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Il Numogramma Decimale

H.P. Lovercraft, Arthur Conan Doyle, millenarismo cibernetico, accelerazionismo, Deleuze & Guattari, stregoneria e tradizioni occultiste. Come sono riusciti i membri della Cybernetic Culture Research Unit a unire questi elementi nella formulazione di un «Labirinto decimale», simile alla qabbaláh, volto alla decodificazione di eventi del passato e accadimenti culturali che si auto-realizzano grazie a un fenomeno di “intensificazione temporale”?

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Hypernature. Tecnoetica e tecnoutopie dal presente

Avery Dame-Griff, Barbara Mazzolai, Elias Capello, Emanuela Del Dottore, Hilary Malatino, Kerstin Denecke, Mark Jarzombek, Oliver L. Haimson, Shlomo Cohen, Zahari Richter
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Dinosauri riportati in vita, nanorobot in grado di ripristinare interi ecosistemi, esseri umani geneticamente potenziati. Ma anche intelligenze artificiali ispirate alle piante, sofisticati sistemi di tracciamento dati e tecnologie transessuali. Questi sono solo alcuni dei numerosi esempi dell’inarrestabile avanzata tecnologica che ha trasformato radicalmente le nostre società e il...

I corpi psicotropi di Dioniso
Magazine, CAOS - Part II - Settembre 2022
Tempo di lettura: 24 min
Sara Paqu Bresciani

I corpi psicotropi di Dioniso

Ritualità e techno-psichedelia per rendere abitabile l’Assoluto.

Inka Essenhigh, Rave Scene, 2022. Enamel on canvas. Courtesy of the artist and Miles McEnery Gallery.

 

Questo saggio si propone di dimostrare come l’utilizzo di sostanze psicoattive, inquadrato in un contesto di applicazione dai tratti riconoscibili, regolamentati e riproponibili nel tempo, ossia nell’ambito di un rito, costituisca uno strumento influente nel raggiungimento di uno stato di trance11Nel corso dello scritto si utilizzerà il lemma trance, lasciando invariata l’espressione transe quando citata da altri autori.
o “coscienza esplosa”, e conseguentemente nel superamento del pensiero dicotomico. Per sostanziare l’argomentazione, si prenderanno in considerazione come campi di indagine le ritualità del dionisismo greco misterico e quelle dell’attuale dionisismo postmoderno techno, rappresentate dal dispositivo dei rave o free parties. Partendo dal presupposto per cui la trance è un fenomeno universale che «corrisponde a una disposizione psicofisiologica innata nella natura umana»,22 Gilbert Rouget, Musica e transe, Einaudi, Torino, 2019, p. 11.
e in quanto tale attraversa spazio, tempo e culture, emergendo in svariate latitudini geografiche e collocandosi su una vasta linea cronistorica, il focus su queste specifiche manifestazioni della possessione estatica si giustificherà con la volontà genealogica «di scoprire, o di riscoprire, le vie di una transe liberatrice di un inconscio che non è un serbatoio di fantasmi, ma di desideri e di progetti».33Georges Lapassade, Dallo sciamano al raver. Saggio sulla transe, Jouvence, Milano, 2020, p. 41.

L’esplosività e il caos della coscienza vengono infatti, all’atto del vivere quotidiano, tenuti a bada attraverso i cosiddetti «ordinatori», ossia princìpi normativi della realtà ai quali è affidato il compito di organizzare l’esperienza del soggetto mediante l’iscrizione nel corpo di modelli di relazione sociale. In altri termini, la coscienza si struttura e, nello stesso tempo, rimane imbrigliata in sovrastrutture cognitive che danno forma alla percezione del proprio e dell’altro da sé,44Stefania Consigliere, Antropo-logiche. Mondi e modi dell’umano, Colibrì, Milano, 2014, p. 252.
fino a quando l’ingresso nel portale estatico sancisce l’inizio del dominio di Dioniso. Prende qui avvio: 

«[…] Un’esperienza affettiva e cognitiva diversa da quella vissuta nello stato ordinario di coscienza, […] un nuovo e temporaneo sistema dotato di proprietà uniche sue proprie».55Gilberto Camilla, Prefazione, in Lapassade, cit., p. XV.

Lasciate alle spalle le modalità dell’ordinario, la logica aristotelica, aggrappata ai princìpi di identità e non contraddizione, si piega qui sotto il peso del gioco sfrenato, dell’ambiguità del semidio. 

«[…] L’alterità di Dioniso deriva anche dal fatto che attraverso la sua epifania, tutte le categorie ben separate, tutte le opposizioni nette che danno alla nostra visione del mondo la sua coerenza, invece di rimanere distinte ed esclusive, si richiamano, fondono, passano le une nelle altre […]».66Massimo Fusillo, Il dio ibrido. Dioniso e le Baccanti nel Novecento, il Mulino, Bologna, 2006, p. 30.

