Le tradizionali concezioni di empatia – polarizzate nei due estremi binari della razionalità scientifica da una parte e dell’emotività istintiva dall’altra – non sono sufficienti a descrivere il rapporto che lega il sé all’alterità. Consapevole delle limitazioni delle teorie etiche tradizionali e dell’empatia come intesa finora, Lori Gruen concepisce l’entangled empathy in relazione all’altro-animale, come un:
«Tipo di percezione premurosa focalizzata sull’essere partecipi dell’esperienza di benessere altrui. Un processo esperienziale che coinvolge una miscela di emozione e cognizione in cui riconosciamo di essere in relazione con gli altri e siamo chiamati a essere reattivi e responsabili in queste relazioni assistendo ai bisogni, interessi, desideri, vulnerabilità, speranze e sensibilità dell’altro».11Lori Gruen, Entangled Empathy. An Alternative Ethic for Our Relationships with Animals, Lantern Publishing & Media, New York, 2013, p. 9. Trad. It. La terza via dell’empatia, Sonda, Milano, 2017.
Il grande debito nei confronti della teoria femminista è proprio la capacità di riconoscere nella relazione l’aspetto centrale non solo della cura, ma del divenire umano e non-umano stesso. Gruen parla di un experiential process, un processo che ha luogo nel tempo, la cui dimensione esperienziale diviene fondante. Nel riferimento alla responsabilità, all’essere responsive, è infine evidente l’influenza di Donna Haraway e del suo concetto di response-ability – la capacità, l’abilità di rispondere all’altro, la necessità di essere reattivi, ricettivi ai bisogni e alle speranze dell’altro.
Partendo da queste premesse, diversə artistə contemporaneə hanno configurato queste forme di relazionalità complessa attraverso tecnologie immersive e simulazioni virtuali. Infatti, grazie al suo carattere apparentemente non-mediato, alla sua matrice esperienziale e immersiva, la realtà virtuale è stata spesso individuata come mezzo preferenziale per osservare la relazione dell’umano con altre categorie non-umane, dall’animale all’organico, al batterico, al sintetico, nel tentativo di stimolare un’empatia di tipo interspecifico, postumano e post-antropocentrico.
Un caso esemplare è il lavoro del collettivo londinese Marshmallow Laser Feast (MLF), fondato da Barney Steel (Norwich, 1978) e Robin McNicholas (Londra, 1979), ai quali più tardi si aggiunge Ersin Han Ersin (Turchia, 1984). I tre membri principali lavorano inoltre in stretta collaborazione con un piccolo team di persone che li affiancano nel loro studio di Londra, oltre che con un’ampia cerchia di specialistə freelance provenienti da tutto il mondo. L’aspetto di eterogeneità delle competenze coinvolte nella creazione dei loro progetti è fondamentale. Il collettivo si definisce come uno “studio di design esperienziale”, che sperimenta nell’incontro tra scienza, arte e tecnologia, lavorando soprattutto sui media immersivi, come video mapping di grandi dimensioni, installazioni interattive e luminose, e infine con la realtà virtuale. Ognuno dei tre membri principali ha un background differente: Steel inizia il suo percorso con la fotografia tradizionale, passando per la fotografia in 360 e approdando infine alla realtà virtuale; McNicholas ha una formazione in cinema, televisione e media interattivi, e ha lavorato come regista di DVD interattivi; infine, Han Ersin ha studiato Visual Communication Design in Turchia per poi spostarsi a Londra nel 2011 per frequentare un master in Computational Studio Arts, e finalmente nel 2013 anche lui si avvicina alla realtà virtuale.
Dal 2015, i MLF danno avvio a una riflessione che parte dalla simulazione della percezione animale attraverso una rivisitazione artistica basata su dati scientifici, per poi ampliare la categoria dell’alterità animale all’alterità organica in senso lato. Attraverso il filo rosso del respiro, il Prana, l’eterno fluire, che il collettivo visualizza virtualmente, i MLF tentano di stimolare nell’osservatore un’empatia interspecifica che tenga conto delle complesse interconnessioni che uniscono l’essere umano agli animali, all’ecosistema vegetale e all’unità del vivente composta dalle installazioni immersive. Questo percorso si sviluppa in tre installazioni VR – In The Eyes Of The Animal (2015), Treehugger: Wawona (2016), We Live in an Ocean of Air (2018) – che ripercorrono una storia di interconnessioni e relazioni complesse tra natura, umanità e animalità.
