Un modo di essere architettonico: spazi impreparati per interventi poetici.
La Gaia Scienza, Notte sui tetti, azione parte di “Iniziative di ii”, 1977.
«Come si può oggi aggredire una città, Roma in particolare, così disgregante, così inafferrabile, se non contando su una disseminazione inavvertita, se non puntando su una deflagrazione senza senso? Di qui le “iniziative di ii”, per la capitale, tra il 20 ed il 30 di dicembre 1977, lungo un tracciato di ragnatele, di distrazioni, di ombre, aventi per anello di congiunzione una serie di ii candidi e scatenati, caparbi e dolci».11Giuseppe Bartolucci,Iniziative di ii, «Bollettino del Beat 72», n. 3, 1977.
L’intento di questo testo è quello di dissotterrare e portare alla luce una storia, quella delle Iniziative di ii, che si svolge nell’Italia degli anni ’70, per comprendere a fondo il senso degli interventi realizzati, sempre Roma, dall’8 al 19 maggio 2021.
Questa ricerca, condotta su materiali d’archivio, prende le mosse da una figura, quella di Simone Carella, artefice insieme ai compagni Ulisse Benedetti e Franco Cordelli delle Iniziative di ii apparse nel 1977 come serie di azioni non autorizzate.
Carella è stato regista, autore, animatore culturale e factotum della scena romana legata all’avanguardia teatrale degli anni ’60 e ’70. Trasferitosi a Roma giovanissimo, comincia a frequentare la scena artistica e le gallerie della città, stringendo un forte sodalizio con la galleria L’Attico di Fabio Sargentini, dove presta il suo aiuto in occasione di mostre, festival musicali e di danza. Improvvisandosi organizzatore di concerti, nel 1971 Carella si presenta a Ulisse Benedetti, fondatore del Beat 72, piccolo centro sperimentale (uno scantinato) dedicato al teatro e alle discipline più eterogenee. Collocato in via Belli e chiamato inizialmente l’Anti-Piper, il Beat accoglieva figure legate a spettacoli più tradizionali (tra le varie, Carmelo Bene), trasformandosi saltuariamente in una discoteca alla portata di tutti per garantire il proprio sostentamento.
Dopo l’organizzazione dei Lunedì della musica moderna e contemporanea, Carella diviene in poco tempo parte attiva nella programmazione, proponendo sia spettacoli personali che lavori di altre compagnie e autori, come La Gaia Scienza, Memè Perlini, Giuliano Vasilicò e Rossella Or. Perno centrale nell’universo carelliano, la poesia ci consente di presentare la figura di Franco Cordelli. Scrittore e critico teatrale, rappresenta, insieme a Giuseppe Bertolucci, Franco Quadri e Nico Garrone, un personaggio di riferimento, sostenitore ma anche collaboratore di Carella nella costruzione di programmi e stagioni teatrali. Insieme, infatti, non solo organizzano le Iniziative di ii, ma anche il successivo Festival Internazionale dei Poeti di Castelporziano (1979) e la precedente rassegna Il sabato della poesia (1977), esperienza raccolta poi nel libro di Cordelli22Franco Cordelli, Il Poeta Postumo, Lerici Editore, Milano, 1978. , Il Poeta Postumo.
Simone Carella e Allen Ginsberg durante il Festival Internazionale dei Poeti di Castelporziano, 1979.
Le informazioni che ci permettono di ricostruire almeno parzialmente la storia delle Iniziative di ii provengono tutte dalle parole dei protagonisti summenzionati, a supporto di un agire collettivo. Nel 1977, il Beat 72, dopo aver rimosso il tradizionale spazio platea-palcoscenico, ritiene che si sia esaurita la forza radicale dei teatri indipendenti, incitando la loro chiusura (momentanea) per il propagarsi nella città eterna.33Giuseppe Bartolucci, Ulisse Benedetti, Simone Carella, Franco Cordelli (a cura di), La città del teatro (dal 16 al 23 dicembre 1977) iniziative di ii, «Bollettino del Beat 72», n. 3, 1977. Si tratta di un momento storico articolato, in cui la grande verve sperimentale distribuita nei vari spazi indipendenti della città sta per cedere il passo al nemico teatro della scena ufficiale.
