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Mario Mieli: una favola transessuale
Magazine, MITO – Part II - Giugno 2019
Tempo di lettura: 8 min
Mariacarla Molè

Mario Mieli: una favola transessuale

Soggettività polimorfe contro l’educastrazione.

Mario Mieli.

 

Enzino: Ma lo spettacolo non comincia?

Stefanacci: Sapete che spettacolo è?

Antonio: Mi hanno detto che è uno spettacolo eterosessuale…una cosa d’avanguardia.

Corrado: Ma questi, che eterosessuali sono?

Gimmy: Credo che siano quelli del gruppo “Evviva la Norma”. È il più forte, il meglio organizzato.11M. Mieli, La Traviata Norma ovvero: vaffanculo…ebbene sì, Edizioni dell’Erba Voglio, Milano, 1977, in S. De Laude (a cura di), Mario Mieli: e adesso, Edizioni Clichy, Firenze, 2016, p. 131.

(Mario Mieli, 1977)

Il dialogo è quello tra gli attori di La Traviata Norma ovvero: vaffanculo…ebbene sì, spettacolo scritto da Mario Mieli, intellettuale, performer e attivista, con cui la compagnia Nostra Signora dei Fiori, dei Collettivi Omosessuali Milanesi, ha debuttato all’Arsenale di Milano nel 1976.

Mario Mieli – Performance fotografica presso Centrale Fies, 2018.

In scena, un gruppo di gay (tra)veste i panni di un pubblico andato a teatro per vedere un avanguardistico spettacolo di eterosessuali. Il mezzo teatrale riesce a restituire tutta l’assurdità della Norma, eterosessuale, maschile e capitalista, con un rovesciamento totale e straniante. Mieli usa il teatro come strumento di sovversione di un’ideologia che ipostatizza l’eterosessualità come istanza normale e normativa, funzionale alla legge del capitale nel suo perpetuare il dominio del maschio, la schiavitù della donna, e nel sostenere il diritto di famiglia, la predominanza del padre e la sottomissione dei figli. Un’ideologia che aliena e limita la sfera privata e la sua libertà, perpetuando una condanna, considerata naturale, all’omosessualità.

Il lessico utilizzato è quello del suo tempo, pienamente funzionale al sogno di emancipazione dal capitalismo e all’attuazione del gaio comunismo, che ha poco a che fare con l’ideologia dei partiti politici tradizionali, e che Mieli avrebbe definito piuttosto come il regno della libertà, attuabile solo attraverso la liberazione dell’eros e del piacere.

Elementi di critica omosessuale, che uscirà nel 1977 per i saggi di Einaudi, come rifacimento della sua tesi di laurea in filosofia morale, può essere considerato il manifesto di questa liberazione (omo)sessuale. Gli Elementi, nella loro interezza, possono essere letti come un lungo esercizio argomentativo che, ora con il lessico della psicoanalisi, ora con le esperienze di militanza, tra neologismi arditi, invettive avvelenate e citazioni colte, si pone come questione la possibilità che l’omosessualità possa prospettare qualcos’altro rispetto alla Norma riproduttiva ancorata al capitale.

https://www.youtube.com/watch?v=De8C1n8-p_8

Profeta della liberazione delle forme dell’eros rigettate e condannate, Mieli formula, come strumento di questa liberazione, il concetto di transessualità, che non ha a che fare con i percorsi di riassegnazione sessuale, ma piuttosto con una forma di riconoscimento della presenza di caratteri maschili nelle donne e di caratteri femminili negli uomini:

«In questo libro, io chiamerò transessualità la disposizione erotica polimorfa e indifferenziata infantile, che la società reprime e che, nella vita adulta, ogni essere umano reca in sé allo stato di latenza oppure confinata negli abissi dell’inconscio sotto il giogo della rimozione».22M. Mieli, Elementi di critica omosessuale, Feltrinelli, Milano, 2017, p. 19.

Mario Mieli, travestito da donna, saluta a pugno chiuso durante la Manifestazione di Sanremo del 1972. Immagine pubblicata su “Fuori”, n. 1, giugno 1972.

Mieli mutua da Freud il concetto di polimorfismo perverso infantile per sostenere la presenza, già nei bambini, di una primigenia disposizione omoerotica e mutevole, una pulsione che verrà quindi inibita, mutilata ed eteronormata. Le perversioni, di conseguenza, ne deriverebbero come rovescio della nevrosi, quando non soffocate dall’educastrazione, neologismo con cui Mieli spiega la condanna sistematica da parte della società, nel suo ricondurre alla Norma ogni forma di devianza, fagocitando ogni espressione della polimorfia originaria dell’Eros.