Il totale smarrimento di sé garantito da Dioniso permette quindi di accedere all’orizzonte altro della struttura metafisica del reale, incontaminato dalle limitanti categorie cognitive umane. Questo non implica una condizione ascetica di rinuncia, ma al contrario la volontà di abbracciare ogni opposizione: maschile e femminile, corpo e mente, gioventù e vecchiaia, animalità e civiltà, vita e morte, tutto ciò viene vissuto insieme, senza prima né dopo, con pienezza sconvolgente in ogni estremo.77Giorgio Colli, La sapienza greca, vol I, Adelphi, Milano, 1977, p. 15.
 

«Tutto si gioca qui, nell’esistenza presente. Il desiderio di liberazione […] non si esprime nella speranza in una vita più felice dopo la morte, bensì nell’esperienza in seno alla vita di una dimensione altra, di felice alterità […]».88Pierre Vidal-Naquet, Dioniso nelle Baccanti di Euripide, in Vernant e Vidal-Naquet, Mito e tragedia due. Da Edipo a Dioniso, Einaudi, Torino, 1991, pp. 228-230.

Dioniso custodisce strumenti conoscitivi che gli permettono di esperire le opposizioni dell’esistenza senza che esse siano precedentemente andate incontro a un superamento dialettico, e garantisce ai propri adepti l’accesso a questi stessi strumenti nella misura in cui essi siano disposti a mettere a repentaglio il proprio io.

Su queste premesse, si tracceranno qui i contorni di un’estasi che non è effimera e puntuale, ma radicale e funzionale a sfidare i limiti asfittici del pensiero logico e dicotomico. 

«Per transe è da intendersi null’altro che uno stato modificato di coscienza ritualizzato e istituzionalizzato».99Camilla, cit., p. XV.

Il potenziale catartico e terapeutico abilitato dalla trance di cui ci interessiamo inizia a emergere proprio a partire dal culto di Dioniso in Grecia, rappresentante di una nuova fase dello sviluppo della trance, della sua produzione, della sua istituzione.1010Vidal-Naquet, cit., p. 39.
Nella cultura greca antica, i domìni presidiati da Dioniso «non rimangono […] solamente paradigmi, narrazioni attraverso le quali promuovere valori religiosi e sociali»,1111Matteo Colombani, Lo spettro di Dioniso nell’underground. Prolegomeni a una trance contemporanea, Mimesis, Milano, 2019, pp. 30-32.
ma prendono forma in un’esperienza collettiva e celebrativa. È qui che per la prima volta l’estasi assume una dimensione sociale e collettiva: diviene un analizzatore (analyseur) delle società.1212Lapassade, cit., p. 45.
In Lapassade, il termine viene a indicare un comportamento che «obbliga alla manifestazione di una verità sociale, di una situazione fino a quel momento tenuta nascosta o insufficientemente conosciuta dagli individui»,1313René Lourau, Pour une théorie des analyseurs (fragments), «Connexions», 1973, pp. 115-152 .
laddove l’analista, contrapposto, propone un’analisi istituzionale riconosciuta e accettata dai padroni.

Volendo fare un esempio, in Grecia lo schiavo è analizzatore, laddove è analista Aristotele. Quest’ultimo non può comprendere che lo schiavo espone la verità della società analizzata, nella misura in cui l’emergenza del non-detto passa per la rivelazione, più che del materiale inconscio conseguente alla rimozione, di un materiale preconscio, precedentemente cristallizzato dalla repressione sociale del corpo. La necessità della trance diventa dunque spia di una società malfunzionante, che reca disagio a chi la abita,

«[…] La sola presenza del corpo in transe in una società semina il dubbio sulla serietà dell’ideologia dominante o dell’organizzazione libidinale del gruppo. Le istituzioni cominciano così a svelarsi nelle relazioni che stabiliscono con gli analisti e con i rivelatori».1414Lapassade, cit., pp. 46-47.

Ora, «la realtà dell’analizzatore risale all’Antichità, all’epoca dell’opposizione tra Dioniso, il dio della transe e degli schiavi, e Apollo, il dio dei padroni e della razionalità analitica».1515Ibid.
È quindi nei culti bacchici e dionisiaci che per la prima volta la trance assume significato erotico-politico e il valore critico di analizzatore sociale. I free parties raccolgono il testimone e, manifestando Dioniso a cadenza ricorrente, insieme denunciano e spurgano le magagne del sistema corrente.

«Si potrebbe pensare il rave come un dispositivo pirata di terapia sperimentale, […] una risorsa di cui servirsi lungo un cammino orientato alla riappropriazione del rimosso, nel quale l’individuazione che sorregge le forme di potere si sospende e la potenza dell’indeterminato […] torna a manifestarsi […] nel conflitto materiale del presente, ovvero nei corpi di chi attraversa il divenire molteplice e dissonante della società».1616Colombani, cit., p. 49.

In un’ottica più a lungo termine, ci si auspica che questo nuovo, cangiante volto assunto dalla divinità non costituisca che l’anello di congiunzione con una modalità finale, liberata dal marchio dell’oppressione. Così:

«È possibile immaginare una transe libera, liberata dalla sua schiavitù storica e culturale. Questa transe non sarebbe più una conseguenza passiva della neotenia umana, ma l’agente attivo del suo prolungamento. Contribuendo al ringiovanimento della specie umana, essa sarebbe uno dei mezzi per realizzare nell’avvenire un tipo d’uomo che sia in armonia con quella che è la nostra incompiutezza».1717Lapassade, cit., pp. 46-47.

