La ricerca discussa in questo saggio ha inizio da una domanda piuttosto semplice che mi ossessiona sempre ogni volta che sono vicina a qualcunə: che cosa accade, nello spazio, quando un’altra persona interagisce con me? Cosa succede ai nostri corpi?
Ho sempre percepito forze invisibili che operano esattamente nello stesso momento della relazione effettiva tra il mio corpo e quello di un’altra persona. Ho iniziato allora una riflessione su questo elemento invisibile, chiedendomi quanto esso influisse sulla relazione e che cosa ci fosse laddove pensiamo vi sia solo uno spazio vuoto tra corpi.
Sto qui considerando l’incontro con un corpo in uno spazio intimo o personale, due diverse distanze prossemiche teorizzate da Edward Hall nella sua Teoria Prossemica11La prossemica, disciplina semiologica teorizzata dall’antropologo Edward T. Hall nel 1963, studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le distanze all’interno di una comunicazione verbale e non verbale.
, che avviene in un preciso momento: l’istante.
L’istante dell’incontro con l’altrə è una sorta di epifania, un evento che fa avanzare la realtà verso il cambiamento. Ciò che si percepisce quando entriamo in relazione con un corpo vicino a noi è una sorta di energia potenziale che accompagna la relazione della materia nello spazio. Questa potenzialità è incarnata nei corpi stessi che, incontrandosi, originano un evento e consentono al potenziale di accadere. Il corpo è un elemento centrale di questo processo, così come l’incorporeo, un concetto fondamentale introdotto da Elizabeth Grosz, ovvero «le condizioni incorporee della corporeità: gli eccessi al di là e all’interno della corporeità che inquadrano, orientano e dirigono le cose e i processi materiali, e in particolare gli esseri viventi […] in modo che occupino lo spazio e il tempo, abbiano significati e direzioni possibili che superano la loro corporeità».22Elisabeth Grosz, The Incorporeal, Ontology, Ethics and Limits of Materialism, Columbia University Press, 2017, p. 5. Trad. dell’autrice.
Il concetto di incorporeo lega insieme idealismo e materialismo, superando il dualismo materia-pensiero/corpo-coscienza e sintetizzando tutte le disposizioni virtuali che esistono nel corpo e che lo spingono verso il cambiamento.
Questa riflessione e il conseguente superamento di un approccio materialistico alla relazione possono portare a una diversa comprensione ontologica dell’incontro e, quindi, a un cambiamento etico nel modo di rapportarsi con l’altrə. Tale analisi ontologica può dunque contribuire a una ridefinizione della cornice culturale all’interno della quale ci relazioniamo. Grosz afferma:
«Un’ontologia comporta una considerazione del futuro, non solo di ciò che possiamo garantire o di ciò di cui possiamo essere certi, ma soprattutto di ciò che le virtualità del presente possono consentire in futuro. È la possibilità che il futuro sia diverso dal presente, l’apertura di un futuro che è comunque legato, basato ma non del tutto limitato dal passato e dal presente»33Ivi, p. 2.
.
Spingendo oltre le sue considerazioni, mi chiedo se sia possibile sovvertire, attraverso l’adozione di diverse ontoetiche, alcune dinamiche dell’attuale sistema governato dal post-capitalismo, quindi dal materialismo e dalla forte individualizzazione, e dunque se una differente filosofia della relazione possa mettere in discussione il posizionamento dei corpi all’interno di coordinate relazionali già determinate che regolano i rapporti tra gli individui all’interno di una società: «Le ontologie hanno implicazioni etiche e politiche, nel senso che fanno la differenza nel modo in cui viviamo e agiamo, in quello a cui diamo valore e in quello in cui produciamo e creiamo»,44Ivi, p. 3.
suggerisce Grosz.
La chiave fondamentale per lo sviluppo di questa etica è rappresentata dalla comprensione dell’incontro con l’altrə come istante rivelatorio dell’incorporeo e dal superamento della determinazione del corpo dovuta al suo posizionamento all’interno di coordinate socio-culturali predefinite.
Gilbert Simondon55Gilbert Simondon (1924-1989) è stato un filosofo francese, la cui ricerca è incentrata prevalentemente sul problema dell’individuazione e su quello della tecnica.
sostiene che vi sia una differenza tra “determinazione sociale” e “socialità”66Gilbert Simondon, L’individuation psychique et collective, Aubier, Paris, 1989.
