«Per la nostra generazione, e presumibilmente per molte altre a venire, non si potrà parlare ancora di immortalità, ma di morte posticipata».
(Anton Vidokle)
Partendo dal presupposto che la società attuale stia operando per raggiungere l’immortalità della specie umana, la ricerca artistica di Anton Vidokle si colloca nello spettro della recente riemersione delle teorie cosmiste11Per un accenno alla filosofia cosmista si rimanda al precedente articolo pubblicato sul tema e alla traduzione italiana del volume G. M. Young, I cosmisti russi, Tre Editori, Roma 2017.
attuata da artisti e intellettuali russi, affrontando, nello specifico, il tema del valore terapeutico dell’arte. Nella sua prassi artistica, ciò è declinato nel recupero del concetto di utilitarismo dell’arte, principio che nella cultura russa è centrale già nelle ricerche compiute dalle avanguardie di inizio XX secolo e che, nei decenni successivi, è diventato tema dominante su cui riformare la teoria dell’arte per adattarla alle esigenze della società sovietica. Nel volume Gesamtkunstwerk Stalin (1988), Boris Groys introduceva il pubblico internazionale all’arte russa contemporanea tratteggiandone tre principali filoni tra avanguardia, stalinismo e post-stalinismo, l’ultimo dei quali definito postmodernismo e, nello specifico, Sots-art e Concettualismo. Benché lo studioso di estetica si riferisse alla generazione di artisti precedente a quella di Vidokle, è interessante notare che Groys tracciava una linea di prosecuzione tra le tre epoche artistiche basata sulla comune carica politico-utilitaristica, postulando un elemento centrale nella sfera estetica della Russia contemporanea: «Nel politico sovietico che aspira a trasformare il mondo o perlomeno il Paese sulla base di un piano artistico unitario, inevitabilmente l’artista riconosce il suo alter ego, inevitabilmente scopre la sua complicità con ciò che lo opprime e nega, e trova che la sua stessa aspirazione e l’insensibilità del potere condividono alcune radici comuni».22«In the Soviet politician aspiring to transform the world or at least the country on the basis of a unitary artistic plan, the artist inevitably recognizes his alter ego, inevitably discovers his complicity with that which oppresses and negates him, and finds that his own inspiration and the callousness of power share some common roots» (B. Groys, The Total Art of Stalinism: Avant-Garde, Aesthetic Dictatorship, and Beyond, Princeton University Press, New Jersey 1992).
Allo stesso modo, nelle generazioni di artisti che hanno iniziato la loro attività dopo il 1989 permane l’interesse per temi di natura politica, non solo in riferimento alle teorie palingenetiche di inizio secolo desunte anche dalle avanguardie storiche, ma in quanto essenzialmente connessi a una cultura che storicamente vede la sfera estetica profondamente ancorata alla sua realtà sociopolitica. Tra i casi più noti a livello internazionale quelli di Oleg Kulik, del gruppo Pussy Riot e di Piotr Pavlensky: il primo per aver morso uno spettatore durante una performance svolta in Svezia nel 1996, mentre impersonava un uomo cane, nudo e incatenato; le seconde per essere state arrestate a seguito della performance dissacrante Mother of God, Drive Putin Away, svolta nel febbraio del 2012 presso la cattedrale del Cristo Salvatore di Mosca di fronte all’iconostasi, nell’ambito delle proteste contro la rielezione di Vladimir Putin; il terzo per una sequela di violente performance a partire dall’essersi cucito la bocca con del filo spinato per protesta contro l’arresto delle Pussy Riot.
Nel caso di Vidokle, il valore utilitaristico dell’opera d’arte si articola in una visione più ampia della società russa, distante da attivismo e specifiche rivendicazioni politiche, ma ugualmente interessata a fornire una chiave che, attraverso il mezzo dell’estetica, possa avere importanti risvolti sociopolitici. Precisamente, la sua speculazione s’immerge nella visione olistica del mondo sviluppata dalla filosofia cosmista tra XIX e XX secolo, tra sperimentazione scientifica, esoterismo essoterico e materialismo dialettico, alla luce della società attuale post-sovietica, in un bacino quindi indagato da importanti figure della cultura russa contemporanea come Boris Groys e l’artista Zhilyaev, con cui condivide esiti e ricerche sul cosmismo.