 

Autocavie, corpi in lotta e riti psicotropi 

Ora, è bene ribadire che nella trance «è il corpo-linguaggio a essere geopoliticamente decostruito nelle sue sintassi di potere».1818Francesco Macarone Palmieri, Free Party: Technoanomia per delinquenza giovanile, Meltemi, Sesto San Giovanni, 2002, p. 12.
In altri termini, il potenziale di emancipazione cognitiva della trance ha chiare radici nella stimolazione corporea

«I riti sono processi dell’incarnazione, allestimenti corporei. Gli ordini e i valori in vigore in una comunità vengono fisicamente esperiti e consolidati. Vengono iscritti nel corpo, incorporati, cioè interiorizzati mediante il corpo. Così i riti creano una conoscenza e una memoria incarnate, un’identità incarnata, un legame incarnato. La comunità rituale è una corporazione (Körperschaft)».1919Byung-Chul Han, La scomparsa dei riti. Una topologia del presente, Nottetempo, Milano, 2021, pp. 22-23.

I fattori caratterizzanti lo stato estatico, secondo la partizione tradizionalmente accettata da antropologə ed etnologə, sono musica, danza, stato modificato di coscienza (SMC) e sostanze alteranti. Rifacendoci alla teoria di Rouget secondo cui la musica e conseguentemente la danza hanno il ruolo di regolare la trance, più che indurla, e considerando la coscienza esplosa come un effetto, più che una causa, mettiamo qui a fuoco il contributo significativo dell’assunzione di sostanze psicotrope nell’attivazione dei dispositivi da noi presi in analisi.

Tanto i culti dionisiaci greci quanto il dispositivo rave possono essere considerati, nonostante notevoli variabili diacroniche, un «laboratorio segreto dove sperimentare con piaceri stupefacenti».2020Enrico Petrilli, Notti tossiche. Socialità, droghe e musica elettronica per resistere attraverso il piacere, Meltemi, Sesto San Giovanni, 2020, p. 199.
Questi sistemi abilitano infatti una «democratizzazione dell’alterazione psicofisica»,2121Ibid.
nella misura in cui la quasi totalità dei presenti assume almeno una sostanza psicoattiva, che catalizza il processo di uscita da sé e, agendo in maniera diretta sui freni inibitori, permette di raggiungere un piano altro di realtà e di «divenire bambino»,2222Ibid.
ossia accedere a quel bacino di energia multiforme, brillante e non teleologica che va perdendosi nell’età adulta, trasformando il corpo dell’adeptə in campo di sperimentazione

Attraverso l’esperienza psichedelica rituale antica o per tramite della «botta» chimica prodotta dalle più comuni party drugs – su tutte MDMA, mephedrone, ketamina, cocaina, speed –, le individualità umane intese come «isole universo», tra le quali «la comunicazione è spesso incompleta, talvolta non esistente»,2323Aldous Huxley, Doors of Perception, Harper Collins, New York, 2009, pp. 15-17.
tornano arcipelago tramite uno spostamento nella modalità di coscienza. L’individuo atomizzato si ricostituisce in un Tutto organico e prende parte a una danza dei sensi svincolata da poteri imposti dall’alto, preoccupazioni del quotidiano, categorie cognitive ordinarie, che rimangono invece relegate su un differente piano di percezione. 

L’«organizzazione sociale del dispiacere»,2424Petrilli, cit., p. 26.
istituita dalla morale dominante, e la guerra illuminista all’apparentemente irrazionale jouissance toxicomanique, manifestatesi in tutta la modernità attraverso meccanismi di patologizzazione, criminalizzazione e panico morale, diventano il negativo su cui si stagliano le gioiose sperimentazioni degli e delle abitanti della notte, padronə del limite. Attingendo a espressioni e campi semantici foucaultiani, l’assunzione di sostanze nel contesto di ritualità dionisiache e rave parties può essere fatta rientrare nei processi di (contro)2525Aggiunta non foucaultiana emersa nel dibattito contemporaneo per segnalare in maniera più diretta i processi di resistenza dell’io.
soggettivazione2626Michel Foucault, L’ermeneutica del soggetto: corso al Collège de France 1981-82, Feltrinelli, Milano, 2003, p. 17.
, intesi come atti del soggetto verso di sé, fondamento di un’etica basata sull’autogoverno tesa a resistere alle forze che militano «contro le lusinghe dell’identità».2727Tim Dean, The Biopolitics of Pleasure, «South Atlantic Quarterly», 2012, p. 486.
Il corpo, benché modellato dalle tecnologie del potere, diviene in questi contesti uno spazio di rottura.

Il piacere rappresenta un mezzo per attuare un lavoro attivo verso forme di vita più creative, sfumate, autocoscienti, in una lotta contro il regime disciplinare vigente e contro il «nemico interiore»2828Tiqqun, Échographie d’une puissance, «Tiqqun», 2, 2015, p. 223.
della coerenza del sé.

