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Il Numogramma Decimale

H.P. Lovercraft, Arthur Conan Doyle, millenarismo cibernetico, accelerazionismo, Deleuze & Guattari, stregoneria e tradizioni occultiste. Come sono riusciti i membri della Cybernetic Culture Research Unit a unire questi elementi nella formulazione di un «Labirinto decimale», simile alla qabbaláh, volto alla decodificazione di eventi del passato e accadimenti culturali che si auto-realizzano grazie a un fenomeno di “intensificazione temporale”?

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Hypernature. Tecnoetica e tecnoutopie dal presente

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Femminismo glitch
Digital Library, March 2021
Tempo di lettura: 15 min
Legacy Russell

Femminismo glitch

Rivendicare lo spazio digitale come culla di cybercultura e teoria estetica queer contro l’apparato cis-etero, bianco e capitalista del mondo AFK.

Tabita Rezaire, “Hoetep Blessing”, 2016. Courtesy the artist.

 

Legacy Russell, artistǝ e curatorǝ newyorkese, conia l’espressione Glitch Feminism (“Femminismo Glitch”) nel 2013, con cui solleva considerazioni su genere e sessualità tramite una lente di natura socio-cultural-tecnologica. Elemento chiave di questo contesto è l’esperienza digitale di tuttз coloro che, fin dall’arrivo nelle case dei primi modem 56k, hanno trovato nella liquidità della rete un habitat ottimale in cui esplorare la propria identità, elevare il proprio corpo materiale al di sopra di definizioni standardizzanti, e formare comunità basate su comprensione e amore.

La rilevanza di tale esperienza risulta evidente quando confrontata direttamente con il mondo offline. Qui, al contrario, l’eteronormatività sistemica promulgata dalla maggior parte dei paesi occidentali e replicata su scala globale continua a negare dignità autopoietica e funzionale a corpi che non ricadano nel canone capital-sociale (bianco, maschio, eterosessuale). Assegnando identità binarie, ruoli e movimenti circoscritti ai corpi al loro interno, tali società si impegnano, anzi, nel creare contesti traumatizzanti per interi gruppi che si rifiutino di sottostare a tali imposizioni, incluse le comunità LGBTQIA+, minoranze etniche, popoli indigeni ecc., le cui libertà e diritti fondamentali vediamo sistematicamente schiacciati.

Ispirandosi al glitch informatico come errore sovversivo capace di imporsi all’interno di macchine pre-settate e in costante movimento produttivo, Russell incoraggia la sua sorellanza (in assenza di parole migliori per indicare il concetto di “siblings”) ad abbracciarne la natura di elemento disturbante. Ciò al fine di evidenziare le patologie inerenti alla macchina capitalista e lottare contro la normalizzazione dei suoi sintomi, tra cui razzismo, sessismo, omofobia e xenofobia.

La presente traduzione offre ai lettori di KABUL Magazine l’Introduzione integrale di Femminismo Glitch, il manifesto di Legacy Russell, a opera di Claudia Contu. Pubblicato da Verso nel 2020, il libro analizza l’attività di diverse personalità del mondo dell’arte contemporanea, tra cui Boychild, Juliana Huxtable, Victoria Sin, Miquela, Sondra Perry, e altrз. Ognunǝ di loro ha trovato casa nel mondo digitale e tra le sue pieghe ha sviluppato linguaggi, estetiche, fantasie e teorie di stampo cyberfemminista. Seppur con modalità diverse, il loro obiettivo risulta simile: intraprendere un distaccamento positivo dalle contraddizioni e violenze che muovono la macchina sociale in cui i nostri corpi di carne e sangue sono immersi IRL – nel mondo “reale”.

 

Introduzione di Claudia Contu


The White Pube, Instagram post, courtesy of The White Pube.

LuvPunk12 è il nome con cui accedevo online durante la mia preadolescenza, e ho speso gli anni seguenti girovagando per le superstrade di una macchina infestata, occupando chatroom e costruendo fantasie in formato GIF su Yahoo GeoCities. Crescendo a St. Mark’s Place, nel centro dell’East Village (New York City), ho imparato a costruire e performare la mia identità di genere osservando i punk che incontravo sull’uscio, le drag queen sul palco di Stingy Lulu che dominavano la scena al festival di Wigstock, nel parco di Tompkins Square, e infine i discendenti della cultura portoricana. Al tempo, tutti loro facevano parte dello zoccolo duro dell’East Village e del Lower East Side della città.