. È necessario dunque concentrarsi sul divenire della cultura e del sociale, la cui risultante è l’emergere di determinate forme di cultura e socialità. Il campo dell’emergenza, secondo Simondon, non è mai presociale, ma assolutamente sociale, poiché precede il momento in cui gli individui si separano e si suddividono in raggruppamenti identificabili, incorrendo in un momento di rallentamento del divenire e, dunque, in un momento di stallo. Tale stallo coincide con la divisione tra individui e collettività, e i modi che emergono nel processo in cui ci posizioniamo all’interno di questa configurazione sono le qualità sociali che definiscono la griglia culturale entro cui ci muoviamo. Tradizionalmente, lo spazio si definisce come una struttura geometrica che fornisce una griglia di riferimento per poter effettuare misurazioni sugli oggetti. Gli oggetti, dunque, occupano ordinariamente un volume nello spazio e si muovono al suo interno, passando da una posizione all’altra.
Nello spazio a tre dimensioni a cui solitamente ci rivolgiamo nel pensiero, questa griglia di definizione non cambia mai, qualsiasi oggetto vi sia all’interno e qualunque sia la sua posizione. In questo spazio, il corpo è pensato non in base alle qualità del suo movimento, ma solo in base al suo posizionamento. Brian Massumi77Brian Massumi (1956) è un filosofo canadese. La sua ricerca abbraccia gli ambiti dell’arte, dell’architettura, della sociologia e della teoria politica, per concentrarsi sull’intersezione tra potere, percezione e creatività, allo scopo di sviluppare un approccio al pensiero e all’azione sociale che unisca i campi dell’estetica e della politica.
affronta ampiamente questo problema in Parables for the virtual, movement, affect and sensation, dove sostiene che la griglia di posizionamento spaziale, come una sorta di scacchiera formata da temini binari, è anche, appunto, una vera e propria griglia sociale costituita da «un quadro oppositivo di significati culturalmente costruiti: maschio contro femmina, nero contro bianco, gay contro etero, e così via. Un corpo corrisponde a un “sito” sulla griglia, definito dalla sovrapposizione di un termine di ciascuna coppia. […] I sostenitori di questo modello hanno spesso citato la sua capacità di collegare i siti corporei in una “geografia” o cultura che tempera le tendenze universalizzanti o l’ideologia. I siti, è vero, sono molteplici. Ma non sono sempre permutazioni combinatorie di un quadro definitorio generale? […] Dov’è finito il potenziale di cambiamento?».88Brian Massumi, Parables for the Virtual: Movement, Affect, Sensation, Duke University Press, Durham, 2002, p. 3. Trad. dell’autrice.
Massumi si domanda come sia possibile dunque cambiare la griglia stessa e rimettere il concetto di movimento al centro della trasformazione qualitativa. «Quando un corpo è in movimento», continua, «non coincide con sé stesso. Coincide con la sua stessa transizione: la sua stessa variazione. […] In movimento, un corpo è in relazione immediata e dispiegata con il proprio potenziale non presente di variare»99Ivi, p. 5.
. Che ruolo affidare, quindi, alla stasi e alla posizionalità se l’attenzione viene posta sulla transizione e il movimento? Da un altro punto di vista, se non esiste a priori una griglia di misurazione entro cui il corpo si muove, come possiamo comprendere il caos in cui siamo immersə?
La posizionalità deve essere intesa come una qualità del movimento nello spazio sociale, vale a dire non come un passaggio da un punto all’altro già determinati, ma come un continuo passaggio tra punti, riconoscibili solo se individuati retrospettivamente. Lo spazio della relazione è creato da una standardizzazione delle misurazioni dei vari punti che avviene solo nel momento in cui il corpo rallenta e quasi si ferma, restituendo una griglia di posizioni determinate. Le ri-condizioni dell’emerso che si muovono su questa griglia non costituiscono un cambiamento effettivo, ma sono piuttosto normative. Il cambiamento si ha non quando non si seguono più le qualità di movimento standardizzate, ma quando si riesce a far emergere quelle potenziali, latenti, in un piano di possibilità virtuale, ma assolutamente reale, che ridefinisce continuamente la geografia dei siti corporei a cui fa riferimento Massumi. La presa di coscienza di queste condizioni di emersione può dunque portare a un effettivo cambiamento dello spazio relazionale.
Oggi stiamo vivendo un tempo di stallo e abbiamo un impellente desiderio di cambiamento. Solo con questa sensibilità al potenziale possiamo essere in grado di rimodellare «le nostre attese di mondo».1010Emanuele Braga, Coreografia Cosmogenetica, «NOT», Nero, 23 settembre 2020.