Oltre la criminalizzazione e la demonizzazione mediatica, oltre la funzione escapista, edonistica o di annullamento del taedium vitae, sia nel ruolo di semplici attivatori che di veri e propri indispensabili attori non-umani protagonisti di un rituale pagano, gli induttori chimici rivestono dunque, in definitiva, un ruolo attivo e fondamentale nella pars construens della trance e dell’esperienza magmatica del tessuto del reale.

Entriamo ora nello specifico della ritualità soggiacente all’assunzione di sostanze alteranti nell’ambito delle celebrazioni dionisiache. 

Affresco della Villa dei Misteri a Pompei, raffigurante un rito di iniziazione a Dioniso.

Nell’Antica Grecia, il rituale dei Misteri Eleusini prevedeva che al termine di un lungo percorso di espiazione e preparazione gli iniziati, riuniti nel telestèrion del santuario di Eleusi in Attica, bevessero una «pozione sacra»2929Albert Hofmann, Gordon Wasson, Carl Ruck, The Road to Eleusis, North Atlantic Books, Berkeley, 2009, p. 19.
che avrebbe stimolato in loro un’ineffabile esperienza mistico-visuale, l’epopteia. L’inno a Demetra, composizione omerica di notevole importanza storiografica per la documentazione del rito, ce ne illustra gli ingredienti:3030Omero, Inni, trad. di Filippo Càssola, Mondadori, Fondazione Lorenzo Valla, Verona, 2006, p. 55.

τῇ δὲ δέπας Μετάνειρα δίδου μελιηδέος οἴνου πλήσασ’, ἡ δ’ ἀνένευσ’· οὐ γὰρ θεμιτόν οἱ ἔφασκε

πίνειν οἶνον ἐρυθρόν, ἄνωγε δ’ ἄρ’ ἄλφι καὶ ὕδωρ

δοῦναι μίξασαν πιέμεν γλήχωνι τερείνῃ.

ἡ δὲ κυκεῶ τεύξασα θεᾷ πόρεν ὡς ἐκέλευε·

δεξαμένη δ’ ὁσίης ἕνεκεν πολυπότνια Δηὼ

τῇσι δὲ μύθων ἦρχεν ἐΰζωνος Μετάνειρα·

«Allora Metanira, riempita una coppa di vino dolce come il miele, a lei la porgeva; ma la dea la respinse:

disse che in verità le era vietato bere il rosso vino, e comandò che le offrisse come bevanda

acqua, con farina d’orzo, mescolandovi la menta delicata. 

La donna preparò il ciceone, e lo porse alla dea come ella aveva ordinato: Demetra, la molto venerata, accettandolo inaugurò il rito». 

C’è chi ha ipotizzato che proprio nel ciceone (κυκεών) risiedesse il segreto dei Misteri.3131Hofmann, Wasson, Ruck, cit., pp. 13-17.
Infatti, il tempismo dell’assunzione, la sintomatologia della visione restituita dalla scarsa documentazione rimasta3232Secondo le leggi di Atene, l’infrazione del segreto dei Misteri era un crimine. Le informazioni che abbiamo potuto ricavare in merito al rito ci arrivano principalmente da violazioni del silenzio iniziatico risalenti al V secolo a.C. A tal proposito si vedano Hofmann, Ruck, cit., pp. 20-21.
e il fatto stesso che annualmente migliaia di iniziati potessero farne esperienza hanno portato a concludere che essa fosse indotta da un allucinogeno. Tornando dunque alla testimonianza di Omero, l’agente del Caos si sarebbe dovuto identificare nella farina (ἄλφι), ottenuta dall’orzo coltivato nella pianura Rariana circostante il Santuario. La pianta sarebbe stata fortemente suscettibile alla crescita infestante di una varietà fungale, la Claviceps Purpurea, comunemente detta ergot, i cui effetti psicoattivi erano attestati già nell’antichità e dalla quale nel 1938 Albert Hofmann avrebbe ricavato per la prima volta l’LSD. Dunque, il sacerdote officiante (ἱεροφάντης), che otteneva la carica per via ereditaria, preparava l’orzo mettendo a frutto le conoscenze tramandate nella propria famiglia di generazione in generazione, versandolo poi in calici sorretti dalle sacerdotesse incaricate di assisterlo. Mentre le sacerdotesse danzavano per il telesterion mantenendo il calice in equilibrio sulle loro teste, lo ierofante intonava canti in falsetto. Nel calice venivano infine aggiunti e mescolati acqua e menta, e il miscuglio così prodotto veniva somministrato ai presenti che, dopo averlo ingerito, pronunciavano la formula rituale: «Ho digiunato, ho bevuto il ciceone». Non restava che sedersi sulle scalinate che fiancheggiavano le pareti della sala cavernosa e attendere nell’oscurità il manifestarsi di quella visione di puro splendore e di sacri suoni di cui parla il Platone del Fedro. Infine, le partecipanti e i partecipanti ai Misteri, conclusa la loro esperienza soprannaturale condivisa, tornavano alla civiltà come monadi, conservando ognuno gelosamente un suo frammento di verità. 