LuvPunk12 divenne un amalgama simbolico di tutto questo flusso. Scelsi il nome quando incrociai la scritta LUV PUNK! su un adesivo a forma di cuore di colore rosso caramella-alla-mela, appiccicato a una cabina telefonica fuori dal mio condominio. Avevo dodici anni. Lo staccai e appiccicai al mio raccoglitore, portandolo come un distintivo, con orgoglio. L’adesivo divenne poi un elemento di radicamento, un ricordo di casa, mentre trasbordavo dentro gli spazi dell’East Village e fuori, oltre, poiché spesso li sentivo alienanti.

Come nickname, LuvPunk12 era una performance in divenire, esplorazione di un’identità futura. Ero un corpo giovane: Black,11In questo testo, celebro l’uso della lettera B maiuscola di “Black”. “Blackness” manterrà la b minuscola con l’intento di fare spazio per il campo ontologico che blackness propone trasversalmente su piani culturali, sociali e politici.
femminile, femme, queer.22NdT: Già nel 1999, alla pubblicazione di Questioni di Genere (titolo originale: Gender Trouble) di Judith Butler, edito in Italia da Laterza, la traduttrice Sergia Adamo scrive, in nota all’introduzione: «Termini come “queer”, “drag”, “butch”, “femme”, “transgender”, “straight”, “girl”, tra gli altri, in questa traduzione sono inseriti nel discorso italiano senza indicazione della loro provenienza dall’inglese (con un corsivo, per esempio). Questo, da un lato, per indicare che sono ormai entrati nell’uso all’interno dei dibattiti sul genere, dall’altro a prefigurare la possibilità di una loro circolazione in italiano ancora maggiore, come segno dell’apertura di un dibattito su questi temi a un livello più ampio» (p. V). La presente traduzione di Femminismo Glitch accoglie le stesse considerazioni e pertanto, anche qui, i termini “Black”, “blackness”, “queer”, “femme”, “drag queen” ecc. saranno mantenuti nella loro forma originale inglese.
Mai una tregua, nessuna grazia. Il mondo intorno a me non mi faceva mai dimenticare quegli attributi identificativi. Ma online potevo essere qualsiasi cosa volessi. E dunque la mia persona dodicenne divenne sedicenne, divenne ventenne, divenne settantenne. Invecchiai. Morii. Tramite storytelling e metamorfosi, risorsi. Reclamai la mia sfumatura. Online trovai il primo punto di contatto con una spavalderia di genere legata a tale ascensione, aspirazione che si trascinava assetata. La mia “femmina” andò incontro a metamorfosi mentre mi preparavo a esplorare “maschio”, a espandere “donna”. Giocavo con dinamiche di potere, confrontandomi con altrз sconosciutз, prendendo potere nel creare nuove identità, scivolando dentro e fuori pelli digitali, celebrando con nuovi rituali di cybersesso. In quelle chatroom, indossavo diverse realtà corporali, mentre la ruota arcobaleno della morte girava in buffering estatico accompagnato dall’eterno sottofondo musicale di un modem 56k.

Tabita Rezaire, “Sorry For Real” video still, 16:58, 2015, courtesy of the artist and Goodman Gallery, South Africa.

Quelle note dolciastre erano pavloviane:33NdT: Riferimento al riflesso pavloviano (o “riflesso condizionato”), elaborato agli inizi del Novecento dallo scienziato Ivan Pavlov nell’ambito degli studi sul comportamento. Pavlov osservò come, venendo esposti a determinati stimoli condizionanti (ascolto di un suono, visione di un oggetto…), sia animali che persone presentassero riflessi incondizionati (dilatamento pupille, elevata salivazione…). In un famoso esperimento effettuato su un cane, Pavlov riuscì ad associare la presentazione di carne all’animale col suono di un campanello. Lo scienziato osservò come, al momento di ascolto del suono, il cane cominciasse a salivare prima ancora di vedere o fiutare la carne, come riflesso incondizionato. La saliva era perciò indotta nel cane da un riflesso provocato artificialmente. Russell utilizza tale metafora per descrivere la propria relazione con Internet: da mero suono artificiale, il modem in attivazione diventa l’artificio anticipatore di un’agognata promessa.
mi facevano salivare in anticipazione dei mondi che si protraevano al di là delle campane. Ero unǝ nativǝ digitale che spingeva attraverso quei paesaggi cibernetici con albeggiante consapevolezza, un potere esercitato timidamente. Non ero ancora abbastanza privilegiatǝ da essere interamente diventatǝ cyborg ma, nell’arrivarci, ero senz’altro su quella strada.

