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Ecofemminismo magico
Magazine, AUTOCOSCIENZA – Parte II - Aprile 2024
Tempo di lettura: 15 min
Silvia Bandera

Ecofemminismo magico

Il culto della Dea per prendersi cura del pianeta.

Melanie Bonajo, “Matrix Botanica”, 2013, frame da video. Carla Lonzi in una foto del 1968.

Una pratica politica particolarmente diffusa nei movimenti femministi della seconda ondata è stata quella dell’autocoscienza: un esercizio di riappropriazione che ha dato il via all’imporsi di un soggetto imprevisto11Così lo definisce Carla Lonzi in Sputiamo su Hegel, Rivolta Femminile, Roma, 1970.
 nell’impianto della cultura dominante. Si cercava di dare voce a un punto di vista da sempre oscurato, che stava vorticosamente emergendo nel tentare di demolire la rigidità di un pensiero monolitico e unidirezionale. Il movimento lineare e schematico che si intendeva spezzare è stato affrontato sotto diverse lenti e in svariate fasi storiche, tutte a partire da quel primo punto di non ritorno. 

Ne è un esempio la critica radicale al dualismo di alcune pieghe del pensiero ecofemminista. I movimenti di pensiero che ne nascono hanno ritrovato nella costruzione storica della razionalità mascolinizzata un impianto dualistico di opposizioni; al maschile, associato con la ragione, il soggetto osservante, si oppone dunque non solo il femminile, ma tutti i caratteri a esso associati: l’emotività, il corporeo, l’animalità e la natura stessa, per citarne alcuni all’interno di una lista potenzialmente aperta. La critica che Val Plumwood muove in “Feminism and the Mastery of Nature”,22Val Plumwood, Feminism and the mastery of nature, Routledge, Londra, 1993.
sotto un’ottica ecofemminista, parte proprio da questo presupposto: l’incontrastabile appiattimento delle differenze sotto il calco di un Io dominante, che definisce tutto il diverso da sé come opposto e lo rigetta sotto la guida di uno schema dualistico. 

«Non sono solo le donne a essere state danneggiate e oppresse dalla loro assimilazione alla sfera della natura, ma la cultura occidentale stessa, deformata dalla sua mascolinizzazione e negazione di tutta la sfera associata alla donna».33Ibid.

È in questo modo che la cultura, almeno dal punto di vista della storia occidentale, si è privata dei saperi che lei stessa rifiuta sotto lo stendardo di un rinnovato iper-razionalismo unidirezionale, che finisce per divorare ogni suo opposto e divenire totalizzante. 

Il soggetto predominante si trova così a inglobare l’Altro nella propria logica o a eliminarlo del tutto, senza però rendersi conto di mettere in atto uno schema di negazione. Una semplice reintroduzione delle categorie escluse, perciò, non porterebbe a nulla, se l’impianto non venisse scardinato alle sue radici e nel linguaggio che lo costituisce. Trovare una terra di mezzo e legittimarla come spazio di nuova creazione di conoscenza è il lavoro essenziale che molte correnti di pensiero femministe stanno cercando di portare avanti, con un unico fine comune. 

Quali sono ora, quindi, i modi per riconoscere e restare ancorati a questo obiettivo primario? Come rientrare in contatto con la parte inibita e restituirle vita? Un modo per farlo potrebbe essere restituire dignità e spessore ai saperi che sfuggono alla visione unicamente razionalistica che conosciamo. 

“The energy body”. Illustrazione da WomanSpirit Magazine, Fall Equinox, 09/1980.