Dopo aver conosciuto le teorie cosmiste grazie al tramite di Groys prima, e Ilya Kabakov dopo, Vidokle ha sviluppato un progetto artistico seguendo la convinzione che la propria opera possa avere, attraverso mezzi puramente tecnologici, un impatto positivo sulla salute del pubblico e contribuire al raggiungimento dell’immortalità umana prospettata dalla filosofia di Fëdorov. Oltre a essere artista, Vidokle è fondatore della rivista «e-flux», che ha ospitato diversi articoli sul cosmismo russo e la cultura russa contemporanea. Nella serie degli «e-flux journal» – raccolte di articoli pubblicati sotto forma di libretti in collaborazione con la casa editrice berlinese Sternberg Press – recentemente è apparso anche il volume Art without Death: Conversations on Russian Cosmism, che mette insieme sette testi strutturati come interviste svolte da Vidokle, Zhilyaev, Groys e Marina Simakova, già autori di testi sul cosmismo russo pubblicati su «e-flux», e Bart de Baere, Esther Zonsheim, Elena Shaposhnikova, Hito Steyerl e Franco Bifo Berardi.
Alle teorie di Fëdorov, Vidokle ha dedicato una trilogia video iniziata nel 2014 e presentata in veste completa nell’autunno del 2017 alla mostra Art without death, realizzata insieme a Groys e Zhilyaev presso l’Haus der Kulturen der Welt di Berlino. Con lo scopo di mostrare la vicinanza delle teorie di Fëdorov alla cultura russa contemporanea, l’opera cita numerose figure e opere artistiche realizzate tra XX e XXI secolo, mettendo in atto un vero e proprio montaggio di sequenze video girate dall’artista e altre di repertorio provenienti da varie sorgenti, su musiche di Carsten Nicolai.
Intitolato This is Cosmos (2014), il primo episodio affronta i temi che caratterizzano La filosofia della cosa comune (1906-’13) di Fëdorov introducendo figure e teorie chiave, tra cui la ricostruzione metabolica del corpo biologico, che comporterebbe il raggiungimento dell’autonomia del corpo umano dai suoi bisogni fisiologici, e il ruolo dei musei nella resurrezione degli avi. Tra le riprese del fiume Volga, di paesaggi tra Kazakistan, Siberia e Crimea, una voce over guida la visione del video attraverso riflessioni sulla vita longeva dei minerali e delle piante e sulla possibilità di trasformare l’uomo in un essere immortale, in grado di autorigenerare le proprie cellule e i propri organi. Sul piano informativo si estende un procedimento psicoterapico affidato all’apparizione ripetuta e intermittente di un fondale monocromo rosso – segnalato da un audio specifico – che reca scritte in sovraimpressione come: «Attenzione: questo video potrebbe migliorare la tua salute», «Questo non è un film. Questa è una sessione di irradiazione», «Il colore rosso proiettato da diodi a emissione luminosa ha effetti terapeutici su cellule animali e umane», «Visto su uno schemo LED calibrato a 670 NM questo video potrebbe migliorare la tua salute».
In un’intervista fatta insieme a Zhilyaev e pubblicata su «e-flux», Vidokle sostiene il suo ricorso alla psicoterapia sostenendo che «essenzialmente, il film è luce, colore e suono, e tutti questi strumenti possono produrre un effetto terapeutico sull’organismo umano».33«Essentially, film is light, color, and sound, and all of these means can produce a theraupetic effect on the human organism» (A. Zhilyaev, Factories of Resurrection: Interview to Anton Vidokle, «e-flux», 2016).