La transessualità si pone quindi come telos per la liberazione dell’eros nella misura in cui invita alla consapevolezza e al riconoscimento di diversi caratteri e al conseguente abbandono della polarità dei sessi, ormai obsoleta e impraticabile, e contraria alla molteplicità erotica.

Dall’Eros libero e transessuale ne deriva che il sesso liberato non può più essere colto nella particolarità dei ruoli femminile/maschile, attivo/passivo, maschio/checca, ma piuttosto nel loro attraversamento, oscillando da un fuoco all’altro. La proposta alternativa alla Norma sarebbe quindi transessuale, esoterica e schizofrenica, assolutamente altra, contraria a ogni possibilità di normalizzazione.

 

L’acutezza di Mieli è straordinaria se si pensa ai successivi sviluppi delle teorie queer in Inghilterra negli anni ’90, sebbene il suo possa essere definito un queer esperienziale, nato dalla pratica di militanza, e dall’esercizio della dissidenza, piuttosto che un queer teorico di matrice foucaultiana.

Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, edizione Einaudi del 1977.

Il soggetto transessuale in Mieli vanta un elemento di originalità in questo scenario, nel suo riconoscere una valenza euristica alla sessualità − per lo più sussunta o subordinata al genere nella maggior parte delle teorie queer − ponendo le condizioni perché davvero l’omosessualità si profili come qualcosa d’altro.

Con il concetto di transessualità Mieli riesce infatti a tenere insieme una forma di ermafroditismo originario e la pluralità di tendenze dell’eros. L’abolizione della distinzione di genere ne deriva come conseguenza immediata e abbastanza spontanea, sebbene Mieli non ponga mai direttamente la questione di genere, ma la faccia derivare da quella sessuale.

Come protagonista del Risveglio dei Faraoni, autobiografia psichedelica pubblicata postuma contro le sue volontà, Mario-Maria scavalca gioiosamente la distinzione di genere, attuando una trasformazione alchemica dei due sessi, fusi in un’unità superiore, espressione di un’umanità capace di trascendere il capitale e far emerge come genere la risultante di un’alienazione della transessualità intesa come condizione originaria, rimossa o confinata nelle maglie dell’inconscio. Ne deriva una sessualità come unità molteplice di attitudini, e dalla disponibilità erotica amplissima.

Riappropriarsi della ricchezza insita nel concetto di transessualità, per quanto nell’uso corrente sia portatore di un significato assai diverso, può quindi offrire un’eccezionale carica euristica nella produzione di soggettività inedite, con la possibilità di ambire a qualcosa di meglio di una pietistica tolleranza e una progressiva conformità al modello eterosessuale.

In tempi in cui il riconoscimento dei diritti civili sembra il massimo a cui ambire, è necessario recuperare un pensiero utopico nei suoi propositi“…è necessario recuperare un pensiero utopico nei suoi propositi”, appartenente a una tradizione visionaria, che si ponga come scopo il ribaltamento di un sistema, e delle differenze che ha inventato e di cui continua a nutrirsi. Solo la sua sovversione può essere la strada per costruire parentele, relazioni, amori e comunità, che siano alternative concrete a ogni forma di assimilazionismo.

Va in questa direzione il pensiero di Mieli, con una carica rivoluzionaria e non riformista, in difesa dell’estraneità, delle differenze e delle divergenze, che si ponga il compito infinito di esiliare se stessi da ogni forma di controllo e normalizzazione del sé da parte della Norma. Solo attraverso la conquista di uno stato di grazia erotico e a una sperimentazione profonda dell’alterità si può fuggire all’alienazione nel mondo, poiché la vera rivoluzione si compie non appianando le differenze ma eliminando la Norma.

La proposta transessuale fa parte del sogno rivoluzionario di quegli anni.