Il primato dimenticato del corpo

In “The Spell of The Sensuous”,44David Abram, The Spell of the Sensuous. Perception and Language in a More-Than-Human World, Vintage books, New York, 1996.
 David Abram affronta la questione offrendo una visione approfondita e affascinante del suo animismo come motore del mondo. Nella sua esperienza come prestigiatore, Abram osserva il modo in cui la magia viene percepita nella cultura occidentale moderna, ovvero come «un mezzo per cambiare lo stato di coscienza altrui volontariamente»,55Ibid.
e continua riflettendo sul modo in cui questo concetto viene affrontato, invece, in altre culture. Nell’espressione orale di molti popoli, l’idea di azione volontaria viene estesa a forme di coscienza al di fuori di quella umana, che le pratiche magiche aiutano, invece, a svelare.66 Ibid.
La magia così intesa è pertanto l’esperienza di un mondo fatto di intelligenze multiple, forme esperienziali che possiedono sensazioni proprie; il fuoco viene deviato da un unico soggetto pensante verso altri soggetti che non sono solo osservati, ma assumono potere attivo. L’esperienza di entità diverse dall’umano fa sì che queste non siano mai veramente aliene, e che sia possibile avvicinarvisi come a entità partecipi del nostro stesso movimento. Secondo Abram, possiamo comprendere poco della riduzione dell’Altro a oggetto, finché restiamo ancorati alle forme di pensiero tradizionali; una via d’uscita possibile è nell’avventurarsi in aree inconsuete del pensiero – e la magia ne è un esempio – per posizionarsi al confine del razionale e aprirsi a nuove possibilità inespresse. L’attribuzione di una soggettività ai movimenti esterni al proprio Io permette di entrare in un ordine di idee che rifugge le categorie tradizionali di analisi e controllo del mondo, e si apre alla prospettiva di un mondo in autonomo e caotico movimento. 

Nello stesso testo, si parla anche di reciprocità della percezione, mettendo a fuoco il modo in cui l’esperienza sensoriale sia per sua natura agita da più parti contemporaneamente; ogni volta che tocchiamo qualcosa, siamo a nostra volta toccati da quel qualcosa: questa è, secondo Abram, la vera struttura della percezione. Si ha a che fare, perciò, con una spirale continua; «la terra entra in noi solo nella misura in cui noi ci permettiamo di essere avvolti da quella porzione di terra».77 Ibid.

Questa visione di reciprocità può essere assimilata al prospettivismo di Eduardo Viveiros de Castro, una posizione che mette in discussione e rivoluziona l’idea di animismo di Descola, in quanto portatrice di una verità che sarebbe accessibile soltanto all’antropologo e mai ai soggetti inespressi da lui studiati. Viveiros de Castro risale a un movimento cosmologico primordiale, uno stato dell’essere in cui corpi e nomi, anime e azioni, l’Io e l’Altro sono interconnessi, immersi nello stesso ambiente pre-oggettivo.88Eduardo Viveiros de Castro, Cannibal Metaphysics: For a Post-structural Anthropology, Univocal Pub Llc, University of Minnesota Press, Saint Paul, MN, 2014.
Il prospettivismo amerindio a cui si ispira trova nel mito un luogo ideale in cui la differenza tra i punti di vista è allo stesso tempo annullata ed esacerbata. In una simile dimensione, il cui accesso è consentito, o anche solo immaginato, grazie al contatto con le presenze spirituali che riescono a rifuggire il consueto ordine di lettura del mondo, l’intero vivente è in reciproco ascolto e si muove in un terreno comune, che ci è concesso dall’esperienza del corpo.

Fina Miralles, “I Am All the Selves that I Have Been”, foto 5/5 della serie.

Lo stesso David Abram, in modo affine, pone l’attenzione sull’aspetto fondamentale dell’esperienza diretta dei sensi, solitamente subordinata alle conoscenze astratte mediate da chi ha accesso a strumenti e tecnologie in grado di lanciare uno sguardo su dimensioni altrimenti inaccessibili. Il sentire corporeo, che ci accomuna agli animali, è spesso tenuto in ombra e percepito come secondario, in relazione al primato del dominio astratto dell’intelletto. Questa considerazione, ben lontana dal negare l’importanza del sapere scientifico come strumento di ricerca di una verità, intende evidenziare il modo paradossale in cui, però, il suo assoluto predominio tenda a identificare qualsiasi altra dimensione come meno reale e credibile. Il dominio scientifico può infatti, e anche facilmente, finire per formare un paradiso artificiale che crei un nascondiglio da ciò che spaventa; uno scudo per schermarsi dall’incontro diretto con l’ambiguità e il caos del reale.99Abram, cit.