In the Eyes of the Animal (2015) simula la percezione animale tramite l’ausilio di scannerizzazioni LiDAR22Lo scanner LiDAR è un metodo che permette di acquisire dati 3D su vasta scala. Viene utilizzato in particolare per realizzare scannerizzazioni di terreni agricoli, aree boschive e urbane, stabilimenti industriali o rilievi rocciosi.
, veicoli aerei senza equipaggio (UAV) o droni e telecamere omnidirezionali. La componente audio è impostata su un paesaggio sonoro binaurale catturato nella foresta Grizedale nel nord dell’Inghilterra. Il progetto nasce quando l’Abandon Normal Devices Festival (AND) chiede al collettivo di realizzare un progetto in occasione del festival che si sarebbe tenuto nel 2015 all’interno della foresta. Han Ersin, direttore artistico del MLF, racconta al project manager dell’Open Doc Lab del MIT:
«Siamo andati visitare il sito e ne siamo usciti con l’idea di fare un progetto di realtà virtuale che si concentrasse sulla percezione di altri abitanti della stessa foresta, così che i visitatori potessero vedere la foresta non solo dal proprio punto di vista, ma anche dal punto di vista dei diversi animali e insetti che vivono lì. Quindi abbiamo iniziato a lavorare con questa idea e a interagire con la Salford University e il Museo di Storia Naturale di Londra per ottenere un po’ più di informazioni su come quelle specie percepiscono il loro mondo, il loro ambiente. E poi abbiamo iniziato a costruire una narrazione molto semplice basata sulla catena alimentare».33Beyza Boyacioglu, Interview with Marshmallow Laser Feast. Ersin Han Ersin of Marshmallow Laser Feast describes the process and the philosophy behind their VR projects, in “MIT Open Documentary Lab – Docubase”, 2017 (ultimo accesso: 20/11/2022).
L’obiettivo è di ricostruire, attraverso una reinterpretazione artistica della percezione sensoriale animale, la visuale e l’udito di tre animali: la libellula, la rana e il gufo. L’esperienza è fruibile sia online, tramite browser o su YouTube, oppure on-site, grazie alle numerose tappe del tour in diversi musei e festival, tutt’ora in programmazione. Nella versione on-site, l’utente è invitato a indossare il visore VR per entrare nella foresta virtuale e interagire, attraverso lo sguardo di uno dei tre animali, con l’habitat naturale scannerizzato tramite fotogrammetria.44La fotogrammetria è una tecnica di rilievo che permette di catturare forma e posizione di un oggetto tramite l’acquisizione e l’analisi di una coppia di fotogrammi stereometrici.
Ogni elemento ambientale – alberi, rocce, aria, terriccio, vegetazione – è rappresentato come una condensazione di piccoli punti di energia in costante movimento. Come spiega Steel,
«Abbiamo sempre voluto hackerare i sensi delle persone combinando arte e tecnologia. “In the Eyes of the Animal” ci ha dato la possibilità di utilizzare la VR come una prospettiva in prima persona, il modo migliore per intromettersi nei sensi di qualcuno. Usare la VR per immergere qualcuno nella vista e nell’udito degli animali crea empatia simulando il modo in cui gli altri percepiscono il mondo. Questo tipo di esperienza in prima persona è, a mio parere, il VR al massimo delle sue possibilità»55 Kevin Holmes, Finally, Virtual Reality Lets You Become a Mystical Forest Creature, “The creators project”, 2015 (ultimo accesso: 30/10/2022).
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Il collettivo riesce dunque a restituire la percezione animale grazie alla simulazione. Per esempio, spiega Steel,66Liz Else, Virtual reality gives you an insider view on life as a midge, «New Scientist», 2015 (ultimo accesso: 30/10/2022).
l’esperienza prende inizialmente ispirazione dalla capacità del moscerino di rilevare l’anidride carbonica nel respiro umano fino a 20 metri di distanza. Da questa nozione, il collettivo ricostruisce virtualmente la visione dell’insetto rivelando il flusso e la densità di CO2 nell’aria, rappresentata con tonalità rossastre. Così, attraverso gli occhi di una libellula, osserviamo gli alberi respirare il rosso ed espirare aria nitida. Questo mette lo spettatore nella posizione di comprendere più direttamente, in prima persona, l’equilibrio perfetto della natura che comprende ogni essere vivente e che tutti gli animali – fatta eccezione per l’uomo – accolgono senza opposizione.