A questo proposito, Emanuele Braga1111Emanuele Braga è artista, ricercatore, coreografo e attivista, la cui ricerca si focalizza sui modelli di produzione culturale e sui processi di trasformazione sociale. È co-fondatore della compagnia di danza e teatro Balletto Civile (2003), del progetto di arte contemporanea Rhaze (2011), e co-fondatore e sviluppatore di Macao (Milano).
ha parlato spesso della “deterritorializzazione caotica” che, nella sua visione, dovrebbe seguire alla crisi del razionalismo moderno, evidenziando la necessità di fare proprie le dinamiche del caos, «perché è nell’abisso che il caos spalanca il varco verso forme di sopravvivenza extra-sistemica e di comunità autonoma».1212Braga, cit.
L’impoteramento1313Termine mutuato dalla traduzione in italiano di bell hooks da parte di Maria Nadotti e usato da Rachele Borghi per sostituire empowerment, lemma «fortemente impregnato di neoliberismo e di gender mainstream» (da concetticontrastivi.org).
del caos e la sua funzione creatrice sono sostenuti ampiamente anche da Bifo Berardi, che riprende spesso il concetto fondamentale di Caosmosi introdotto da Félix Guattari, sottolineando «la prospettiva dell’evoluzione osmotica del caos stesso. Il fondamento della caosmosi è l’incessante interazione tra la respirazione cosmica e i ritornelli delle singolarità».1414Franco Bifo Berardi, Breathing, Chaos and Poetry, «Semiotext(e)», 2018, p. 23. Trad. dell’autrice.
Nei momenti di stallo, come quello in cui ci troviamo nel nostro tempo, il corpo deve creare, grazie alla vibrazione e al movimento, nuove modalità di risingolarizzazione, per definire nuove tipologie di relazionalità e, dunque, portare all’emersione di griglie culturali inedite.
Il processo di emersione del potenziale è un processo vibrazionale che avviene quindi tra corpi che si relazionano nello spazio, definendone così la struttura; e affinché ciò possa avvenire resta essenziale l’elemento dell’incorporeo. Grazie a esso, il corpo in movimento occupa il suo campo di potenzialità, attraversa la super-imposizione dei piani, predispone l’immaginazione agli scenari possibili e pone le condizioni fondamentali per l’emersione di nuove forme.
La tradizione filosofica occidentale considera generalmente l’idealità subordinata alla materialità, ma il concetto di incorporeo è invece molto diffuso in diversi sistemi filosofici antichi, moderni e contemporanei, come quelli degli Stoici, di Spinoza, di Nietzsche e di Deleuze e Guttari. L’incorporeità è un concetto-chiave che fonde nella stessa sostanza il corpo e tutto ciò che lo muove verso il suo cambiamento, che ho anche precedentemente definito attraverso il termine di “potenzialità”. Credo che queste possibilità si attivino e si muovano in momenti molto precisi e che, per questa ragione, l’istante dell’incontro con un altro corpo sia cruciale per creare la situazione in cui l’incorporeo può entrare in gioco.
Gli Stoici sono i primi filosofi antichi occidentali nel cui pensiero possiamo rintracciare come centrale questo concetto. Sono tradizionalmente materialisti e, nella loro visione, l’intero universo sarebbe composto di corpi e oggetti suddivisi in due tipologie: attivi e passivi, entrambi ugualmente corporei. I corpi attivi agiscono, mentre quelli passivi sono agiti. A questo proposito Diogene Laerzio afferma:
«Credono che ci siano due principi dell’universo, l’attivo e il passivo. Il passivo, dunque, è la sostanza non qualificata, cioè la materia, mentre l’attivo è un principio razionale [logos] in essa, cioè dio. […] Dicono che c’è una differenza tra principi ed elementi. […] E i principi sono corpi senza forma, mentre gli elementi sono dotati di forma».1515A. A. Long, D. N. Sedley, The Hellenistic Philosophers, Cambridge University Press, 1987, 1:51. Trad. dell’autrice.
Il piano ideale non è diverso da quello materiale, i corpi non sono separati dalle idee che esistono, o meglio sussistono, al loro interno e li informano. Non si tratta di idee che operano a prescindere dagli oggetti, ma di qualità e relazioni nei e tra i corpi. Pertanto, sebbene il sistema filosofico stoico sia materialista, esso sviluppa il concetto di incorporeo come condizione sussistente della materialità, sostenendo che anche le cose che non sono oggetti materiali esistono (sussistono) e sono le condizioni in cui i corpi possono operare, cambiare e relazionarsi. Gli Stoici parlano di quattro incorporei essenziali: il vuoto, lo spazio, il tempo e il lekton. Proprio quest’ultimo assume notevole importanza all’interno della mia analisi, dal momento che rappresenta la capacità dei corpi di «diventare altro e diverso da ciò che sono, è la condizione della loro complessità»;1616Grosz, cit., p. 31. Trad. dell’autrice.
si tratta essenzialmente di tutti i predicati che un corpo può avere.