«Solo accogliendo l’incertezza sin dal principio, possiamo aspirare a prendere confidenza con le dirompenti meraviglie che ci avvolgono. Questo corpo animale, proprio per la sua vulnerabilità e vertigine, rimane lo strumento primario di tutta la nostra conoscenza, così come la terra volubile rimane il nostro cosmo primario».1010 Ibid.

Questa apertura sulla centralità di un terreno comune a tutto il vivente, rivoluzionando il modo in cui percepiamo il resto della biosfera, sarebbe in grado, quindi, di rimettere in discussione l’intera concezione del linguaggio come prerogativa essenzialmente umana. Che cosa succederebbe se il discorso di senso non appartenesse solo all’uomo? E se il nostro articolare concetti e parole fosse nato solo in risposta a impulsi provenienti non solo da altre specie viventi, ma da un’energia primaria in movimento che ci parla in innumerevoli lingue diverse? «E se la curiosa curva del nostro pensiero fosse generata dalla complessità dell’eros e dalla tensione tra la nostra carne e la carne della terra?».1111 Ibid.
 

Queste domande porterebbero dunque a pensare alla creazione del pensiero come a un processo spontaneo, proprio del corpo come di un tutto in contatto con la terra che lo contiene, piuttosto che esclusivo di un’attività cerebrale separata dal resto. 

«Riconoscersi animali, creature della terra. Sintonizzare i nostri sensi animali sul terreno sensibile: fondere la nostra pelle con la superficie dei fiumi increspata dalla pioggia, confondere le nostre orecchie con il fragore e il fruscio delle rane, e i nostri occhi con un cielo dissolto. Sentire l’impulso multisonante di questo luogo – questo enorme corpo d’acqua e pietra devastato dal vento. Questo essere vivente tormentato, nella cui carne siamo impigliati.

Divenire terra. Divenire animale. Divenire, in questo modo, pienamente umano».1212Ibid.

Sentire, dunque, di essere tutt’uno con ciò che ci circonda, proprio attraverso questo corpo da sempre eccessivamente trascurato. Si può dire che anche il pensiero femminista, e ancor più quello ecofemminista, abbia sempre insistito sul pragmatismo come motore delle idee, non solo per quanto riguarda l’interesse verso i fatti storici, ma per la sua stessa struttura interna che mira a far vacillare la fissità delle grandi narrazioni dogmatiche. La filosofia pragmatica è un empirismo radicale che dà importanza fondamentale all’esperienza;1313Émilie Hache, in Isabelle Cambourakis, (Re)découvrir l’écoféminisme, conversazione tra Isabelle Cambourakis ed Émilie Hache, in “Contretemps”, 28 febbraio 2017.
allo stesso modo, l’ecofemminismo vi resta radicato – soprattutto all’esperienza condivisa – per muoversi su un tappeto di fatti tangibili: «Dobbiamo essere pragmatiche»,1414Philippe Pignarre, Isabelle Stengers, La sorcellerie capitaliste. Pratiques de désenvoûtement, La Découverte, Paris 2005.
dobbiamo, cioè, affidarci all’immanenza e trasportare nel regno del concreto le nostre rivendicazioni, conoscerne cause ed effetti e liberarle dallo stigma della superstizione. È anche per questo che, spesso, risulta necessario ripercorrere il passato e ricercare legami di solidarietà e sorellanza; creare una rete di esperienze e di corpi che formi una realtà visibile e circoscritta e porti a galla le vite comuni di sorelle trans-storiche, a cavallo dei secoli; riappropriarsi del terreno comune della conoscenza da cui si è state estromesse, proprio ripartendo da quei saperi dimenticati. «Il fumo delle streghe bruciate rimane ancora nelle nostre narici»,1515Starhawk, Dreaming the dark: magic, sex and politics, Beacon Press, Boston, 1988.
dice Starhawk; e non si tratta di resuscitare il passato tale quale era, come le accuse di regresso indurrebbero facilmente a pensare, ma di riattivarlo coi sensi sentendone il fiato sul presente. Si tratterebbe, infatti, di entrare in un nuovo assetto di pensiero che mira a recuperare antiche conoscenze e ad analizzarne gli effetti sul presente, rivalutandone la validità o elaborando nuovi scenari entro i quali leggerle. La stessa storia, che si ripete, chiede di essere riattivata in un ecofemminismo magico.