E non ero l’unicǝ.

Lontanз dalla tastiera (lett. away from keyboard, “AFK”), immersз in un East Village rapidamente gentrificato, facce, pelli, identità come la mia e come le comunità miste che mi avevano cresciutǝ stavano lentamente scomparendo. Stavo diventando stranierǝ nel mio stesso territorio“…Stavo diventando stranierǝ nel mio stesso territorio”, rimasuglio di un capitolo passato della città di New York. Famiglie di creativi di colore come la mia, che avevano costruito il paesaggio vibrante del centro di New York, venivano tagliate fuori dai prezzi dei suoi stessi quartieri. All’improvviso e sempre di più, i vicini diventavano bianchi, di ceto abbiente, e visibilmente imbarazzati dalla mia presenza e da quella della mia famiglia. La “vecchia guardia” stava venendo contro la generazione dei figli di fondi fiduciari. I nuovi arrivati erano intrigati dalla mitologia dell’East Village come bastione culturale, ma si mostravano poco interessati a investire (e investirsi) nella lotta necessaria a proteggerne l’eredità.

Oltre l’ingresso di casa, la mia femminilità queer si ritrovò, anche lei, in un passaggio vulnerabile attraverso i corridoi eteronormativi delle medie. Il mio corpo puberale era esausto dai precetti sociali, stanco di venire istruito a prendere meno spazio, di essere visto e non udito, sistematicamente cancellato, tagliato fuori, ignorato. Ciò che volevo di più era muovermi. Ma alla luce del giorno mi sentivo in trappola, in costante e stancante cambiamento sotto il peso dell’incessante scrutinio bianco ed eteronormativo.

Lil Miquela, personaggio fittizio creato come profilo su Instagram nel 2016 da Trevor McFedries e Sara DeCou.

Sotto questa specie di sorveglianza, innocenza reale e gioco infantile vengono improvvisamente meno. Cercai quindi opportunità per immergermi nel potenziale del rifiuto. Cominciai a remare contro la violenza di quella visibilità non consentita, per prendere controllo delle occhiate ricevute e della loro interpretazione del mio corpo. Me ne stavo in piedi su un’intersezione volatile, e questo mi rese ben consapevole del fatto che il binarismo fosse una sorta di finzione. Persino per un corpo queer e Black alle prime armi, una doppia coscienza dubosiana si scheggia ulteriormente. “Doppio” diviene “triplo”. Coscienza amplificata ed espansa dal “terzo occhio” del genere.

shawné michaelain holloway, mirror-mirror_(newGen_TechEdit) blackbitch1.png, 2015, courtesy of the artist.

Guardando attraverso questi veli della razza e del genere, ma senza mai davvero vedere me stessǝ, e con punti di riferimento limitati nel mondo oltre Internet, ero lontanǝ dall’accuratezza di un qualsivoglia specchio. Per il mio corpo, a quel punto, la sovversione avvenne tramite un remix digitale, cercando per quei siti di sperimentazione dove potessi esplorare lǝ verǝ me stessǝ, apertǝ e prontǝ a essere lettǝ da coloro che parlassero la mia lingua. Online, ho cercato di diventare unǝ fuggitivǝ del mainstream, rifiutando di accettarne la limitata definizione di corpi come il mio. Quello che il mondo AFK offriva non era abbastanza. Volevo – esigevo – di più.