Per un po’, lo spettatore assume la vista di un moscerino. Poi improvvisamente il moscerino viene mangiato da una libellula: questo animale è in grado di vedere 300 fotogrammi al secondo, perciò condividendone lo sguardo lo percepiamo a rallentatore. La libellula, inoltre, può differenziare ultravioletti, infrarossi e microonde, con la conseguenza che è in grado di percepire l’intero spettro di luce ed elaborarlo completamente. La libellula viene mangiata da una rana. In questo caso, i MLF – affascinati da caratteristiche percettive di diverse tipologie di rana provenienti da tutto il mondo – non scelgono una specie di rana presente nella foresta Grizedale, ma prelevano diverse particolarità da più varietà, per esempio dalle rane Tungara, originali del Messico. Essendo quasi completamente cieche, come i pipistrelli, anch’esse sono in grado di ecolocalizzarsi grazie a onde sonar che si propagano dal proprio corpo, colpiscono l’ambiente circostante e tornano indietro, fornendo le informazioni necessarie. Infine, la rana viene mangiata da un gufo – che la individua proprio perché le onde sonar emettono un forte suono che le espone al pericolo dei predatori. Il gufo ha una visione binoculare, quindi i suoi occhi hanno una forma quasi ovale che si ritiene renda la sua visione periferica piuttosto astratta: similmente, i MLF propongono una visione in cui solo la parte centrale è messa a fuoco, mentre i lati risultano più sfocati.
In the eyes of the animal mostra come la realtà virtuale risponda in modo deciso alle problematiche dell’Antropocene, alla questione ecologica e alla necessità di ripensare il ruolo dell’essere umano decentrandolo in favore di una rete di connessioni interspecifiche complesse. Rendere visibile l’interconnessione è infatti uno degli obiettivi del collettivo. Come dichiara Steel,
«Viviamo in un’epoca di tale disconnessione che inavvertitamente, attraverso il consumo quotidiano, stiamo distruggendo il nostro pianeta. Crescendo in città è facile diventare un adulto che non ha mai avuto alcuna connessione con la natura né con altri esseri viventi, e perché dovremmo? Viviamo in una realtà costruita dall’uomo; il linguaggio, le regole, le cose che diamo per scontate sono costruite dall’uomo prima del nostro arrivo. La realtà virtuale, questa tecnologia all’avanguardia che fiorisce dalla terra attraverso le menti e le mani di alcune persone molto intelligenti, potrebbe rivelarsi un potente mezzo di riconnessione alla roccia che rende possibile tutto questo spettacolo».77“Marshmallow Laser Feast – Focus #1: In the Eyes of the Animal”, “Fabbula”, 2015.
Treehugger – premiata nel 2017 al Tribeca Storyscapes Award – è un’esperienza che rende visibile il funzionamento del sistema interno di una sequoia visualizzando i vasi linfatici che la percorrono dalle radici alle foglie. Ancora, come in In The Eyes Of The Animal, si tratta di speculazione artistica che incorpora dati scientifici raccolti in un accurato lavoro di osservazione, con un risultato visivamente creativo e tendente all’astratto. Ciò che vediamo è una visualizzazione rielaborata e simbolica di un flusso d’acqua ed energia: il passaggio dal tema animale della prima fase della trilogia a quello della vita organica in senso più ampio avviene quasi inevitabilmente e in modo estremamente naturale. Lo spettatore indossa il visore e si ritrova dentro la gigantesca e secolare sequoia Wanona, uno degli alberi più grandi al mondo, all’interno del quale nel 1881 fu scavato un tunnel nel tentativo di attirare i turisti.
L’albero, che si trovava nel Kings Canyon National Park e che aveva già vissuto più di 2.000 anni, resistette solo altri 88 dopo la realizzazione del tunnel, cadendo nell’inverno del 1969.88“The Myth of the Tree You Can Drive Through”, Sequoia & Kings Canyon National Parks, California, 2017, (ultimo accesso: 21/11/2022).