Pamela Singh, “Chipko Tree Huggers of the Himalayas #4”, 1994. Courtesy sepiaEYE.

La Teasofia

Il regno dello spirituale è uno dei possibili punti di connessione di diverse forme di realtà e coscienza, spazi che esistono in sé e che sono vita in costante movimento. Su questo punto si incontrano anche le diverse ondate ecofemministe, che reclamano un ritorno al contatto energetico con la Natura, non in quanto dominio femminile, ma perché polarizzato nello schema dualistico che proprio al femminile lo associa. Il rapporto di questa rivendicazione con la spiritualità è spiccato, e diviene punto d’appoggio per un’emancipazione individuale e collettiva, fondamentale nell’autodeterminazione del sé. 

Spesso, ne nascono credenze che sono in opposizione agli stilemi dei monoteismi dominanti; pensieri dell’immanenza che tendono a recuperare il culto della dea e i paganesimi pre-cristiani, appellandosi a un contatto perduto con la Natura e all’urgenza di introdurre l’idea di soggettività impreviste. Reintrodurre saperi oscurati è al centro dell’archeologia sui punti di vista che hanno perso la propria voce; «recuperare significa riabilitare e, in questo caso, riabilitare la capacità di onorare l’esperienza, qualsiasi esperienza di cui ci preoccupiamo in quanto “non nostra” ma “che ci anima”, facendoci fare i conti con ciò che non siamo».1616Silvia Federici, Peter Linebaugh, Re-enchanting the World. Feminism and the Politics of the Commons, PM Press, Oakland, CA, 2019.
 

Jennifer Binnie, “Walking with Echo among Tall Plants”, 2022.

Silvia Federici suggerisce che il termine riabilitare non possa essere ridotto a un concetto, ma che alcuni concetti – come l’assemblage deleuzo-guattariano – possano aiutare a legittimarlo;1717Ibid.
l’assemblage è l’esistenza multipla di componenti eterogenee di cui è propria l’azione, e consente di immaginare una rottura nel rapporto di dominio esistente tra soggetti:

«Il rituale della strega [ecofemminista] – Lei cambia tutto ciò che tocca, e tutto ciò che tocca la cambia – può sicuramente essere commentato in termini di assemblage, poiché resiste all’attribuzione smembratrice del primato sull’azione. Il cambiamento appartiene alla Dea come “agente” o a ciò che cambia quando viene toccato?».1818Ibid.

Questa visione sovversiva dell’ordine consueto delle idee, assimilabile alla visione animista, viene dunque ricondotta alla dimensione magica e introduce, oltre all’idea di una realtà materiale in movimento, la possibilità di un’azione trasformativa sul mondo, attraverso la rinuncia al primato della propria soggettività.