Possiamo trovare molte analogie tra i lekta e i modi teorizzati da Spinoza, considerato il filosofo dell’immanenza per eccellenza e il teorico della congiunzione di materialità e idealità nella sostanza. Il concetto di sostanza è infatti essenziale nella filosofia spinoziana ed è dotato di «infiniti attributi, modi in cui si esprime attraverso il mondo, ma noi, come esseri umani, come esseri terrestri limitati dalle relazioni tra le cose che ci riguardano, possiamo percepirne e concepirne solo due – l’estensione, l’ordine e la connessione delle cose; e il pensiero, l’ordine e la connessione delle idee. Non si tratta però di due tipi diversi di sostanza o di cose, ma di due attributi che esprimono un’unica sostanza. […] Non si tratta di due sostanze, ma di due “prospettive” irriducibili, due forme di emanazione o di espressione di un’unica sostanza».1717Ivi, p. 59.
Quando gli attributi esprimono la sostanza nella sua materialità si parla di “estensione”; quando esprimono invece la sua concettualità o idealità si parla di “pensiero”. I modi sono quindi le procedure di relazione che esistono tra le cose e che fanno sì che le cose si influenzino o siano influenzate. Possono essere pertanto intesi come predicati, appunto come lekta, e si riferiscono alle interazioni e alla capacità di trasformare o essere trasformati. Sia i lekta che i modi illuminano «un senso nelle cose al di là del loro stato attuale, la condizione in cui le cose cambiano, il divenire delle cose, sia materiale che ideale, le condizioni in cui possono essere pensate e dette».1818Ivi, p. 72.
Come accennato, il concetto di incorporeo lo ritroviamo anche, più avanti, nella filosofia di Nietzsche, nell’espressione centrale di “volontà di potenza”, vale a dire «l’orientamento o la direzione in cui un corpo o un pensiero viene portato quando agisce, la forza delle sue azioni, le possibilità di influenzare e di essere influenzato».1919Ivi, p. 111.
Infine, un’analisi fondamentale del concetto di incorporeo ci è offerta, nel panorama della filosofia contemporanea, soprattutto dall’opera di Deleuze e Guattari, attraverso ciò che viene da loro definito come “piano dell’immanenza”, un concetto molto simile a quello spinoziano di “sostanza”, poiché si riferisce a ciò che sussiste alla materialità, alla sua forza e alla direzione del movimento. Il piano dell’immanenza è astratto ed è il luogo in cui un concetto può incontrare ed essere impegnato con un altro. Tale piano lavora in connessione con altri, come quelli della composizione e del riferimento, e ciascuno di essi non costituisce un ordine diverso, ma la struttura astratta di ogni pratica umana, materiale e ideale. A questo proposito Grosz afferma:
«I piani sono, in altre parole, direzioni o orientamenti che allineano diversi tipi di entità (concetti, affetti, percezioni e prospettive) in qualsiasi modo possibile, per qualsiasi uso possibile. È in questo senso che i piani possono essere intesi come virtuali, come potenziali non attualizzati (e in continua attualizzazione)».2020Ivi, p. 138.
Il movimento è fondamentale per l’emersione di queste direzioni e potremmo identificarlo con l’idea di un flusso continuo che passa da fasi veloci a fasi più lente. Le configurazioni di cui facciamo esperienza sono eventi che, a diverse velocità di movimento, creano dunque le condizioni in cui il pensiero e i concetti possono nascere e creare un ordine temporale. In questo modo, il dualismo corpo-pensiero può essere superato, la sostanza è immanente a sé stessa e si compenetra perennemente nel suo movimento e nel suo costante cambiamento.
Lo stesso Massumi si riferisce ancora una volta al concetto di incorporeo, sostenendo che:
«questa relazione, per prendere in prestito una frase di Gilles Deleuze, è reale ma astratta. […] Si tratta di un’astrattezza che riguarda l’immediatezza transitoria di una relazione reale, quella di un corpo con la propria indeterminatezza (la sua apertura a un altrove e a un altrimenti che non è, in ogni qui e ora). La carica di indeterminazione portata da un corpo è inseparabile da esso. Coincide strettamente con esso, nella misura in cui il corpo è in passaggio o in processo (nella misura in cui è dinamico e vivo). Ma la carica non è di per sé corporea. Lungi dal recuperare una concretezza, pensare il corpo in movimento significa quindi accettare il paradosso che esiste una dimensione incorporea del corpo. Reale, materiale, ma incorporea».2121Massumi, cit., p. 5. Trad. dell’autrice.