Il binarismo di genere è ed è sempre stata una costruzione precaria. Aggressivamente contingente, invenzione immateriale, nella sua viralità tossica ha infettato le nostre narrative sociali e culturali. Per esistere all’interno di un sistema binario, occorre assumere che la nostra identità sia immutabile, che il modo in cui veniamo vistз nel mondo debba essere scelto per noi, piuttosto che essere noi a definire – e scegliere – per noi stessз. Essere a cavallo di un’intersezione di identità femminile, queer e Black vuol dire trovarsi a un apice integrato. Ognuna di queste componenti è una chiave tecnologica in e di se stessa. Insieme e singolarmente, “femmina”, “queer”, “Black” come strategia di sopravvivenza esigono la creazione del loro apparato individuale, che innova, costruisce, resiste. Con il movimento fisico spesso ristretto, le persone che si identificano con il femminile, le persone queer, le persone Black inventano modi di creare spazio attraverso una rottura. Qui, in questa interruzione, con la nostra congregazione collettiva in quel trip e trappola che è l’intersezione tra genere, razza e sessualità, ecco: qui si trova il potere del glitch.

Kia LaBeija, “Eleven”, 2015, photographic print. Courtesy the artist.

Un glitch è un errore, uno sbaglio, un malfunzionamento. In tecnocultura,44NdT: “Tecnocultura” è un neologismo, sviluppatosi nelle accademie americane, che rappresenta l’interazione di politica, tecnologia e cultura nel mondo contemporaneo. Per maggiori informazioni, si veda: Penley C., Ross A. (eds.), Technoculture, University of Minnesota Press, 1991. L’impatto del termine sulla ricerca accademica ha portato alla creazione della rivista online di approfondimento scientifico «Technoculture: An Online Journal of Technology in Society», dove vengono pubblicate opere saggistiche e narrative che esplorano le modalità in cui la tecnologia influisce sulla società.
il glitch è parte di un’ansia meccanica, indicatrice che qualcosa è andato storto. Questa ansia tecnologica incorporata, il qualcosa è andato storto, si riversa naturalmente quando si incontrano dei glitch in scenari AFK: il motore della macchina decide di mollare; trovarsi bloccati in ascensore; un blackout esteso a tutta la città.

Ma ci sono anche altri microesempi nel grande schema delle cose. Facciamo un passo indietro e consideriamo sistemi più ampi e complessi, sistemi che hanno trasfigurato la macchina di cultura e società e di cui il genere è immediatamente identificabile, in tale ruota, come anello principale. Il genere è stato usato come arma contro il suo stesso popolo. L’idea di “corpo” porta con sé quest’arma. È il genere a circoscrivere il corpo, “proteggendolo” dal diventare senza limiti, dal reclamare lo spazio infinito, dal realizzare il suo vero potenziale.

Questo glitch è una forma di rifiuto.

Usiamo il “corpo” per dare forma materiale a un’idea che non ha forma: un assemblage astratto. Il concetto di corpo ospita al suo interno discorsi sociali, politici e culturali che cambiano in base a dove il corpo si trovi e a come venga letto. Quando assegniamo un genere a un corpo, diamo per scontate informazioni relative alla funzione di quel corpo, la sua condizione socio-politica, la sua fissità. Quando viene determinato come individuo maschile o femminile, il corpo recita un copione, guidato da un numero di regole e requisiti che danno valenza e verificano l’umanità di quell’individuo. Un corpo che si ritrae dall’applicazione di pronomi, o che rimane indecifrabile rispetto all’assegnazione binaria, è un corpo che rifiuta di esibirsi secondo copione. Questa non-performatività è un glitch. Questo glitch è una forma di rifiuto.

Nel femminismo glitch, “glitch” è celebrato come veicolo di rifiuto, strategia di non-performatività. Lo scopo di questo glitch è rendere nuovamente astratto ciò che era stato forzato in uno scomodo e mal definito materiale: il corpo. Nel femminismo glitch guardiamo alla nozione di glitch-come-errore, la cui genesi è nel regno del macchinico e digitale. Consideriamo come esso si possa ri-applicare e come possa cambiare il nostro modo di vedere il mondo AFK, dando forma a modalità di partecipazione con cui possiamo ottenere una maggiore libertà di agire [agency] ideata da e per noi stessз. Utilizzando Internet come materiale creativo, il femminismo glitch guarda, prima di tutto, attraverso le lenti dell’artista che, nel proprio lavoro e ricerca, offre soluzioni a questo materiale agitato, turbato, che è il corpo. Il processo di diventare-materiale naviga tensioni in superficie, suggerendo domande come: Chi definisce il materiale del corpo? Chi vi può attribuire valore, e perché?

Victoria Sin, Performance as part of Glitch @ Night curated by Legacy Russell, ICA London, 2017. Photography Mark Blower. Courtesy the artist and Soft Opening, London.