In “The Spiral Dance”,1919 Starhawk, The Spiral Dance: a Rebirth of the Ancient Religion of the Great Goddess, Harper, San Francisco, 1979.
Starhawk riserva diverse pagine alle fasi del culto della dea, specificando però come il senso di divinità evocato appartenga in egual misura a tutte le partecipanti. Come lei stessa afferma, ciò fa della stregoneria contemporanea una religione di poesia, piuttosto che di teologia,2020Ibid.
e i sistemi narrativi di immaginazione che vi sono costruiti ruotano intorno al visualizzare un’idea spirituale di impossibilità: ciò che la mente umana considererà sempre inafferrabile. L’adorazione della Dea riflette il bisogno di esprimere nuovi modi per entrarvi in contatto; non con una verità da perseguire, dunque, come le grandi narrazioni illuministe hanno sempre insegnato, ma con una volontà per la vita che ci muove. Riappropriarsi del proprio volere e del proprio potere – non come potere sull’altro ma come potere “che viene da dentro” –2121Starhawk, nella versione originale, esplicita la differenza tra «power-over» e «power-from-within».
 ed elevare la dimensione della metafora per restare ancorati alla realtà percepita: questo è ciò che muove la strega contemporanea.

Ricorrere alla simbologia della Dea, dunque, fa dell’immaginario uno dei possibili luoghi in cui scrivere nuove narrazioni, che hanno eco nella vita politica e nel riordino delle relazioni di potere, in un modo fin qui del tutto inesplorato. Costruire nuovi impianti di relazioni può passare attraverso il contatto con diverse aree della conoscenza; recuperare saperi oscurati – come per esempio il rituale –, riformarli e impiegarli come pratiche trasformatrici, è un modo per fare ciò attraverso il rapporto materiale con il mondo. Il fatto di ricorrere alla figura volutamente complementare della Dea è dovuto alla necessità di fare leva sulla visione mancante nella narrazione esistente, ancora una volta attraverso il potere del simbolo e le sue ripercussioni sulla vita.

Shoshanah Dubiner, “Electric Beings”, 2010.

Ecofemminismo magico

Isabelle Stengers ricorre anche a un’altra immagine, molto efficace per descrivere la legittimazione di un contesto esterno al pensiero razionale: è l’esempio del pellegrinaggio alla Madonna. Pensata qui come figura che esula da attribuzioni religiose, quella della Vergine Maria esiste come punto di riferimento reale per i pellegrini che vi si recano. Si tratta, di fatto, di accettare quella del pellegrino come un’esperienza trasformativa che solleva la figura della Vergine dal dover dimostrare la sua esistenza; in altre parole, questo caso specifico non richiede di «mobilitare le categorie di superstizione, credenza o efficacia simbolica nel tentativo di spiegare l’esperienza che i pellegrini rivendicano. Piuttosto, dovremmo concludere che la Vergine Maria richiede un milieu che non risponde ai requisiti scientifici».2222Isabelle Stengers, Reclaiming animism, «e-Flux Journal», Issue #36, luglio 2012.

JEB (Joan E. Biren), Manifestante dal Women’s Encampment for a Future of Peace and
Justice, 1 agosto 1983. Dalla mostra RE/SISTERS, Barbican Centre, London, 2023.

Formulato da Deleuze e Guattari, quello del milieu è un concetto che risulta particolarmente calzante in questo discorso: si riferisce a un campo d’azione della conoscenza che, seppur situato e influenzato dai caratteri naturali del suo spazio, rimane indeterminato e sfugge alla rete di un sistema chiuso e immobile. Un simile contesto permette senz’altro di restituire legittimità ai campi che aggirano le pareti del pensiero razionale, pur preservando un proprio statuto.

“God giving birth”, Illustrazione da WomanSpirit Magazine n.5, Fall Equinox, 09/1980.

Sono sempre Deleuze e Guattari a proporre – invece dell’immagine gerarchica della conoscenza come albero, con la Scienza come suo tronco – quella del rizoma, le cui parti molteplici e svincolate non solo lo permettono, ma necessitano di una interconnessione tra di loro. Pensare per milieu significa rimanere situati senza necessariamente aderire a un fine astratto e a una narrazione lineare. È in questo modo che diventa possibile superare lo schema dualistico che impedisce di accostare il pensiero logico a visioni alternative; una tale versione monolitica del pensiero si trincera dietro le impronte del vero e del falso, della superstizione e della fiducia nel dimostrabile.