Parlando della relazione con l’altrə, occorre altresì considerare il tempo di questo incontro: l’istante, ovvero il momento in cui il possibile diventa attuale e poi ritorna possibile, in cui la velocità del cambiamento rallenta e poi accelera di nuovo, dove l’incorporeo diventa materiale e poi ritorna alla sua virtualità. L’istante può ricordare il concetto di exaiphnes platonico. Tra i Greci e poi anche tra i Romani, il tempo veniva classificato in vari modi, ognuno con un’etimologia diversa: aión, l’eternità; chronos, il tempo in divenire e di durata; kairós, l’attimo del genio e del creatore; eniautós, l’anno, il tempo ciclico e regolare. All’interno di questo quadro, si inserisce il concetto di exaiphnes. Il termine potrebbe essere tradotto con l’avverbio “improvvisamente”, ma sarebbe riduttivo. Si tratta infatti di un’irruzione inaspettata che non è né in stasi né in movimento e che si connota sia in un contesto extraspaziale che extratemporale. L’exaiphnes è «un enigma cronologico e continua a mantenere la sua natura atopica, sfuggendo a qualsiasi collocazione. È il legame tra la potenzialità e la sua attualizzazione».2222Vincenzo Cicero, Introduzione a Gaston Bachelard, La dialettica della durata, Bompiani, Milano, 2010, pp. 20-21.
Nell’istante dell’incontro vi sono contemporaneamente la determinazione di uno stato delle cose, in cui il movimento rallenta, e una forza che lo fa immediatamente avanzare, dove il movimento accelera di nuovo. L’istante può essere anche chiamato “evento”, seguendo alcune suggestioni provenienti dall’ontologia di Alain Badiou. «Un evento non è né sostanza, né accidente, né qualità, né processo; gli eventi non sono corporei. Eppure, un evento non è certo immateriale; prende effetto, diventa effetto, sempre sul piano della materialità» sostiene anche Michel Foucault in Il discorso sul linguaggio. L’evento, pertanto, presenta uno status ibrido, in cui materiale e ideale si incontrano e si scambiano, e la velocità del cambiamento della sostanza muta il suo ritmo.
Badiou sostiene che «non c’è nulla al di fuori delle situazioni».2323Ed Pluth, Badiou, a Philosophy of the New, Polity Press, 2010, p. 36 (BE 25). Trad. dell’autrice.
La “situazione” è un sistema di organizzazione, un modo di strutturare l’essere e, allo stesso tempo, molteplicità e puro caos. Esistere significa appartenere a una situazione. Una situazione è una molteplicità presentata in modo coerente che implica un qualche tipo di struttura, che Badiou chiama rappresentazione o stato. In questo processo, l’assenza è molto importante perché «ciò che è inesistente per, o in, un mondo, non è semplicemente qualcosa che è assente da quel mondo, ma qualcosa che gioca un ruolo particolare per il mondo da cui è assente».2424Ivi, p. 80.
L’evento emerge dunque quando l’inesistente di un mondo appare in esso portando un cambiamento radicale nella struttura di quello stesso mondo. L’evento è, in definitiva, il momento del cambiamento. Badiou fa quindi un’interessante distinzione tra modificazione e cambiamento, dove la modificazione non incide sulla struttura di un mondo ma solo sulla sua apparenza, mentre il cambiamento coinvolge la struttura profonda di un mondo facendo apparire l’inesistente.
Sempre nell’analisi filosofica di Badiou, il soggetto è il luogo in cui si incontrano vita e struttura, cambiamento ed essere. Egli definisce soggetto fedele chi è impegnato nella costruzione di un nuovo presente – ed è quindi attivo e consapevole del possibile –, e fornisce un esempio significativo di questo concetto riferendosi alla ribellione degli schiavi spartachisti come evento in cui i soggetti realizzarono «nel presente un possibile precedentemente sconosciuto».2525Alain Badiou (LM 60), in Pluth, cit. Trad. dell’autrice.
Trattando della sua filosofia nel libro Badiou, a Philosophy of the New, Ed Pluth spiega che «gli schiavi stavano attivamente dimostrando l’esistenza di, e stavano già vivendo in, un presente che era diverso dal “presente” sociale e politico che aveva costituito le loro vite come schiavi. […] Nel caso della ribellione spartachista c’era l’attualizzazione di un’idea che era di per sé molto dubbia, o forse ritenuta al di là del limite, inaccettabile nel loro momento attuale […]. È come se i membri della rivolta dicessero: “Non siamo più semplicemente gli schiavi che voi dite di essere, e che in effetti siamo, ufficialmente; ma siamo anche, in questo momento, già qualcos’altro”».2626Ivi, p. 5.