Queste domande sono scomode e pongono grandi sfide. Ci richiedono di confrontare il corpo come struttura strategica impiegata, in particolar modo, per fini ben determinati. Eppure, secondo questa linea d’inchiesta, il femminismo glitch rimane mediazione del desiderio di tutti i corpi simili al mio, che si sviluppano interamente di notte, su Internet. Glitch è consapevole che corpi sessuati [gendered bodies] sono lontani dall’essere “assoluti”. Questi sono, piuttosto, immaginari, fabbricati e mercificati per capitale. Glitch è preghiera attivista, chiamata ad agire mentre lavoriamo per raggiungere fantastici fallimenti, rompendo l’idea di genere come qualcosa di stazionario.

Mentre continuiamo a navigare verso un concetto di genere più vasto e astratto, occorre dire che, talvolta, paradossalmente, sembra davvero che tutto ciò che abbiamo sono i corpi in cui siamo ospitati, sessuati o meno. Sotto il sole del capitalismo, possediamo davvero poco altro e, anche se fosse, siamo spesso soggetti a una complicata coreografia dettata da un sistema istituzionale complesso, burocratico e rizomatico. La brutalità di questo stato di precarietà è particolarmente evidente nella costante aspettativa che, in quanto corpi, riaffermiamo una performance di genere che rientra in un sistema binario al solo scopo di soddisfare le regole di ogni giorno. Come scritto da James C. Scott (scienziato politico e antropologo), «la capacità di lettura [di un corpo diventa] una condizione di manipolazione».55James C. Scott, Lo sguardo dello Stato, edizione italiana a cura di Stefano Boni, trad. Elena Cantoni, Elèuthera, 2019 [1999], p. 183.
Queste aggressioni, indicate come neutrali nella loro banalità, sono invece violente. Quotidiane in natura, ci troviamo a difenderci dall’avanzamento del binarismo di genere, mentre questo si fa largo tra le attività che costituiscono la vita moderna: aprire un conto in banca, richiedere il passaporto, andare in bagno.

Che cosa si intende, dunque, quando parliamo di smantellare il genere? Tale programma è anzitutto un progetto di disarmo ed esige la fine del nostro rapporto con quella pratica sociale che è il corpo per come la conosciamo. Nel romanzo La stanza di Giovanni, opera dello scrittore e attivista James Baldwin, pubblicata nel 1956, il protagonista David elabora un cupo presagio: «Non importa, è solo un corpo, [e] presto sarà finita».66Traduzione propria.
Applicando un glitch, ghostiamo77NdT: Declinazione italiana di “ghosting” (dall’inglese ghost, “fantasma”). Il ghosting è una pratica solitamente relativa a dinamiche sentimentali nel mondo digitale, in cui una persona, con la quale si sta intrattenendo uno scambio di messaggi o telefonate, tronca improvvisamente la comunicazione, scomparendo e ignorando ogni ulteriore tentativo di comunicazione.
l’idea di corpo sessuato e ne acceleriamo la fine. Ciò, di conseguenza, ci presenta infinite possibilità per esplorare processi di disidentificazione. Disidentificandoci, possiamo fare a botte con il problema del corpo seguendo le nostre regole.

Il femminismo glitch ci chiede di guardare alla società terribilmente imperfetta in cui esistiamo e di cui siamo partecipi. Si tratta di una società che, inesorabilmente, ci chiede di fare scelte fondate su una concezione di binarismo di genere che ci limita come individui. Il femminismo glitch ci spinge a considerare l’intermedio [in-between] come elemento chiave del sopravvivere (né maschile né femminile, né maschio né femmina, ma uno spettro [spectrum] tra cui scegliere e in cui possiamo avere diritto di definirci da solз). Il glitch, quindi, crea una fessura in cui manifestare nuove possibilità di essere e diventare. Fallire, ovvero rifiutarsi di funzionare nei confini di una società che ci ha abbandonatз, è un rifiuto necessario e mirato. Il femminismo glitch dissente e spinge contro il capitalismo.

Legacy Russell, #GLITCHFEMINISM, 2018, video still. Courtesy the artist.