Situarsi, al contrario, non esula dal posizionamento all’interno di una struttura, anche razionale; significa inventare un nuovo spazio e assumerlo come prospettiva, senza rischiare di vagare in uno spazio inefficace.

«Si tratta ancora di pensare per milieu, ma questa volta un milieu che è pericoloso e insalubre, uno che ci inviti a sentire che grava su di noi la grande responsabilità di determinare cosa ha il diritto di esistere “realmente” e cosa no. È un milieu che di conseguenza è governato dal potere del giudizio critico […]. È il “realmente” che ha importanza qui, un’enfasi che marca il potere polemico associato con la verità. […] Presumo che coloro che sono categorizzati come animisti non posseggano una vera e propria parola per dire “realmente”, come a insistere sulla loro ragione contro le illusioni di cui gli altri sono vittima».2323Ibid.

Cover da WomanSpirit Magazine n.7 Vol.2, Spring Equinox, 03/1976.

Cercare, quindi, uno spazio incerto quanto ben posizionato nel quale sondare idee di verità, senza restare costretti tra le definizioni di vero e di falso, ma aprendosi verso nuove categorizzazioni e nuovi linguaggi per esprimerle. La sfida di oggi è conferire alle nuove narrazioni la stessa legittimità di cui godono i saperi puramente razionali, e comprendere quali tipi di racconto possano costituire questi saperi sbrigliati.

Se inscritti in un milieu che lo renda possibile, il racconto, il mito, la scrittura poetica, l’azione artistica, possono aspirare alle stesse creazioni di significato delle aree di conoscenza già formalmente accettate, aprendo però, attraverso visioni e simboli, nuovi scenari fin qui non ancora considerati. Nuovi territori di ricerca possono esplorare il senso del produrre conoscenza, i modi per farlo e i limiti verso i quali è possibile spingersi; sta solo a noi confidare nel loro potere.

Jennifer Binnie, “The Neo naturists in a Sussex Landscape 1”, 2021.

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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)

di Silvia Bandera
  • Silvia Bandera è una ricercatrice indipendente interessata agli intrecci tra arti performative, studi di genere e spiritualità. Dopo un percorso triennale in Arti Visive, si diploma in Visual Cultures e Pratiche Curatoriali all’Accademia di Belle Arti di Brera, con una tesi sperimentale sull’archivio di Chiara Fumai, progetto tutt’ora in prosecuzione.
Bibliography

David Abram, The Spell of the Sensuous. Perception and Language in a More-Than-Human World, Vintage books, New York, 1996.

David Abram, Beyond the periphery of the skin. Rethinking, remarking and reclaiming the body in contemporary capitalism, PM Press, Oakland, CA, 2020. 

Carol P. Christ, Why women need the goddess, in “Heresies”: The Great Goddess Issue, 1978.

Silvia Federici, Peter Linebaugh, Re-enchanting the World. Feminism and the Politics of the Commons, PM Press, Oakland, CA, 2019.

Émilie Hache in: Cambourakis I., (Re)découvrir l’écoféminisme, conversazione tra Isabelle Cambourakis e Émilie Hache, in “Contretemps”, 28 febbraio 2017.

Philippe Pignarre, Isabelle Stengers, La sorcellerie capitaliste. Pratiques de désenvoûtement, La Découverte, Paris 2005.

Val Plumwood, Feminism and the mastery of nature, Routledge, London, 1993.

Val Plumwood, The eye of the crocodile, ANU E Press, The Australian National University, Canberra, 2012.

Starhawk, Dreaming the dark: magic, sex and politics, Beacon Press, Boston, 1988.

Starhawk, The Spiral Dance: a Rebirth of the Ancient Religion of the Great Goddess, Harper, San Francisco, 1979.

Isabelle Stengers, Reclaiming animism, «e-Flux Journal», Issue #36, luglio 2012.

Eduardo Viveiros de Castro, Cannibal Metaphysics: For a Post-structural Anthropology, Univocal Pub Llc, University of Minnesota Press, Saint Paul, MN, 2014.