Il soggetto è un corpo che mostra l’evidenza della presenza di qualcosa che non c’è ancora, ma che sta già creando la condizione per il cambiamento della situazione. «È quando gli individui diventano consapevoli di ciò che sta accadendo loro […] che le questioni etiche possono essere affrontate»,2727Ivi, p. 129.
prosegue Pluth. La consapevolezza delle condizioni di emersione dell’evento è quindi fondamentale per l’adozione di una diversa etica relazionale, basata sui concetti di incorporeo, di movimento e di potenzialità del caos.
È utile, a questo punto, concludere l’analisi introducendo il concetto di ostacolo epistemologico, teorizzato da Gaston Bachelard negli anni Trenta del Novecento in riferimento a «quelle convinzioni (ricavate sia dal sapere comune, sia dal sapere scientifico) che tendono a impedire ogni rottura o discontinuità nella crescita del sapere scientifico e costituiscono, di conseguenza, potentissimi ostacoli all’affermazione di verità nuove».2828Paolo Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, Laterza, Bari, 1997, pp. 3-4.
Come sostiene Bachelard, i modi in cui pensiamo categorie fondamentali come quelle di spazio e tempo, causa ed effetto dei processi materiali, relazione tra le cose e così via, sono elementi fondanti del nostro pensiero che devono svilupparsi seguendo le recenti scoperte scientifiche. In altre parole, se oggigiorno continuiamo a pensare al tempo come a una categoria indipendente dallo spazio e assolutamente lineare, il nostro pensiero si troverà ovviamente di fronte a un ostacolo epistemologico e non potrà svilupparsi in modo coerente con la realtà, né avere gli strumenti per immaginare possibili evoluzioni della realtà stessa. L’immaginazione ha bisogno di abbattere innanzitutto gli ostacoli epistemologici. In questo senso, l’accettazione del caos e della superimposizione dei diversi piani di realtà, la sincronicità delle virtualità incorporee e l’emersione degli eventi non solo secondo le leggi classiche di causa-effetto, sono alcuni dei concetti fondamentali che il pensiero dovrebbe fare propri. «Assumendo posizioni insolite si pensa meglio»2929Braga, cit.
ci suggerisce Braga.
Oltre quindi a un ripensamento dell’etica relazionale grazie a un’analisi ontologica strettamente collegata alla tradizione filosofica occidentale, è necessario trovare inoltre parallelismi interdisciplinari, soprattutto con le scienze. A questo proposito, è interessante suggerire un’analogia con la fisica, disciplina che possiede grande affinità con l’ontologia, nello specifico con alcuni studi nell’ambito della meccanica quantistica.3030«La fisica quantistica è la fisica che governa il molto piccolo: il regno delle particelle subatomiche. Scoperta circa un secolo fa, una delle sue intuizioni chiave è la dualità onda-particella, l’idea che oggetti come gli elettroni, che normalmente pensiamo come particelle, possano anche presentare caratteristiche ondulatorie. Ciò significa che proprietà precise di una particella (come la posizione o la quantità di moto) possono rimanere ondulatorie e diffuse finché non le “misuriamo” osservando la particella in determinati modi» (da Giles Sparrow, What Shape is Space?, Thames & Hudson, London, 2018, p. 110).
È possibile infatti riscontrare alcune convergenze tra ciò che finora è suggerito sul piano filosofico riguardo alla configurazione dello spazio relazionale e l’emersione dell’incorporeo e alcune teorie generalmente indicate come teorie del “multiverso”,3131I fisici si riferiscono generalmente alla struttura complessa che contiene un insieme di singoli “universi” (comunque si scelga di definirli) come “multiverso”. Il termine è stato coniato per la prima volta dal filosofo statunitense William James (1842-1910) nel 1895 (anche se si riferiva più vagamente alle idee di percezione al di là del quotidiano). Il primo a suggerire che il multiverso potesse essere una realtà fisica è stato il celebre fisico austriaco Erwin Schrodinger, che ha avanzato l’idea in un’influente conferenza del 1952 (da Sparrow, cit., p. 98).