In un continuo salto di epoche e riferimenti, emergono evidenti citazioni alla cultura russa contemporanea, come i testi del filosofo Vladimir Solov’ëv e le opere di esponenti del concettualismo moscovita come Andrei Monastirskij e Ilja Kabakov, chiamato in causa dalla frase «Mia madre nacque nella stessa città dell’uomo che è volato nello spazio dal suo appartamento»,44«My mother was born in the same town as the man who flew into space from his apartment». Testo in lingua inglese che appare in sovraimpressione sul video il cui audio è originalmente in lingua russa.
chiaro riferimento all’installazione The man who flew into space from his apartment (1985), che ho già precedentemente analizzato in relazione alle sue connessioni con il mito della conquista spaziale nella cultura russa contemporanea.
Lo stesso Kabakov è autore di un’interessante opera sul potere terapeutico dell’arte intitolata Healing with painting (1996) che bene si inscrive nella sua ricerca artistica degli anni Novanta. L’installazione riproduce ambienti della Russia sovietica, in questo caso due stanze di un ospedale di provincia, cui si giunge dopo un breve corridoio. Il fruitore può osservare ciò che avviene dalle stanze attraverso un’apertura e una tenda tirata, quindi vedere che in una camera è presente il mobilio tipico dell’ospedale, come il letto e il comodino, ma anche un grande dipinto di paesaggio recante la didascalia “paesaggio italiano” mentre si possono sentire brani di Mozart sullo sfondo. La stanza accanto mantiene le medesime caratteristiche con una variazione nel dipinto e nella musica, questa volta di Bach. L’opera introduce il fruitore in una dimensione terapeutica che, oltre a coinvolgere il presunto malato ivi ospitato, si proietta sul pubblico che vede con i propri occhi e ascolta con le proprie orecchie. Anche in questo caso, un testo dell’artista è parte integrante dell’istallazione e introduce un livello narrativo giocando su diversi piani di finzione. Scoperta dal prof. V. N. Lublin, personaggio inventato dall’artista, la terapia con la pittura prevede di porre in un ambiente calmo e positivo il paziente con sintomi maniaco-depressivi, nevrastenia e stress psichico, immergendolo nella visione di dipinti di notevole qualità estetica allestiti in maniera speciale. Calato nel buio, il malato osserva in solitudine il dipinto che viene illuminato in maniera differente a secondo della sua malattia, collocato in un determinato spazio della stanza, con una visione a distanza calibrata e con una musica di sottofondo. Come nell’opera di Vidokle, il tema terapeutico è gà sviluppato sia per il senso della vista che dell’udito, e questo è un altro punto che suggerisce la vicinanza tra la nuova generazione di artisti russi e il concettualismo di Mosca.
Così, il secondo video della trilogia, The Revolution was caused by the Sun (2015), inizia con la voce over di Vadim Zakharov, esponente della terza generazione del concettualismo moscovita, che invita il fruitore a rilassarsi per iniziare la visione, mentre scorre sotto i suoi occhi una ripresa altamente simbolica raffigurante una veduta dall’alto di Karaganda, su cui si innalza una stella di ferro posta alla sommità dei camini di un impianto industriale. In epoca sovietica la città ospitava il Karlag, uno dei gulag più grandi e destinato a prigionieri politici, in cui fu esiliato anche lo scienziato ucraino e cosmista Aleksandr Leonidovič Čiževskij per non aver voluto ritrattare le sue teorie scientifiche. Tra queste, i suoi studi sull’influsso del sole e delle forze cosmiche sul comportamento umano confluiti nella teoria della storiometria descritta nell’opera Fattori fisici nel processo mondiale, a cui sono seguite l’invenzione di apparecchi per la depurazione dell’aria, come lo ionizzatore, e le scoperte nel campo dell’emodinamica, sviluppate durante la permanenza forzata a Karaganda. Le sue ricerche sono state condotte con lo scopo di migliorare le condizioni di vita dell’umanità, come la camera ionizzatrice per i prigionieri di Karaganda. Tra le miniere a cielo aperto e i cimiteri dallo stile architettonico peculiare – un mix di architettura islamica e materiali sovietici –, la voce over introduce il funerale di Lenin avvenuto nel gennaio del 1924 e la grande partecipazione popolare registrata per salutare una salma che nel corso dei mesi invernali non ha dimostrato alcun deperimento. Dopo un collegamento con l’Antico Egitto, giustificato tramite il culto del sole e l’importanza della mummificazione, il video presenta infine il tentativo di costruire una grande lampada ionizzatrice nel mezzo di un cimitero per verificare il funzionamento su uomini, animali e condizioni atmosferiche per concludersi nuovamente con la voce di Zakharov, che legge un testo di ipnosi utilizzato per interrompere le dipendenze, in questo caso dalla mortalità, perché «La morte è un lusso. Non è necessaria».