“Iniziative di ii”, locandina del festival che omaggia l’omonima stagione teatrale organizzata dal Beat 72, 2021.
Nel viaggio continuo e intermittente di nove giorni, insieme ai nomi sono protagonisti gli spazi. Si tratta nel complesso di un grande lavoro attuato sul potere immaginifico dei luoghi prescelti, tutti caratterizzati da storie ed esperienze disposte a essere arricchite nuovamente. I titoli inafferrabili dei singoli episodi infondono un’aria di vaghezza suscitando un senso di inaspettato stupore.
Con Approssimando la sera, Del Re e Nesbit si recano a Orte. La gita nella campagna della periferia, effettuata su un piccolo pullman, è uno spettacolo destinato a pochi. L’evento è descritto anticipatamente nella stessa mattinata in un intervento di Franco Cordelli su «Paese Sera», che funge al contempo da recensione e testo dello spettacolo.44Franco Cordelli, Il teatro recita se stesso lontano dalla pazza folla, «Paese Sera», 16 dicembre 1977.
Una notte sui tetti si svolge in due spazi separati, sottolineando l’ambivalenza tra pubblico e privato, all’interno di uno stesso edificio sulla Flaminia. Nell’appartamento dipinto di blu, La Gaia Scienza propone un confronto tra la vecchia e la nuova scuola attoriale, che si esaurisce in una serie di volontà di intenti molto distanti tra loro. L’evento culmina con grandi salti e corse sul terrazzo condominiale trasportando in mano neon luminosi.
La domenica, durante la partita Roma-Genova, nell’intervallo tra un tempo e l’altro, accade qualcosa. Mario Romano attraversa il campo da calcio portando un palo argentato sulla cui cima è posto un radar: si tratta metaforicamentedi un raccoglitore magnetico di immagini (un lungo palo di ferro con una piastra circolare al termine dell’asta) che assorbe quanto possibile e fugge via prima dell’inizio del secondo tempo.
l’io teatrale si è dimostrato essere un bluff
Dino Giacalone mentre cerca di buttarsi dal cavalcavia, azione parte di “Iniziative di ii”, 1977.
Nello spazio del night club Number One, Teatro Oggetto, grazie all’intervento di un blackout, mette in scena una performance basata sull’indistinzione dei corpi: al calare del buio, i ruoli e gli abiti delle figure presenti si mescolano e sostituiscono. Sul cavalcavia di Tor Di Valle, Dino Giacalone resta immobile, in attesa del passaggio di un camion su cui lanciarsi; per la grande paura non riesce a compiere l’azione, e il suo intervento si trasforma così in una metafora del fallimento. Lo stesso giorno, Gianni Dessì occupa lo spazio della stazione di San Pietro per dare forma a uno spettacolo di poesia visiva in cui si intrecciano lettere, parole e targhe luminose, che divengono parte del ritmo del cammino non appena vengono pronunciate. A San Lorenzo, all’interno del Pastificio Cerere, Il Carrozzone presenta Ombra diurna, uno scontro tra corpi femminili e maschili, nudi e vestiti, che si distruggono a morte, mentre il muro crolla in un grande fragore. Alla piscina del Foro Italico sedici ragazze si lasciano osservare dietro le grandi vetrate mentre si tuffano e riemergono dall’acqua. A conclusione, la Santa Messa del papa raccoglie tutti insieme i partecipanti.
Com’è possibile desumere da queste brevi descrizioni, gli spettacoli realizzati hanno tutta l’aria di eventi inafferrabili, dai tratti ambigui e confusi. In un articolo comparso su «Paese Sera» il 29 dicembre 1977, Cordelli sostiene che, una volta terminata l’intera iniziativa, «l’io teatrale si è dimostrato essere un bluff». La proliferazione di questi contenuti incerti è infatti tuttalpiù generata dalla comune necessità di rivendicare una possibilità di agire. Gli spazi prescelti non acquisiscono radici, non si impregnano di ricordi nel territorio urbano, ma costituiscono, tutti insieme e per un tempo determinato, l’architettura di una temporanea città utopica. I teatri-cantine – perché in quegli spazi si trovavano – tacciono, mentre Roma diviene uno spazio totale. Lo spettro del teatro si colloca quindi nei luoghi meno adatti, ma se pensiamo – come Carella – che ciò che conta è l’idea teatrale, il teatro che si può solo pensare, allora le Iniziative di ii del 1977 risultano attuali ancora oggi. Ciò che vale la pena fare emergere è una disponibilità politica ad accettare tutto, oltre al bisogno collettivo di riflettere e analizzare i processi artistici per quello che sono e per come si manifestano.