strettamente correlate al campo della cosmologia quantistica. Il passaggio dallo stato potenziale dell’incorporeo a quello effettivo del corpo nell’evento coincide inoltre, per quanto riguarda la consapevolezza del soggetto, con il momento dell’atto di coscienza. La coscienza, come analizzato dal fisico Massimo Teodorani nel volume Entanglement, l’intreccio nel mondo quantistico: dalle particelle alla coscienza, è vista come un funzionamento di base della mente che crea un’unione tra uno stato di potenzialità quantistica e la sua attualizzazione classica. La partecipazione simultanea di questi due piani nella realtà è molto interessante. Infatti, l’attualizzazione della potenzialità, come il pensiero logico, si basa sul meccanismo di causa-effetto, che nasce tuttavia da uno stato di coscienza di sovrapposizione quantistica in cui la relazione causale tra gli elementi è sostituita da una relazione sincronica. Quando lo stato quantistico della coscienza collassa, si passa al funzionamento classico delle facoltà della mente. L’entanglement quantistico è un evento che incide violentemente su ciò che crediamo di conoscere della realtà quotidiana. Il concetto di una particella che si trova contemporaneamente in due luoghi diversi manda in frantumi il principio di causalità e lo sostituisce con quello di sincronicità. Il fisico americano David Bohm, secondo la sua interpretazione della meccanica quantistica, ci dice che le particelle sono informate in modo non locale (indipendente dallo spazio-tempo) da un potenziale quantistico, la cui struttura non è evidente nel mondo newtoniano in cui viviamo. Esiste quindi un livello invisibile che influenza la nostra realtà, e di conseguenza l’universo funziona attraverso due piani incrociati: il regno quantistico è accoppiato al regno classico, il primo opera in modo non locale (sincrono) e il secondo in modo causale. Secondo alcune teorie riportate nel volume di Teodorani, le proprietà dell’entanglement si troverebbero libere in natura, in particolare nel vuoto quantistico che sta alla base della nostra realtà, una dimensione invisibile chiamata “scala di Planck”. Ciò che viene chiamato “vuoto” è in realtà un ribollire di energia sotto forma di particelle e antiparticelle virtuali che interagiscono continuamente con l’universo attraverso fluttuazioni. In questa dimensione, tutte le particelle dell’universo sono sincronicamente connesse tra loro, in particolare quelle di materia con quelle di energia.
Tale campo pervade come struttura puramente informativa tutti gli oggetti del mondo. Si passa così dal livello quantistico, che istruisce il mondo della materia con informazioni su come muoversi, al livello classico, che rappresenta la struttura delle forze che governano la materia. Bohm chiama “ordine implicito” il primo livello, il regno del potenziale quantistico, mentre il secondo “ordine esplicito”, una realtà normale nel mondo della materia. In questo modo, energia e materia si compenetrano continuamente. La nostra coscienza si trova al confine tra i due mondi, quello quantistico e quello classico, quello della sincronicità e quello della causalità. Le similitudini con ciò che ho analizzato precedentemente riguardo all’incorporeo e alla sua attualizzazione in uno spazio entro cui si muovono i corpi sono evidenti. Le teorie di psicofisica esposte nel volume di Teodorani mostrano diverse modalità di analisi del rapporto tra caos e ordine nell’universo e la compresenza di molteplici piani che interagiscono tra loro. Tante altre teorie di fisici contemporanei, come la teoria dei molti mondi di Everett, la teoria delle stringhe o la teoria del multiverso sostenuta dal cosmologo Max Tegmark, rivelano l’esistenza di infinite possibilità di mondo. La fisica e la psicofisica ci suggeriscono dunque che l’ordine razionale non è l’unica realtà possibile, e che anzi abbracciare il caos e dunque superare i diversi ostacoli epistemologici ci permette di immaginare nuove traiettorie di movimento e definire pertanto nuove modalità di relazionarci.
Questa consapevolezza può portare all’emersione di un sistema relazionale diverso da quello della nostra attuale società, oppure esso resta solo un’utopia? Mantenere un’apertura verso la molteplicità delle possibilità relazionali e accettare il cambiamento significa anche superare l’eccessivo individualismo in cui oggi siamo immersi e ricercare una relazione con l’altrə libera da strutture culturali e sociali preesistenti. Per la società occidentale contemporanea, post-capitalista e patriarcale, l’indipendenza è essenziale e, soprattutto a partire dagli anni 2000, l’individualismo competitivo si è imposto come regola dominante. Recuperare nel rapporto con l’altrə la sensibilità al corpo e alle virtualità che esso chiama in gioco è necessario per ristabilire un modo congiuntivo nell’interazione sociale. Come suggerisce Bifo Berardi:
«La transizione dal capitalismo industriale al semiocapitalismo può essere descritta dal punto di vista di un passaggio dalla congiunzione alla connessione come modo dominante dell’interazione sociale. Una concatenazione congiuntiva non presuppone alcun disegno originale. Una congiunzione è un atto creativo: crea un numero infinito di costellazioni che non seguono le linee di un modello preesistente. […] La concatenazione congiuntiva è fonte di singolarità: è un evento, non una struttura, ed è irripetibile perché emerge in un punto unico nella rete dello spazio e del tempo».3232Franco Bifo Berardi, E: La congiunzione, Nero, Roma, 2021.