Nel giro di una generazione, l’essere umano è riuscito pertanto a distruggere una vita senza tempo, perdendola per sempre. In questo caso, i MLF utilizzano dunque il VR come strumento di conservazione e d’archivio, consapevoli che:
«I luoghi che abbiamo immortalato per questi progetti, come la Sequoia National Forest, la Bristlecone Pine Forest o la Grizedale Forest, hanno un’importanza culturale. È giusto dire che in questi tempi incerti non sappiamo se questi habitat esisteranno oltre la fine di questo secolo. Pertanto, i dati che abbiamo raccolto possono essere un utile archivio sia per la scienza che per l’istruzione»99“Marshmallow Laser Feast — Focus #2: Treehugger”, Fabbula, 2018 (ultimo accesso: 21/11/2022).
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Mentre lo spettatore è all’interno della ricostruzione virtuale di questo meraviglioso esemplare, improvvisamente comincia a piovere. Vediamo la pioggia cadere sul terreno, raccolta dalle radici, e risalire il corpo dell’albero fino alle foglie: in breve, lo vediamo vivere e viviamo con esso. All’interno dell’albero sentiamo il suo battito, ne percepiamo il respiro e vediamo il flusso d’acqua cambiare colore, dal blu al rosso, a indicare il processo di reazione chimica della fotosintesi. Cercando di avvicinare lo spettatore alla sequoia, i MLF portano avanti una riflessione sul tempo e come questo venga percepito: esistono alberi che hanno persino più di 5.000 anni – come il Bristlecone Pine, nelle White Mountains (California), che il collettivo ha avuto la possibilità di scannerizzare –, e per l’essere umano immaginare un tempo così vasto è quasi impossibile. Come sarebbe vivere per 5.000 anni? Proprio come in In the Eyes of the Animal, i MLF «stanno, ancora una volta, speculando su questo mondo invisibile che non è disponibile ai nostri sensi»,1010Ibid.
grazie alla simulazione della realtà virtuale. Già in Treehugger, come vedremo per We Live in an Ocean of Air, l’intento è di esplorare l’interconnessione. E come sottolinea Barney Steel,
«Ci troviamo in una posizione in cui con l’Antropocene stiamo causando tutti questi problemi perché, essendo disconnessi, non vediamo le conseguenze delle nostre azioni. Quindi parte di questo progetto consiste nel capire come portare le meraviglie della natura tra i banchi di scuola, nel parco giochi e nelle case della gente. In modo da avere un’esperienza abbastanza profonda da cambiare il comportamento. […] Quanto più comprendi i sensi di una zanzara, tanto più sei sconvolto dalla loro complessità e da quanto possa essere alieno quel mondo rispetto alle tue percezioni. Più riesci a comprendere qualcosa e ti immedesimi con quanto siano complicate e pazze e impressionanti le cose».1111Ibid.
Per Treehugger, i MLF prendono ispirazione dalle «idee contemporanee come la biologia quantistica e come tutto sia interconnesso, soprattutto attraverso il micelio».1212Ibid.
Ritorna dunque la teoria quantistica, a partire dalla quale prende avvio la filosofia dell’intra-action di Karen Barad, che i MLF legano alla biologia, riferendosi al micelio, l’apparato vegetativo dei funghi. Le reti miceliari si disperdono nel terreno per lunghe distanze e in esse scorre il protoplasma, una sostanza nutritiva costituita da sostanze inorganiche e organiche. Tali reti possono estendersi per chilometri e hanno un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’ecosistema, poiché sono in grado di intrattenere un rapporto di scambi con le altre piante da cui ognuno trae beneficio. Per esempio, i funghi, che traggono le sostanze nutritive soprattutto dall’esterno grazie ai processi di decomposizione, sono in grado di ricavare fosforo e azoto dal suolo; tuttavia, non svolgendo la fotosintesi clorofilliana come le piante, non sono in grado di produrre zuccheri. Così, questi organismi, tramite i miceli, trasmettono alle piante fino all’80% del fosforo di cui esse hanno bisogno, mentre le piante forniscono gli zuccheri.1313Un gruppo di scienziati vuole mappare il micelio, «Il Post», 2 dicembre 2021 (ultimo accesso: 21/11/2022).
La riflessione sull’interconnessione vegetale dei MLF prende avvio dall’osservazione di questo principio.
È proprio attraverso i funghi che Anna Tsing, in Il Fungo alla Fine del Mondo, sviluppa una critica profonda dell’illuminismo antropocentrico e a come il modello della razionalità moderna abbia portato alle conseguenze più catastrofiche dell’Antropocene.1414Anna Tsing, Il fungo alla fine del mondo, Keller, Rovereto, 2021.
