Tania Bruguera e Immigrant Movement International – Queens (New York) – 2011 – (www.creativetime.org).
«Who is the immigrant… a subject, a strong one, who leaves behind a home, a place and will not forget, and might go back. Today’s migrants are increasing expelled. Today is an Era of Expulsions».11Tania Bruguera, Koo Jeong A, Saskia Sassen & Richard Sennet, The Palimpsest of Immigration, Hans Ulrich Obrist’s Instagram Profile.
Il sodalizio tra Tania Bruguera e Saskia Sassen si concretizza attorno al progetto long-term Immigrant Movement International (IMI) e trova il culmine più recente nella conversazione ospitata alla South London Gallery,22La conversazione avviene in seguito al periodo trascorso presso la London School of Economics, insieme alla presentazione della mostra Under the same Sun: Art from Latin American Today, a cura di Pablo León de la Barra (Guggenheim UBS Map Global Art Initiative, 10 jun-11 sept 2016).
a seguito della residenza che ha visto l’artista cubana protagonista e coadiutrice di una serie di sessioni think-tank. Il progetto di Bruguera ha come missione quella di ampliare il riconoscimento e la considerazione dei rifugiati, immaginando una realtà giuridica diversa per i flussi migratori e i diritti umani dei migranti. Intende riconoscere la capacità intellettuale che i migranti portano con sé durante i loro viaggi, come simbolo di una connettività transnazionale che non è più possibile ignorare o sottovalutare, ma anzi che può essere valorizzata come un vantaggio. Alla base di questa convinzione vi è il riconoscimento della differenza culturale come una risorsa e in particolar modo della figura del migrante come esponente di una classe transnazionale alternativa al modello, affrancato negli ultimi decenni, di cittadino globale.33A. Kershaw, An Interview with Tania Bruguera. Immigrant Movement International: Five Years Counting, in «FIELD. A Journal of Socially-Engaged Art Criticism», Spring 2015, pp. 11-26.
Tania Bruguera – Tatlin’s Whisper #5 – performance in the Turbine Hall at Tate Modern – 2008 – Photo: Tate Photography/Sheila Burnett © Tania Bruguera.
Viviamo nel pieno di una transizione storica molto importante e di cui è difficile possedere una visione globale consapevole e lucida poiché si presenta come una transizione ancora in atto. La possibilità di governare le migrazioni in modo intelligente e con una visione che guarda al futuro è una questione che, secondo la sociologa Saskia Sassen, può trovare slancio dalla necessità di comprendere il forte stato di fluidità e instabilità dei confini del mondo attuali e che si trova a fare i conti con l’affermazione di un nuovo paradigma basato sull’espulsione.44Cf. S. Sassen, Expulsions: Brutality and Complexity in the Global Economy, Harvard University Press 2014; e A Massive Loss of Habitat. New Drivers for Migration, in «Sociology of Development», II, 2, Summer 2016, pp. 204-233.
A fronte di un impoverimento delle classi medie, l’aumento incontrollato dei flussi migratori e le conseguenti reazioni di intolleranza da parte dei fronti nazionalistici, la regolazione selettiva delle frontiere per scopi per lo più economici, i cambiamenti climatici a seguito delle pratiche industriali intensive e inquinanti che hanno letteralmente intossicato terreni non più coltivabili modificando gli habitat dell’umanità sono solo alcuni degli aspetti presi in esame da Sassen per spiegare la fine di un’epoca basata su logiche inclusive che hanno governato l’economia capitalistica negli ultimi 50 anni, per lasciare spazio a processi di esclusione estrema e che spesso conducono all’invisibilità. Come si evince dalla conversazione con Saskia Sassen, curata da Federico Oliveri, la provocazione in questo caso giunge chiara: è possibile immaginare un mondo globale caratterizzato da flussi migratori continui, se non si accetta la responsabilità di riconoscerne le condizioni di diritto a essi correlati? È giusto affidare la gestione frammentata di queste decisioni ai singoli stati nazionali anziché aprire il dibattito a una dimensione transnazionale con intenti concreti?55Cf. F. Oliveri (a cura di), Migration in processes of globalization. Conversation with Saskia Sassen, in «Jura Gentium. Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale», IV, 2008.
La presa di coscienza rispetto alle reali motivazioni che sottendono i fenomeni migratori sembra il modo, o quanto meno il presupposto, per elaborare politiche adeguate e individuare luoghi ideali in cui costruire economie localmente sostenibili. Questa è la direzione per identificare altre modalità di appartenenza al territorio. Il mondo dell’arte può aiutare a tener vivo il dibattito e contribuire a individuare possibilità e alternative.66A questo proposito consiglio la lettura dell’intervista tra Nato Thompson e Saskia Sassen.
Le zone di confine in cui si mette in atto il riconoscimento di una diversità culturale non possono più essere rappresentate da quelle determinate dalle mappe geografiche degli stati-nazione, ma all’interno di aree di rigenerazione interne ai tessuti urbani in cui l’integrazione diventa un fenomeno possibile.
Tania Bruguera on The Francis Effect – still frame – 2014 – www.guggenheim.org.
Fondato nel 2010 nel quartiere multietnico di Corona, Queens, grazie al sostegno e al contributo del Queens Museum of Art di New York e di Creative Time,77Creative Time è un’organizzazione no profit di New York che promuove progetti artistici e collaborazioni internazionali per alimentare i dibattiti socio-politici soprattutto riguardanti le trasformazioni e i cambiamenti di percezione dello spazio pubblico (creativetime.org). Qui altre informazioni sulla programmazione di IMI.