L’approccio etico all’altrə fin qui analizzato può quindi costituire un modo diverso per superare l’individualismo sferzante e la modalità connettiva con cui oggi i corpi si relazionano, seguendo e reiterando regole precise di comportamento che generano significato solo secondo un codice già determinato. Il cambiamento di coscienza nell’istante dell’incontro e l’importanza dell’ontoetica derivante da questa concezione dei corpi permettono di relazionarsi invece con la potenzialità in cui tutti gli stati di configurazione del corpo si sovrappongono, e dunque di accettare il caos, il movimento e la molteplicità come nuovo paradigma.
Mettere in atto una trasformazione della modalità di relazione con l’altrə può creare le basi per l’immaginazione, su scala più ampia, di nuove traiettorie socio-culturali poiché, come afferma Grosz, «l’etica passa sempre e non può essere facilmente separata da una politica, che affronta la vita sociale, collettiva, culturale ed economica e le loro possibilità di cambiamento».3333Grosz, cit., p. 1.
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Un racconto polifonico degli ultimi istanti di vita di Pier Paolo Pasolini.
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Folklore nero
Una conversazione tra Mara Russo e Davide Coppo per OPERA Festival sull’emergere dei neofascismi.
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KABUL ft. TANK
3ª edizione di FEIQ - Festival di Editoria Indipendente Queer e pratiche performative
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"Information is power. But like all power, there are those who want to keep it for themselves. But sharing isn’t immoral – it’s a moral imperative” (Aaron Swartz)
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Irene Adorni è artista e curatrice indipendente. Nel 2019 ha conseguito un MFA in Fine Arts a Goldsmiths College of London, dopo aver ottenuto il diploma triennale in Pittura all’Accademia delle Belle Arti di Bologna del 2016. Attualmente vive e lavora a Bologna, dove ha co-fondato l’artist run space Parsec. Tra le mostre in cui ha esposto di recente si ricordano: Nel paese delle ultime cose, curata da Caterina Taurelli Salimbeni a conclusione del programma di residenza SUPERBLAST II promosso da Nam - Not a Museum (2022, Firenze, IT); Abecedario d’artista, curata da Gaer in collaborazione con Toro al Palazzo del Governatore (2021, Parma, IT); Hole, Temporary art peep show, curata da Adiacenze e Tatanka in collaborazione con Andrea Tinterri, Adiacenze (2021, Bologna, IT); Hold On, group show curato da Trans-curatorial, The Koppel Project (2020, Londra, UK). Nel 2021 è stata inserita nella pubblicazione di Exibart 222 Artisti emergenti su cui investire, a cura di Cesare Biasini Selvaggi e Silvia Conta.
Gaston Bachelard, La dialettica della durata, Bompiani, Milano, 2010.
Franco Bifo Berardi, Breathing, Chaos and Poetry, «Semiotext(e)», 2018.
Franco Bifo Berardi, E: La congiunzione, Nero, Roma, 2021.
Emanuele Braga, Coreografia Cosmogenetica, «NOT», Nero, 23 settembre 2020.
Elisabeth Grosz, The Incorporeal, Ontology, Ethics and Limits of Materialism, Columbia University Press, 2017.
Edward T. Hall, The Hidden Dimension, Anchor, 1990.
A.A. Long, D.N Sedley, The Hellenistic Philosophers, Cambridge University Press, 1987.
Brian Massumi, Parables for the Virtual: Movement, Affect, Sensation, Duke University Press, Durham & London, 2002.
Ed Pluth, Badoiu, a Philosophy of the New, Polity Press, 2010.
Paolo Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, Laterza, Bari, 1997.
Giles Sparrow, What Shape is Space?, Thames & Hudson, London, 2018.
Massimo Teodorani, Entanglement, L’intreccio nel mondo quantistico: dalle particelle alla coscienza, Macro Edizioni, 2015.
KABUL è una rivista di arti e culture contemporanee (KABUL magazine), una casa editrice indipendente (KABUL editions), un archivio digitale gratuito di traduzioni (KABUL digital library), un’associazione culturale no profit (KABUL projects). KABUL opera dal 2016 per la promozione della cultura contemporanea in Italia. Insieme a critici, docenti universitari e operatori del settore, si occupa di divulgare argomenti e ricerche centrali nell’attuale dibattito artistico e culturale internazionale.