L’insieme di azioni rituali resiste anche in tempi moderni, benché nel contesto dell’odierna società farmaco-pornografica3333Concetto introdotto da Paul B. Preciado in Testo tossico, Fandango, Roma, 2015, p. 340.
la gamma psicotropa di riferimento sia più ampia e l’assunzione di una determinata sostanza non sia imposta dai canoni cogenti di un rito3434Va inoltre menzionato il fatto che il consenso circa l’assoluta necessità dell’utilizzo di sostanze psicoattive per indurre la trance nel contesto rave non è unanime. A tal proposito si veda Raver di Astrid Fontaine e Caroline Fontana, in cui le autrici sostengono che se gli induttori chimici sono inizialmente indispensabili all’esplosione della trance, in seguito se ne può fare a meno per effetto di un riflesso condizionato.
che presenta regole precise, ma dipenda esclusivamente dalle preferenze del soggetto consumatore. In questo senso, i culti dionisiaci possono essere utilizzati come strumento ermeneutico delle tensioni rituali implicite nel dispositivo rave.

Seana Gavin, free party in una cava nei pressi di Brighton, 2000.

Esaminiamo le fasi del «rito psicotropo in poco più di un metro quadrato»3535Petrilli, cit., p. 202.
che si consuma nell’ambito dei free parties. La preparazione: il maestro o la maestra di cerimonie estrae la sostanza protagonista dal nascondiglio prescelto – anche questa sacra intossicazione volontaria è ammantata da un velo di segretezza – e la rende disponibile all’utilizzo secondo le modalità apprese nel corso di esperienze precedenti. 

«[…] Gli elementi più importanti di questi frangenti: i diversi attori non-umani, la meticolosità e professionalità con cui sono preparate le “botte” e l’attenzione con cui assistono le persone presenti».3636Ivi, p. 204.

Nel caso della ketamina, o di upper come coca e speed, i cristalli vengono collocati su una superficie piana – di solito uno smartphone – e fatti a pezzi con una scheda di plastica – una patente, una carta di credito, una tessera dei mezzi pubblici. La polvere ottenuta viene divisa in strisce («raglie») disposte ordinatamente. Una banconota, una cannuccia o un qualsiasi altro materiale cartaceo arrotolabile viene maneggiato per ottenere un «pippotto». Nel caso dell’MDMA, le operazioni risultano meno complesse, riducendosi al deliberare circa quanti granelli di sostanza sciogliere in un liquido a scelta – in genere acqua – per ottenere una pozione sacra dal variabile gradiente psicoattivo. L’assunzione: «[…] Al piacere artistico di stendere le righe si accompagna quello di tirarne, compiere un’azione sincronizzata attraverso cui testa, mani e narici sono concatenate all’interno di un movimento […] fluido […]».3737Ivi, p. 206.
Per l’energy drink MDMA basta qualche sorso dal calice-bottiglietta. L’attesa: all’ombra di un capannone, sotto un cielo stellato o in un buio spezzato solo da luci stroboscopiche, i presenti e le presenti aspettano che l’effetto salga e la visione si manifesti nel corpo e nella mente. L’effetto: uno stato di pace, un’esplosione verso l’interno, la visione di «un diorama nero che permette un volo d’uccello sulla propria vita»3838Ivi, testimonianza di un clubber, p. 214.
per la ketamina, uno splendore vivido e iperaccelerato per l’MDMA e il mephedrone. Il fine e il risultato, che tendono a coincidere, stanno nel sentirsi parte di un macchinario dominato dal ritmo, coadiuvante di voli pindarici nella propria psiche o di un generalizzato senso di comunione con l’ambiente circostante e chi lo abita. Il ritorno (anamnesis): «Ogni esperienza autenticamente dionisiaca […] prevede anche il ristabilimento della normalità».3939Fusillo, cit., p. 50.
Arriva il down, l’impianto si spegne, si riprendono i contorni del reale e lentamente inizia la marcia verso casa, trasportando nella memoria solo un’ombra delle rivelazioni a cui si è avuto accesso.4040Si noti che l’amnesia figura come tratto caratteristico della trance, in opposizione all’estasi, anche in Rouget, cit., p. 134.

Free party a Cala del Leone, Livorno, 2020. Foto dell’autrice.