L’idea di far muovere questa utopia selvaggia dalla liberazione del desiderio è piuttosto problematica, perché risulterebbe fondata su presupposti errati, dal momento che, come ha teorizzato Foucault, il rapporto tra sesso e potere sarebbe ribaltato, e la sessualità in tutte le sue espressioni sarebbe al contrario il prodotto dell’azione del potere sui corpi e sul piacere.33M. Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano, 1978, p. 47.
 Mieli ignora il pensiero di Foucault e nello specifico la sua Storia della sessualità, pubblicata un anno dopo gli Elementi. Ignoranza spiegata da Tim Dean come fortuita circostanza ma che, a partire da alcune dichiarazioni non troppo lusinghiere di Mieli, si può dire derivi piuttosto da una scelta consapevole. Pare infatti che Mieli si trovasse a Parigi durante la presentazione dell’Encyclopédie des homosexualites, scritta da un gruppo di intellettuali e accademici, e che in proposito si esprimesse in questi termini:

«Il contenuto del libro non presenta nulla di particolarmente nuovo: molto radical-chic unito a estremismo verbale, qualche bel cazzo in erezione, fumetti porno-politici e discussioni di gruppo concepite sulla falsariga delle Andy Warhol’s interviews. Il tutto abilmente, anche se non dichiaratamente, combinato in modo tale da garantire il sequestro del libro, da parte della polizia, il giorno stesso in cui esso avrebbe dovuto essere presentato al pubblico. Così, mentre gli autori della Encyclopédie e gli organizzatori del “vernissage” sfuggiti alla polizia si rifugiano in un’università a tenere una conferenza sull’atto di repressione subìto, tra coriandoli, stelle filanti e il plauso unanime di intellettuali ed extraparlamentari che vi si trovano, c’è chi, come me, aspetta alla galleria Vivienne, dove, in base ai programmi, il libro dovrebbe essere presentato, allo scopo di ottenere informazioni precise su quel che è successo. Nel frattempo, alla spicciolata, giungono gli invitati alla presentazione: gente che, sfoggiando sofisticatissime tenute, suscita più l’impressione di una parata del tout Paris che di compagni rivoluzionari».44Paris-FHAR comparso su «Fuori!», n. 10, luglio-agosto 1973. Articolo firmato Mario Rossi, contenuto in M. Mieli, La gaia critica, Marsilio, Venezia, 2019.

L’atteggiamento di Mieli è respingente nei confronti dell’ambiente accademico − accusato di essere portatore di radical-chicchismo e intellettualismo à la page − e ribadisce la volontà di posizionarsi ai margini, nel solco di un’azione politica e culturale che sia critica, radicale, eterodossa e sovversiva. Quella che quindi rischia di essere letta come una lacuna inconsapevole si rivela un esempio prezioso di subcultura saldamente ancorata alla pratica e alla militanza, e di ambizione teorica malgrado Foucault. Con il suo approccio minoritario, Mieli sposta il peso dai presupposti ai contenuti, rivendicando uno spazio per le proposte politiche teoriche animate da una pratica in continua sperimentazione, che sarebbero state obnubilate dal paradigma epistemologico messo su da Foucault, e in seguito diventato imprescindibile.

La proposta transessuale fa certo parte del sogno rivoluzionario di quegli anni infiammato di fede marxista, che oggi suona abbastanza obsoleto, ma la natura profondamente collettiva del piano di ristrutturazione della società cui aspira la rendono ancora esplosiva, per la possibilità di produrre nuove soggettività, nuove relazioni e nuovi desideri.

Mieli in questo scenario diventa una presenza assurda che, con sguardo sardonico e una risata sghemba, mostra tutta la mostruosità della polarità dei sessi, ne incarna la tragicità ribaltandola in una comicità acida e paillettata. Nutrendosi di esperienza diventa esso stesso la possibilità che dal soggetto transessuale sboccino nuove alleanze di sessi, di corpi, di generi e ruoli, e che la Norma diventi un mito dei secoli andati.

Mario Mieli – Performance fotografica presso Centrale Fies, 2018.

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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)

di Mariacarla Molè
  • Mariacarla Molè si è laureata in filosofia del linguaggio e specializzata in semiotica. Si è diplomata a Campo corso per curatori in Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Ha collaborato con AtpDiary. Nel 2019 ha partecipato al modulo Rituals di Unidee curato da Fiamma Montezemolo in Fondazione Pistoletto, di cui ha restituito un testo critico. Ha lavorato all’editing di testi curatoriali, e alla traduzione di testi di catalogo, tra gli altri per il Man di Nuoro. Collabora con Flashart, CameraAustria e Il Manifesto.
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S. De Laude (a cura di), Mario Mieli: e adesso, Edizioni Clichy, Firenze, 2016.
M. Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano, 1978.
M. Mieli, Elementi di critica omosessuale, Feltrinelli, Milano, 2017.
M. Mieli, La gaia critica, Marsilio, Venezia, 2019.