p. 95.
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L’unica relazione possibile oggi con l’università è una relazione criminale
L'università e gli Undercommons: l'attività di studio come pratica radicale e collettiva contro il neoliberismo nell'analisi di Harney e Moten.
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The Time-Complex. L’arte contemporanea contrapposta alla posterità
La ‘postcontemporaneità’ come tensione che porta l'individuo a rimodellare continuamente i parametri di tempo e spazio e come categoria che afferma il primato del futuro. Una conversazione tra Armen Avanessian e Suhail Malik.
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Earthbound. Ecologie di genere – Il video
Il video del talk "Earthbound. Ecologie di genere" in collaborazione con TCC e Careof
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Earthbound. Ecologie di genere
KABUL ft. Carof & TCC
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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)
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Alessia Baranello scrive di arte contemporanea, cultural e memory studies. Ha lavorato come mediatrice culturale per diverse istituzioni, tra cui la Triennale di Milano. Si laurea in Economia per Arte, Cultura e Comunicazione alla Bocconi e prosegue i suoi studi in Arti Visive e Studi Curatoriali presso NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, Milano.
Piero Camporesi, Il Pane Selvaggio, il Saggiatore, Milano, 2016 [1980].
Piero Camporesi, Il Paese della Fame, Garzanti, Milano, 2000 [1978].
Maurice Dobb, Studies in the Development of Capitalism, trad. it. Problemi di storia del capitalismo, Editori Riuniti, Roma, 1974 [1946].
Arthur Evans, Witchcraft and the Gay Counterculture, FAG RAG Books, Boston, 1978.
Silvia Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne, Nero, Roma, 2020.
Silvia Federici, Calibano e la strega. Le donne, il corpo e l’accumulazione originaria, Mimesis, Sesto San Giovanni, 2020.
Silvia Federici, Witch-Hunting, Globalization, and Feminist Solidarity in Africa Today, «Journal of International Women’s Studies», 10(1), 2008, pp. 21-35.
Grada Kilomba, Memorie della Piantagione. Episodi di razzismo quotidiano, Capovolte, Alessandria, 2021.
Ambreena S. Manji, The Politics of Land Reform in Africa: From Communal Land to Free Markets, Zed Books, London, 2006.
Margaret Murray, Le streghe nell’Europa occidentale, Terra di Mezzo, Milano, 2019.
Justus M. Ogembo, Contemporary Witch-Hunting in Gusii, Southwestern Kenya, Edwin Mellen Press, Lewiston, 2007.
Luigi Parinetto, Streghe e potere. Il capitale e la persecuzione dei diversi, Rusconi Libri, Milano, 1998.
Anna Tsing, ll fungo alla fine del mondo. La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo, Keller Editore, Rovereto, 2021.
Tiziana Villani, Corpi Mutanti. Tecnologie della selezione umana e del vivente, La Talpa, 2018.
Timothy A. Wise, Failing Africa’s Farmers: An Impact Assessment of the Alliance for a Green Revolution in Africa, Global Development and Environment Institute, Tufts University, 2020.
KABUL è una rivista di arti e culture contemporanee (KABUL magazine), una casa editrice indipendente (KABUL editions), un archivio digitale gratuito di traduzioni (KABUL digital library), un’associazione culturale no profit (KABUL projects). KABUL opera dal 2016 per la promozione della cultura contemporanea in Italia. Insieme a critici, docenti universitari e operatori del settore, si occupa di divulgare argomenti e ricerche centrali nell’attuale dibattito artistico e culturale internazionale.