Tornando a considerare la centralità del corpo nel contesto di questi dispositivi, il concetto di autocavia4141Concetto introdotto da Paul B. Preciado in Testo tossico, Fandango, Roma, 2015. Per un approfondimento sull’applicazione del concetto di autocavia nel contesto del clubbing, si vedano Petrilli, cit., pp. 198-202, e Mattia Barro, Parlare con intelligenza di droghe è possibile: lo abbiamo fatto con Cosmo e Enrico Petrilli, «RollingStone», 9 febbraio 2021.
si aggiunge come categoria interpretativa a quella di rito nel rendere ragione di elementi strutturali ricorrenti in entrambi i nostri ambiti di analisi. Con l’espressione si fa riferimento a una tattica di lotta micropolitica, nella quale i soggetti utilizzano liberamente il proprio corpo e la propria identità come campo di sperimentazione chimica, in opposizione a imposizioni identitarie derivate dalla morale comune e proibizioni attuate dalle vigenti tecnologie di potere. Si tratta di «attaccare l’anima per via sintetica»,4242Ibid.
in un atto di autoterrorismo e di sottrazione alla legge dell’identico perpetuata dalla società di massa. Prima di compiere l’ingresso nel telesterion, luogo di soglia, e di consumare il ciceone, gli iniziati di Eleusi vivevano «giorni di digiuno, purificazione, spossatezza, ed eccitazione».4343Walter Burkert, Antichi culti misterici, trad. di Maria Rosaria Falivene, Laterza, Bari, 1989, cap. IV.
Tra le prescrizioni imposte ai futuri iniziati figuravano nove giorni di restrizioni dietarie, un giorno e una notte a stomaco vuoto, l’astensione dal consumo di determinate bevande. Dunque un massiccio intervento sulle proprie abitudini corporee, del quale l’assunzione dell’orzo infestato da Claviceps, con il suo dirompente potenziale allucinogeno, non costituiva che l’acmé. Investiti dalla visione mistica conseguente al rito, a sua volta non puramente intellettuale ma accompagnata da vertigini, sudore freddo, tremori e nausea,4444Hofmann, Wasson, Ruck, cit., p. 13.
i partecipanti si riservavano poi di mantenere un religioso silenzio intorno all’esperienza. Non solo infatti essa rimaneva nella sua essenza ineffabile e incomprensibile ai non iniziati, ma veniva considerata alla stregua di una conquista personale, in grado al più di generare un sentimento di fratellanza con i compagni di viaggio, e forse a partire da queste considerazioni veniva imposto il divieto di parlarne con persone esterne al rito. Così, nel contesto rave, l’assunzione di sostanze assume spesso i caratteri del gioco e della presa di posizione politica contro tecnologie di potere coercitive, oltre a essere uno strumento catalizzatore di introspezione.

 

Nella tana del Bianconiglio

Contestualizziamo ora le sostanze privilegiate dal sistema dei free parties. L’elemento psichedelico e allucinatorio del culto dionisiaco antico può essere rappresentato nell’esperienza rave dalla ketamina, un anestetico dissociativo in grado di provocare allucinazioni profonde, esperienze extracorporee, visioni mistiche.4545Simone Rollo, Giorgio Samorini, Ketamina. Fattore K della psichedelia, Lab57, Bologna, 1998, p. 2.
 

«[…] Il risucchio, il treno, il tunnel, la sensazione di volare, la bolla in cui galleggi, la fusione con l’universo, la sensazione di essere vincolati da forze sovrumane, l’esperienza dell’ineffabile. Sono questi i punti comuni a tutti i racconti degli psiconauti in “botta” di K[etamina]».4646Tobia D’Onofrio, Rave New World, Agenzia X, Milano, 2018, p. 270.
 

Gli effetti variano in base alla quantità di sostanza assunta. A dosaggi ridotti, si registrano alterazioni del campo visivo e uditivo, riduzione della capacità tattile, incursioni sinestetiche, potenziamento dell’empatia – per esempio, capacità di percepire l’altro quasi a sentirne i flussi di energia, di poter vedere le frequenze della musica e di sciogliersi quindi più facilmente nel ballo –, sensazione di déjà-vu e impressione di poter prevedere il futuro. In una fase successiva, che richiede un dosaggio elevato e set&setting favorevoli, può avvenire una netta frattura tra la mente, che viaggia a velocità supersonica investita da un uragano sensoriale, e il corpo, che rimane ai limiti della paralisi. Si parla di keta-coma, o o k-hole.4747Ivi, p. 274.
 E come Eleusi rappresentava una pratica di avvicinamento alla morte, tanto da portare Cicerone ad affermare nelle Leggi che «abbiamo conosciuto gli initia, principi della vita, e abbiamo ricevuto […] un motivo per morire con migliore speranza»,4848Marco Tullio Cicerone, Sulle leggi, 2, 14, 36.
un sentimento echeggiato da Elio Aristide, il quale affermava che «il vantaggio che discende dalla festa non consiste nella letizia legata al presente, […] ma anche nel nutrire le più dolci speranze intorno alla morte, […] nel non essere relegati nelle tenebre che attendono i non iniziati», così lo psiconauta raver esperto sfrutta il «fattore K» per accettare e comprendere il senso della propria mortalità. Da una testimonianza anonima contenuta in Ketamina. Fattore K della psichedelia: «Sento a questo punto che la mia volontà determina se non esisto e se non esiste l’universo. E posso passare tra esistenza e non-esistenza molte volte in un secondo»;4949Rollo, Samorini, cit., p. 4.
o ancora: «Non avevo un corpo. E arrivai a un punto in cui fui consapevole di essere sul punto di morire. Non si trattava di “forse” o “può darsi”. Io sto per morire. […] E lasciai perdere tutto. Proprio, mi arresi. Allora entrai in uno spazio in cui non ci sono parole. […] Era uno stato di beatitudine. Del genere che non avevo mai provato prima».5050Ivi, p. 5.

Altre protagoniste della scena rave sono l’MDMA o ecstasy e il mephedrone, sostanze empatogene che non detengono potenziale allucinatorio ma rappresentano una vera e propria supernova di calore e felicità edonistica esondante. Attivatrici di ricettori sensoriali che esulano dalle tendenze introspettive della ketamina per produrre uno stato di amore e apertura, che si propaga verso l’esterno e intensifica le relazioni con persone e ambiente, intessendo una silenziosa rete di connessioni tra i partecipanti e le partecipanti al rito pagano del free party, che il mattino dopo, con l’arrivo del down, si disperde in polveri sottili e ricordi mutilati. 