Immigrant Movement International (IMI) è un progetto avviato da Tania Bruguera e si presenta come una comunità di persone con una precisa missione, un movimento socio-politico che si interroga e pone a sua volta delle domande sul significato di essere migranti in un’epoca contraddistinta da continui cambiamenti socio-politico-naturali. IMI propone un programma di laboratori, manifestazioni ed eventi in collaborazione con i servizi sociali e gli organi governativi locali, puntando verso l’integrazione e lo sviluppo di una coscienza individuale. Attraverso il Movimento si desidera dare voce88L’idea di dare voce è qui usata in riferimento alla performance di T. Bruguera, El susuro de Tatlin #6 (2009), presentata in occasione della X Biennale di Havana, presso il Centro Wilfredo Lam. Con l’obiettivo di stabilire un momento di confronto e di dibattito politico sulla realtà e le esperienze legate alla società cubana, l’artista ha offerto un microfono e 60 secondi di tempo per dare libera espressione al pubblico di manifestare pensieri, speranze, disagi e possibili soluzioni. Cf. C. Bishop, Speech Disorder: Claire Bishop on Tania Bruguera at the 10th Havana Biennial, in «Artforum», Summer 2009, pp. 121-122.
e visibilità alla classe dei migranti, offrendo loro maggiori strumenti per accedere al sistema politico-burocratico e al riconoscimento da parte delle istituzioni: capofila di tale processo è stata proprio l’istituzione museale newyorkese del Queens. Parallelamente, IMI e Bruguera svolgono un’importante campagna di divulgazione e sensibilizzazione attraverso collaborazioni con musei e istituzioni che ne condividono le sfide e intendono promuoverne l’esistenza. Tali collaborazioni sono state possibili grazie al fatto che IMI abbia condiviso parte del suo percorso con il concetto di Art Útil, in cui l’arte diventa uno strumento di emancipazione sociale e politica. Con Art Útil Tania Bruguera mette in discussione il ruolo dell’arte, dell’artista e delle istituzioni coinvolte.99Il concetto di Arte Útil è stato formulato da Tania Bruguera in accordo con i curatori del Museo Queens di New York, del Van Abbemuseum di Eindhoven e Grizedale Arts, Coniston: «I progetti Arte Útil dovrebbero: proporre nuovi usi per l’arte all’interno della società; utilizzare pensiero artistico per sfidare il campo entro cui opera; rispondere alle urgenze correnti; operare su scala 1:1; sostituire autori con iniziatori e spettatori con utenti; avere pratici risultati positivi per i suoi utenti; perseguire la sostenibilità; ristabilire l’estetica come un sistema di trasformazione» (www.arte-util.org). Nel 2013, in occasione della mostra dedicata a Tania Bruguera, il Van Abbenmuseum (Eindhoven, 7 dicembre 2013 – 30 marzo 2014) fu trasformato nel Museo di Arte Útil. La programmazione della mostra era pensata per presentare circa 200 casi studio volti a capire, immaginare e creare nuovi punti di vista capaci di incidere su un cambiamento nel modo di agire nella società. Si è trattata di un’operazione molto interessante che ha trasformato il museo in uno spazio di rigenerazione. Arte Útil, oggi, è anche un archivio di esperienze attraverso le quali riflettere sul futuro e costruire una memoria storica di questo percorso (consiglio la consultazione dei seguenti link: http://museumarteutil.net/archive/ e http://www.arte-util.org/projects/).
I progetti sviluppati dall’artista cubana hanno in comune l’attribuzione di una responsabilità civile all’arte.
Immigrant Movement International – long-term project (2011-2015) – logo – www.immigrant-movement.us
Bruguera lavora sulla libertà di espressione, usa la provocazione come strumento per alimentare i dibattiti contemporanei, nel tentativo di individuare delle soluzioni concrete. Il lavoro dell’artista si intreccia direttamente con il presente e la realtà sociale. Il pubblico è concepito come utente partecipe (user), e il linguaggio, nonché gli strumenti, di cui si serve sono assunti dalla politica militante. Nel 2012 fonda a Città del Messico il Partido del Pueblo Migrante, un partito politico con l’obiettivo di rappresentare la categoria e i diritti dei migranti nel parlamento messicano. Nel 2014 attua The Francis Effect, una performance volta a evidenziare l’impatto sociale del pontefice in tema di immigrazione: per 15 settimane ha chiesto ai passanti nelle vicinanze del Guggenheim Museum di New York di firmare una petizione con la quale estendere la cittadinanza vaticana a tutti gli immigrati privi di documenti. Dietro allo slogan Dignity has no nationality si esplica il tentativo di cambiare la percezione del pubblico in materia di immigrazione, e di riportare in primo piano il diritto di cittadinanza dei migranti che allo stato attuale non lo possiedono. Bruguera appare dunque come initiator di percorsi che nel tempo hanno acquistato autonomia e resilienza. Sono progetti che lei definisce ‘long-term’ e che si prestano per loro natura a una fluidità che impone tempi di sviluppo dilatati, capacità di adattarsi alle contingenze e una fervida proiezione verso il futuro. Bruguera stessa descrive l’esperienza di IMI, a distanza di cinque anni dall’avvio ufficiale del progetto, come «Ethical Journey»,1010A. Kershaw, cit., p. 19.
come un cammino di apprendimento continuo.
Dovremmo chiederci: una rivoluzione culturale in questa direzione è possibile? Certamente è una grande sfida: «I’ve been inspired by anything that is an attempt to implement Utopian ideas. Restrictions also trigger me, especially when someone says: “No, it is not possible”».1111Tania Bruguera in T. Donovan, 5 Questions (for Contemporary Practice) with Tania Bruguera, «Art:21 Magazine1», April 14, 2011.