Ripercorrendo la storia del commercio e osservando le dinamiche che coinvolgono una particolare varietà di funghi giapponesi, il matsutake – non a caso e piuttosto simbolicamente la prima forma di vita a essere emersa dopo lo sgancio della bomba atomica su Hiroshima nel 1945 –, l’antropologa propone un modello di vita ispirato a una forma di esistenza collaborativa, in grado di sopravvivere in condizioni estreme e nell’era della devastazione antropocenica, convivendo pacificamente con l’ecosistema e alimentandolo con cura reciproca. Osservando le caratteristiche organiche del fungo matsutake e il funzionamento del micelio, così come la storia del suo commercio nell’isola nipponica, ci si rende conto che questo apparentemente semplice organismo eucariotico potrebbe nascondere in sé un’alternativa all’accelerazionismo capitalista di stampo progressista: Il fungo infatti non prolifica grazie al progresso, ma grazie alla contaminazione, che in quest’ottica diventa motore propulsore e inarrestabile elemento di resilienza.
Nel 2018, i MLF realizzano infine We Live in an Ocean of Air. Anche questa esperienza in VR, della durata di 15’, permette all’utente di entrare all’interno di una gigantesca sequoia. L’installazione riprende l’idea di In the Eyes of the Animal di simulare, tramite il visore VR, una percezione visiva non umana, al fine di relativizzare il ruolo dell’essere umano, avvicinando lo spettatore – come in Treehugger – non solo agli animali, ma alla vita organica e microbica:
«La natura della percezione si colloca saldamente entro i confini della nostra pelle. I nostri sensi si estendono nel mondo, ma i limiti di quei sensi ci lasciano un’impressione di realtà. Essere un altro, vedere il mondo attraverso gli occhi di un altro, uscire dalla tua pelle, è una cura per la malattia dell’importanza che l’essere umano si auto-assegna».
L’opera è ancora influenzata dalla riflessione precedentemente osservata sui miceli, questa volta messi in relazione con il sistema cardiovascolare umano: infatti «le nostre reti capillari, arterie e mitocondri si scambiano con le foglie, il floema e il micelio, ponendo ciascuna delle nostre ispirazioni e scadenze in un grande sistema di reciprocità».1616 “Marshmallow Laser Feast — Focus #2: Treehugger”, Fabbula, 2018 (ultimo accesso: 21/11/2022).
In pratica, come i miceli scambiano fosforo e azoto con le piante in cambio di zuccheri, queste ultime scambiano ossigeno con gli umani per ottenere l’anidride carbonica di cui necessitano per la fotosintesi clorofilliana, e tutto ciò avviene attraverso il respiro. We Live in an Ocean of Air aggiunge quindi un importante tassello alla ricerca iniziata con In the Eyes of the Animal, complicando l’ecosistema vegetale e i suoi meccanismi inserendo il ruolo umano, osservato tramite l’elemento centrale del respiro.
Lə partecipanti (due gruppi di cinque persone per ogni turno) vengono innanzitutto equipaggiatə non solo dal visore VR, ma da uno zaino contenente un potente computer, collegato a un auricolare VR wireless su cui sono fissati dei rilevatori di movimento, dei sensori di respirazione e dei cardiofrequenzimetri. Tutti questi dispositivi servono a tracciare il respiro e il battito cardiaco deə partecipanti: in seguito, attraverso il visore VR, il respiro viene visualizzato in particelle d’aria sincronizzate con il battito cardiaco e il pulsare dei vasi sanguigni, e l’osservatore comincia a esistere in completa sincronia con l’albero, respirando insieme in uno scambio reciproco. Come Treehugger, anche quest’opera rappresenta una riflessione sul tempo, il tempo finito umano e quello non umano, il tempo lento e secolare di una sequoia. Ma si tratta soprattutto del tentativo di costruire un ponte tra l’umano e il non umano, tra il sé e l’altro, con l’ausilio delle tecnologie immersive:
«La scienza è una finestra che ci permette di guardare oltre la nostra esperienza, di capire la complessità delle cose nascoste a occhio nudo. Portare questi angoli invisibili della realtà nel campo della percezione umana è al centro del nostro lavoro. Le esperienze immersive possono fondere queste dimensioni della realtà nella tua storia personale, ravvivando il modo in cui vedi te stesso e il mondo che ti circonda. La capacità della realtà virtuale di portarti fuori dal tuo corpo – vedere il mondo attraverso gli occhi di un animale o di un albero o di una foresta – ci affascina, ed è un ottimo modo per scrollarsi di dosso la sensazione di superiorità umana».1717Ibid.