Dopo gli iniziali secondi di luce pulsante stroboscopica, Immortality and Resurrection for all! (2017) inizia con una serie di riprese fatte nel Museo Zoologico dell’Università di Mosca e alle sue teche colme di animali imbalsamati, osservati da alcuni fruitori. Tra loro si riconosce l’artista Arseny Zhilyaev, che raggiunge un uomo intento a osservare con una lente d’ingrandimento la pittura crepata del Quadrato Nero (1915) di Kazimir Malevich, quindi presso la Galleria Tret’jakov. Il rapporto con l’icona dell’avanguardia russa è filtrato da fotografie scattate con un iPhone, ma viene presto interrotto da una telefonata di Anton Vidokle, voltando le spalle al capolavoro per recitare la frase: «Quando le grandi opere d’arte raffigurano il mondo, esse lo rappresentano nella loro stessa immagine. Questo riflesso del mondo diventa una negazione di esso»,55«When great works of art depict the world, they represent it in their own image. This reflection of the world becomes a negation of the world» (testo in lingua inglese che appare in sovraimpressione sul video il cui audio è originalmente in lingua russa).
esplicando una visione dell’arte fedoroviana da collocarsi in seno alle riflessioni dei primi anni del XX secolo in Russia, tra l’Empiriomonismo di Aleksandr Bogdanov (1904-1906) e la teoria del riflesso di Lenin, formulata in risposta al cosmista nel volume Materialismo ed empirio-criticismo (1909). Girato tra diversi luoghi di Mosca come il Museo Statale di Storia Contemporanea Russa, la Casa Museo di Bulgakov, la Biblioteca di Stato Russa e la Biblioteca del Museo N. F. Fëdorov, il terzo episodio sostiene la centralità di luoghi quali il museo, la biblioteca e l’archivio per il concetto di immortalità che incarnano, in virtù delle loro tecniche di archiviazione, collezione, conservazione e divulgazione pubblica. Mentre diversi visitatori viventi osservano opere delle avanguardie russe – dai dipinti di Malevich alle sculture costruttiviste di Aleksandr Rodchenko –, una mummia si aggira tra gli scheletri di specie animali estinte, fino a che la stessa si mostra nel momento della sua vestizione rivelando la sua identità di antico faraone egizio. Un gesto a cui segue un’allucinata denudazione messa in atto sul finale del video e alla presenza di Zhilyaev e di una visitatrice, mentre l’azione viene interrotta in maniera intermittente da una luce pulsata che, isolando i singoli gesti di un’azione più complessa, restituisce all’effetto stroboscopico la propria utilità. Come sostenuto nel corso del video, «per il museo, la morte stessa non è la fine ma solo l’inizio», in quanto rappresenta il luogo in cui accumulare vite e oggetti da cui ripartire quando la tecnologia permetterà di far risorgere i defunti. Su questa categoria si basa tutta la costruzione filosofica del cosmismo poiché «i morti sono già a rischio perché non hanno alcun diritto nella nostra società: loro non comunicano, consumano o votano, e perciò non sono soggetti politici. Le loro spoglie sono collocate sempre più lontano dalle città, dove risiede la maggior parte dei viventi. Culturalmente, i defunti ora sono per lo più figure comiche e patetiche: zombi nei film». Esclusi dagli interessi del capitalismo finanziario, usati ma dimenticati dal comunismo, meri spauracchi per il mito del sacrificio nel fascismo, i defunti rappresentano la chiave di volta per la costruzione di una società intergalattica fondata sul rispetto, sull’amore e sulla condivisione totale. Non sorprende che in tutti e tre gli episodi della trilogia di Vidokle ritorni costantemente questa sorta di mantra:
«Perché l’energia del cosmo è indistruttibile. Perché la vera religione è il culto degli avi. Perché la vera equità sociale significa immortalità per tutti. Per l’amore, dobbiamo resuscitare i nostri avi dalle particelle del cosmo, come minerali, come piante animate, solari, autoalimentate, coscienti collettivamente, immortali, transessuali, sulla Terra, su navi spaziali, su stazioni spaziali, su altri pianeti».66«The dead are already unsafe because they don’t have any rights in our society: they don’t communicate, consume, or vote and so they are not political subjects. Their remains are removed further and further from the cities, where most of the living reside. Culturally, the dead are now largely patethic comical figures: zombies in movies» (Aa. Vv., Art without Death: Conversations on Russian Cosmism, Sternberg Press, Berlin 2017, p. 17).