Come femministз glitch, questa è la nostra politica: noi rifiutiamo di essere limitatз nella pelle egemonica di un corpo sessuato. Questo fallimento calcolato porta la violenza della macchina socio-culturale a singhiozzare, sospirare, rabbrividire, ripararsi. Vogliamo nuove strutture e vogliamo una nuova pelle per stare in queste strutture. Il mondo digitale rappresenta un potenziale spazio in cui ciò può accadere. Attraverso il digitale, il corpo “glitchato” incontra la propria genesi. Accogliere il glitch è quindi un atto partecipativo che sfida lo status quo. Crea una patria per coloro che attraversano le intricate vie della diaspora di genere. Il glitch è per tutti coloro che si immergono nell’intermedio felicemente, viaggiando lontano dalle riserve di genere loro assegnate in origine. La continua presenza del glitch genera uno spazio accogliente e protetto in cui innovare e sperimentare. Il femminismo glitch richiede l’occupazione del digitale come requisito per costruire mondi“…Il femminismo glitch richiede l’occupazione del digitale come requisito per costruire mondi” [“world-building”]. Ci dà l’opportunità di generare nuove idee e risorse per una continua ri/e-voluzione di corpi che possano, inevitabilmente, muoversi e cambiare più in fretta che non in usanze AFK, o nelle società che le producono, sotto cui siamo costrettз a operare offline.

Con quel primo avatar, LuvPunk12, ho vestito la pelle del digitale, professando discorsi politici attraverso il mio personale e infantile gioco di genere, viaggiando senza passaporto, prendendo spazio, amplificando la mia queer Blackness. Per me, questa esperienza di macchinico ammutinamento è stata fondamentale. Mi ha dato il coraggio per abbandonare l’incertezza che spesso arriva insieme alla paura di fossilizzarsi in una certa formazione intrinseca a ogni terremoto adolescenziale. Grazie a quegli interventi, ho trovato una famiglia e fede nel futuro, mentre plasmavo la mia personale visione di un’identità che era in grado di trovare forza proprio nell’essere autodefinita. Istanza di futurità, questa, che il decoro sociale nega regolarmente per un corpo queer e Black.

La scrittrice e attivista femminista Simone de Beauvoir è famosa per aver affermato «Donna non si nasce. Lo si diventa». Il glitch postula: Corpo non si nasce. Lo si diventa. Anche se l’artificio di una Shangri-La99NdT: Shangri-La è una città immaginaria creata dallo scrittore orientalista inglese James Hilton in Orizzonte Perduto (1933). Nel libro, la città è descritta come vera e propria utopia, isola felice e distaccata dal mondo terreno. Gli abitanti di Shangri-La vivono per centinaia di anni e la loro facoltà di invecchiamento è vistosamente rallentata rispetto alla norma. Si tratta di un luogo fortemente ispirato ad altri posti simili riscontrati in antiche scritture tibetane e i cui valori ricordano precetti riscontrabili nella filosofia buddhista.
digitale (un mondo online dove poter essere tuttз finalmente “liberatз” dalla morsa del genere, come sognato dalle prime cyberfemministe) risulti ormai bucato, Internet resta comunque un contenitore in cui realizzare il proprio “divenire” [becoming]. Il glitch è un passaggio attraverso cui il corpo passa per giungere alla liberazione, uno strappo nella maglia del digitale.

Questo libro è per coloro che si trovano in viaggio per diventare i propri avatar, coloro che continuano a giocare, sperimentare e costruire su Internet come mezzo per rafforzare il nodo tra online e AFK. Questo libro chiamerà e celebrerà artistз che fanno della critica del corpo il motivo principale della loro ricerca, e condividerà le stanze per la cui creazione in questo percorso si è tanto lottato, mentre chiediamo riparo, sicurezza e futuro. Per citare il poeta, critico e teorico Fred Moten: «La norma è un effetto postumo, una risposta all’irregolare».1010Traduzione propria.

Come femministз glitch, iniettiamo le nostre irregolarità positive come errori di sistema, attivando nuove architetture attraverso questi malfunzionamenti, indicando e celebrando la scivolosità del genere nei nostri viaggi selvaggi e strani.

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di Legacy Russell
  • Legacy Russell è curatrice, scrittrice e artista. Nata e cresciuta a New York, lavora come Associate Curator of Exhibitions presso The Studio Museum in Harlem. La sua ricerca accademica, artistica e curatoriale indaga il genere, la performance, l'idolatria di Internet e i rituali associati ai nuovi media.