Tendiamo qui l’orecchio per ascoltare la voce dei protagonisti e delle protagoniste del dispositivo rave, riportando testimonianze raccolte per mezzo di un questionario e di note di campo prese nel contesto della partecipazione, in passato, a manifestazioni del movimento techno disseminate in una mappa psicogeografica che tra i vari punti tocca Bologna, Berlino, Francoforte, Gent, Livorno, Milano, Santarcangelo, Valeč.

Interpellatə sul ruolo che l’utilizzo di sostanze riveste o ha rivestito nella propria esperienza estatica nell’ambito della festa, il 73.1% dellə 86 intervistatə ha definito questo fattore come fondamentale nell’attivazione di attimi di chiarezza, ponendolo al primo posto sul podio degli elementi contribuenti alla trance, immediatamente seguito dall’effetto generato dalla presenza di altre persone (71.6%) e della musica (68.7%). Così Zeta (26, Milano) scrive:

«[Ho avuto un’epifania] coadiuvato da un’esperienza lisergica condivisa non programmata (spiegazione senza filtro: per un caso circa 300 persone su 2000 erano sotto l’effetto di LSD, […] ciliegina sulla torta di una seduta di assunzione di sostanze stupefacenti di vario tipo durata circa 90 ore… si [sic], sono ancora vivo, e il mio cervello funziona ancora), ho avuto un’esperienza particolarmente intensa in cui ho avuto la sensazione di percepire un fulcro energetico nel luogo in cui ballavamo e vedere le persone come vettori e corpi trasportanti di questa energia che collegava quel luogo specifico con l’universo intero. Visivamente era una cascata violetta che variava in azzurro quando diminuiva di intensità. Una delle esperienze piú belle della mia vita. Da questa esperienza ho cominciato a comprendere tutta una serie di connessioni legate alla vita dell’essere umano, degli animali e delle piante nel nostro pianeta».

Parla in termini epifanico-empatici anche Tommaso (26, provincia di Milano): 

«Credo che la rinascita più grande che mai ho avuto in una situazione del genere [nell’ambito rave] sia stata la mia prima volta con una sostanza in particolare. Arrivando da un momento buio ho ritrovato lo spirito di felicità che avevo perso, la voglia di sentirti libero come se prima di allora fossi stato semplicemente a occhi chiusi per convinzione che nulla più potesse essere gratificante. […] Da un giorno all’altro mi sono sentito completamente cambiato nel modo di pensare e vedere la felicità nelle piccole cose che avevo intorno, apprezzare i dettagli di quello che mi circonda e delle persone che mi circondano».

La rilevanza del fattore alterante è tale che il contesto tende ad adattarsi alle esigenze fisiche degli psiconauti. Martino (21, Como) riporta notizie dal Master of Puppets, festival psytrance in Repubblica Ceca: «Lì le luci sono pensate per allucinogeni e non per stimolanti: leggere alla vista e che non danno fastidio alla retina già troppo allargata dell’occhio». 

Il corpo è al centro anche nel ricordo di Laura (25, Milano): 

«Durante la festa, mentre stavo ballando, […] mi sono fatta trascinare dalla musica per alcuni minuti che non so definire. Durante il momento ho percepito una dilatazione temporale che, muovendomi e ballando, mi ha fatto guardare il mio corpo in terza persona, come se fossi sospesa da qualche parte nello spazio e guardassi tutto dall’alto; le persone erano lontane e isolate e io mi sentivo come se fossi in un altro luogo, uno spazio parallelo che si incrociava con quello della festa. Non sentivo la stanchezza e percepivo poco lo sforzo, sentivo solo energia che irradiava calore dal ventre».

Nel racconto di Cora (27, Milano), gli effetti della ketamina portano a un episodio di apparente comunicazione non verbale:

«Una volta io e un’amica prendemmo della ketamina. Era notte fonda ed eravamo esattamente sotto il sound, musica fortissima e luci confuse. Sento la mia amica farmi una domanda, mi giro e le rispondo. Lei mi guarda e strabuzza gli occhi, mi dice che non mi ha fatto nessuna domanda, l’aveva solo pensato e io le ho risposto. Non mi sono mai molto interrogata su cosa fosse realmente successo e se la domanda fosse stata davvero posta o meno, per quanto effettivamente non sarebbe stato facile sentirla in quella situazione, mi piace rimanga un evento indefinito e curioso».

Su toni simili, la testimonianza di Pozzo (25, Erba): «Con un amico durante una festa sono entrato in uno “spazio comune”, un dialogo […] telepatico che ci ha poi spinto verso altri tipi di connessione, entrare in questo stato ci ha fatto sentire vicini ad altre dimensioni non percepibili nella vita quotidiana».

Per Pablita Lunita (24, Brescia) il risvolto dell’esperienza è pratico:

«La festa personalmente mi ha aiutato a crescere, a capire la solidarietà e l’aiuto tra persone, il divertimento e l’empatia tra sconosciuti. Ho capito cosa vuol dire cercare di costruire e vivere un divertimento alternativo rispetto a quello imposto, ma non solo: anche uno stile di vita nuovo e atipico».