Conscio della natura non medica né scientifica del proprio lavoro artistico, Anton Vidokle tuttavia ritiene di usare tecniche che recano alcuni benefici fisici, esprimendo quindi la volontà di contribuire al benessere dei fruitori,77Zhilyaev, cit.
ma soprattutto la partecipazione a un utopismo che, a uno sguardo esterno alla cultura russa, appare fuori tempo massimo. La ricezione della ricerca artistica sul cosmismo attrae anche analisi atte a verificarne l’impossibile realizzazione, come quella di Hito Steyerl. In dialogo con Vidokle, l’artista individua diversi punti critici quali la necessità di creare una società adatta alla resurrezione dei morti e quindi ben diversa da quella attuale – fondata non sul capitalismo, non sul comunismo, ma su una struttura sociopolitica non ancora chiara – presumibilmente interspaziale, così come problemi di matrice più concreta come la convivenza tra persone provenienti da diverse epoche. Andando al di là di un immaginario familiare e pensando oltre al romantico desiderio di vedere i propri cari in vita, si intuisce il terribile shock che proverebbe un abitante della Firenze del 1400 nell’essere trasportato di colpo nella sua città oltre sei secoli dopo, senza pensare a chi potrebbe essere resuscitato nel 327 a. C. Posti di fronte a un tale livello di pragmatismo, i cosmisti dell’arte contemporanea non rinunciano al sogno dell’immortalità e rispondono con una nuova proposta visionaria, come la programmazione di società ricostruite secondo diverse epoche e provenienze culturali con distinzioni nette per pianeti, così da abituare gradualmente le persone ai cambiamenti avvenuti nei secoli. Come sostiene Vidokle: «Credo che il presupposto centrale, una lotta universale per l’abolizione della morte, sia un’idea in cui posso credere. E non credo di essere l’unica persona sulla Terra ad avere questa convinzione».99«I do think that the central premise – a universal fight for the abolition of death, is an idea I can believe in it. And I don’t think I am the only person on Earth who has this belief» (Aa. Vv., cit., p. 129).
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Alessandra Franetovich è laureata in Storia dell'arte all'Università di Pisa, ha studiato e svolto ricerca presso la Freie Universität di Berlino e la Universidad Autonoma di Madrid. Si occupa di arte contemporanea, in particolare di concettualismo moscovita, arte sovietica non conforme e post-sovietica. Nel ruolo di assistente curatoriale ha collaborato con il Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea e il Centro Luigi Pecci per l'Arte Contemporanea, come curatrice indipendente ha curato mostre e collaborato con gallerie d'arte e spazi no profit.
Aa. Vv., Art without Death: Conversations on Russian Cosmism, Sternberg Press, Berlin 2017.
B. Groys, Politica dell’immortalità, Mimesis, Milano 2016.
B. Groys, The Total Art of Stalinism: Avant-Garde, Aesthetic Dictatorship, and Beyond, Princeton University Press, New Jersey 1992.
H. Perlson, Anton Vidokle on Immortality through Technology at Garage Museum, «artnet», June 2015.
A. Vidokle, H. Steyerl, Immortality for All!
G. M. Young, I cosmisti russi, Tre Editori, Roma 2017.
A. Zhilyaev, Factories of Resurrection: Interview to Anton Vidokle, «e-flux», 2016.
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