Attraverso il punto di contatto del respiro, il prāṇa [प्राण,], l’eterno fluire, i MLF suggerisce l’interconnessione della vita con il tutto, il suo scorrere incessante in ogni forma, dal vegetale all’animale. Da questo punto di vista, si ispira al concetto coniato dal monaco buddista vietnamita Thích Nhất Hạnh di “interbeing”,1818Ibid.; Cf. William Edelglass, Jay L. Garfield, Engaged Buddhism: Thich Nhat Hanh’s Interbeing, in Buddhist Philosophy: Essential Readings, Oxford University Press, Oxford, 2009, pp. 419-427.
che indica come l’esistenza del singolo includa necessariamente l’esistenza di tutto il resto. Il collettivo dichiara infatti, durante un’intervista per «Flash Art», che nell’installazione «si esplora l’interconnessione. […] Quando si partecipa, il lavoro prende vita — il tuo cuore batte, e non sei semplicemente all’interno di una sequoia, ma respirari letteralmente con gli alberi».1919Ibid.
L’esperienza consente di visualizzare e sperimentare in prima persona come, in natura, tutto sia perfettamente allineato e quasi progettato per far sì che ogni individuo ceda all’altro esattamente ciò di cui ha bisogno per vivere, e come tutto ciò avvenga in modo assolutamente naturale, innato, quasi automatizzato, senza che nessuno debba rinunciare a nulla. Per dirlo con le parole di Haraway, è come se la natura fosse dotata di una response-ability innata. È difficile far convivere questa nuova evidenza con la consapevolezza della responsabilità dell’essere umano sul collasso dell’ecosistema, la crisi climatica e l’estinzione di diverse specie animali e vegetali.
L’obiettivo di MLF è quello di rivelare la relazione di interdipendenza che lega ogni essere vivente
L’obiettivo di MLF è quello di rivelare la relazione di interdipendenza che lega ogni essere vivente. Come già notava de la Bellacasa,2020Maria Puig de la Bellacasa, Matters of Care: Speculative Ethics in More than Human Worlds, University of Minnesota Press, Minneapolis, 2017, p. 2.
l’interdipendenza viene vista come un valore negativo nel sistema post-capitalista e in generale nelle società industrializzate, le quali favoriscono l’individualismo e l’indipendenza come valori assoluti, poiché ciò indebolisce la collettività e aumenta i consumi. È invece necessario ridare un valore positivo al concetto stesso di interdipendenza, di coesistenza, interazione, collettività, per poter superare l’Antropocene limitandone i danni e ricostruire l’umano. Non si tratta solo di assottigliare le differenze tra esseri umani e alberi secolari, rivelandone il rapporto di scambio reciproco, ma di stimolare un cambio di prospettiva: smettere di avere la sensazione di vivere sul mondo e iniziare a “vivere con il mondo”.2121Cf. Donna J. Haraway, Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, Nero, Roma, 2019.
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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)
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Laura Cocciolillo (Roma, 1997) si laurea nel 2019 in Arte Contemporanea presso La Sapienza di Roma con una tesi sulle pratiche curatoriali per la net art nel 21° secolo. Attualmente frequenta un corso di laurea magistrale in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici presso Università Ca' Foscari di Venezia. La sua ricerca si concentra principalmente sul rapporto tra arte e nuove tecnologie, in particolare sulla cultura visuale e l'estetica dei nuovi media. Tra le sue pubblicazioni: “Net Art e hacktivism. L'artivismo in rete dagli anni Novanta ad oggi” in «Connessioni Remote», n.2, 02/2021, Università degli Studi di Milano; ""Second Life: first steps into the virtual scape in visual arts" in «Meta.space» Francisco Carolinum Linz, Vienna, 2022.
William Edelglass, Jay L. Garfield, Engaged Buddhism: Thich Nhat Hanh’s Interbeing, in Buddhist Philosophy: Essential Readings, Oxford University Press, Oxford, 2009.
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