Per comprendere il clima culturale in cui si svolgono le Iniziative di ii occorre contestualizzare il festival organizzato dal Beat 72 all’interno di una cornice più ampia, quella della cosiddetta Estate Romana. Inaugurata nel ’77 dall’allora trentacinquenne assessore alla cultura Renato Nicolini, la manifestazione ha inizio con la rassegna cinematografica Cinema Epico all’interno della basilica di Massenzio. Esperienza di contaminazione tra cultura alta e bassa e tra spazi eterogenei, l’Estate Romana trasforma lo sfondo e il panorama di Roma attraverso interventi minimi e anti-architetture reversibili, contribuendo a costruire una nuova immagine della città. La “stagione dell’effimero” – così identificata successivamente – segue un programma politico e architettonico ben preciso. Insieme all’allora sindaco Giulio Carlo Argan, la volontà della giunta cittadina non è soltanto quella di superare la divisione tra centro e periferia, ma di eliminare le logiche restrittive del centro storico attraverso forme di urbanistica immateriale come feste ed eventi:
«Nella Roma di fine anni Settanta si è consumata un’esperienza effimera capace di divenire simbolo su scala globale (o almeno occidentale)? […] Credo che una delle risposte più convincenti la suggerisca indirettamente lo stesso Nicolini. Ovvero che l’Estate Romana sia riuscita a inventare un nuovo dispositivo identitario. Valido per Roma, certo, ma anche per le altre città occidentali di fine Novecento. Perché emerse allora “una città che, almeno un poco, era la casa di tutti, e in questo modo ti faceva sentire di meno la limitazione sociale di un’abitazione povera, insufficiente, in periferia”. […] Una città effimera che ridisegnava i conflitti d’uso e di accesso allo spazio pubblico. Una macchina spettacolare che superava le distanze tra luoghi monumentali e spazi marginali. Una potente rappresentazione postmoderna che metteva in scena la crisi delle categorie tradizionali della politica».55Francesco Bartolini, Effimero Globale, contributo per il blog di Léa-Catherine Szacka Effimero: or the Postmodern Italian Condition, 2014.
Si tratta dunque di costruire un nuovo modo di essere architettonico66Vittorio Gregotti, Il territorio dell’architettura, Feltrinelli, Milano, 2014, p. 109. , in cui corpi ed edifici si fondono per individuare uno spazio mancante, in altre parole ci troviamo di fronte al tentativo di agire contro un’eredità pesante, di marmo. Protagonisti di queste azioni sono stati i cantieri descritti: spazi poetici in cui era possibile fare qualcosa. Seppur nella loro incompiutezza, contenevano una promessa e un dispositivo che prevedeva anche l’attivazione di un’estetica. Un’estetica che, nelle intenzioni degli autori, lascia emergere una necessaria astensione dal giudizio allo scopo di sostenere un ripensamento dei prodotti e delle attitudini di un’intera epoca.
"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)
di Lisa Andreani
Curatrice e critica d’arte. Vive e lavora a Roma. Dal 2020 è coordinatore curatoriale ed editoriale all'interno del MACRO - Museo per l’Immaginazione Preventiva, sotto la direzione artistica di Luca Lo Pinto. Lavora come archivista per l'Archivio Salvo ed è parte del Comitato Scientifico. Nel 2019 ha preso parte al programma di ricerca Global Modernism Studies all'interno della Bauhaus Dessau Foundation. Nello stesso anno ha cofondato, insieme a Simona Squadrito, REPLICA, progetto di ricerca dedicato ai libri d'artista.
Bibliography
Giuseppe Bartolucci,Iniziative di ii, «Bollettino del Beat 72», n. 3, 1977.
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