E anche Anita (28, Bologna) enfatizza il potenziale sovversivo dell’esperienza:

«È sicuramente durante una festa che ho sperimentato un senso di libertà estremamente puro. Porto con me la consapevolezza di cosa significa sentirsi liberi, non soltanto da certi vincoli sociali ma da giudizi inconsci. In poche altre occasioni nella mia vita sono riuscita a lasciar andare l’ego così naturalmente».

Mentre Nodef (32, Torino) insiste sulla percepita fusione di categorie antitetiche connaturata al dio che presidia queste esplosioni: «La mia memoria, conscia e non, conserva ricordi potenti dei rave. Alcuni ricordi sono positivi, connessione totale con le persone e lo spazio, altri sono negativi, legati al concetto di morte e distruzione».

Colpi di luce barocchi

Alla luce delle considerazioni finora esposte, appare innanzitutto plausibile identificare nella ripresa cosciente di spazi dedicati a modalità rituali il punto di partenza per attivare un allontanamento dal proprio ego, funzionale a creare terreno fertile per un’espansione delle categorie di pensiero ordinarie. Così infatti:

«La scomparsa dei simboli rimanda alla crescente atomizzazione della società. Al contempo, la società diventa sempre più narcisistica. Il processo di interiorizzazione narcisistica sviluppa un’ostilità nei confronti della forma: le forme oggettive vengono scartate a vantaggio di circostanze soggettive. I riti si sottraggono all’interiorità narcisistica e la libido dell’Io non vi si può agganciare dal momento che, se si concede loro, deve prescindere da sé stessa. I riti producono una distanza da sé, una trascendenza da sé»5151Han, cit., p. 17.
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In secondo luogo, si può prospettare nell’assunzione di sostanze alteranti codificata in un dispositivo rituale la chiave per raggiungere una costruzione sistematica e comunitaria di dissonanza cognitiva, affrancamento dalla dicotomia, rottura del principium individuationis.

In conclusione, dunque, il rito rende abitabile la trance, ossia il sentimento estatico di coscienza esplosa, posizionandola in un meccanismo di ripetizione. 

«La ripetizione è il tratto essenziale dei riti […], essa stimola la durata e l’intensità, fa sì che il tempo indugi. […] Le ripetizioni stabilizzano la vita, il loro tratto essenziale è l’accasamento [Einhausung]».5252Ivi, pp. 19-21.

Il potenziale di questo spazio fertile si attiva performando le esteriorità formali di una cerimonia, che prevede nel ruolo di attivatore l’assunzione di sostanze psicotrope, e nel ruolo di regolatori l’ascolto di musica ripetitiva e la danza. Così inquadrato, il formalismo della cerimonia acquisisce profondità psicologica e diventa il luminoso anello di congiunzione tra gli estremi corpo, mente – o coscienza – e Assoluto – o apertura al pensiero divergente. Scrive Ci5 (25, Bergamo): «Tra tutti gli strani pensieri che possano venire in trance da sostanze/musica ripetitiva, quello costante è che tutti i presenti hanno uno scopo comune […] che […] assume mille connotazioni […] importantissime». Così:

«Di quando in quando, come un bulbo oculare malato in cui si percepiscono inquietanti lampi di luce o come quei colpi di luce barocchi in cui i raggi di un altro mondo irrompono improvvisamente in questo, ci viene ricordato che l’Utopia esiste e che altri sistemi, altri spazi sono ancora possibili».5353Fredric Jameson, Valences of the dialectic, Verso Books, London, 2009, p. 621.

Se è vero che oggi le trance collettive in Occidente sopravvivono solo in cronotopi marginali e resistono nella coscienza ordinaria di chi li ha esperiti come «un ricordo che sanguina da una mente che non è la nostra»,5454Mark Fisher, Baroque Sunbursts, in Rave: Rave and its Influence on Art and Culture, Black Dog Press, London, 2016.
è altrettanto valido affermare che «i ricordi provengono da noi stessi come eravamo un tempo: una coscienza di gruppo che aspetta nel futuro virtuale, non solo nel passato attuale».5555Ibid.
E in virtù di questo riconoscimento intuitivo da parte dellə adeptə, oltre i momenti di disincanto, oltre l’evidenza feroce di uno status quo che fatica a incorporare la psichedelia funzionalizzata alla scoperta di sé e l’ideale di comunità oltre l’atomizzazione degli individui, il dio vive, il sogno continua.

«Quindi, è forse meglio guardare alle possibilità alternative che questi colpi di luce barocchi illuminano non come un’utopia lontana, ma come un carnevale dolorosamente vicino, uno spettro che infesta anche – e soprattutto – gli spazi più miseramente de-socializzati».5656Ibid.

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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)

di Sara Paqu Bresciani
  • Sara Paqu Bresciani è laureata in Lettere e Antropologia del Mondo Classico con una tesi su rave e riti dionisiaci. Attualmente vive a Berlino, è scrittrice freelance e si occupa di sviluppo e produzione di progetti legati alla sfera dell’arte contemporanea.
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