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Corpo, gesto, postura: intervista a Simone Menegoi (#artissimalive)
Magazine, MOBILITY - Part I - Settembre 2018
Tempo di lettura: 6 min
Dario Alì, Francesca Vason, Valeria Minaldi

Corpo, gesto, postura: intervista a Simone Menegoi (#artissimalive)

Il curatore a proposito della mostra "corpo.gesto.postura" presentata ad Artissima nella sezione "In Mostra".

In Mostra – corpo.gesto.postura a cura di Simone Menegoi. ph. Costanza Sartoris.

 

«Il punto di partenza dell’intera mostra è stato un suggerimento di Sarah Cosulich: mi ha proposto di scegliere un tema che avesse un legame con il mio incarico precedente ad Artissima, quello di coordinatore della sezione di performance. Mi è sembrata una sfida interessante, e ho pensato di concentrarmi sulla figura umana. Sono partito da un aspetto che mi appassiona particolarmente: le ricerche artistiche che, dagli anni Sessanta a oggi, hanno concepito la scultura come estensione del corpo – utensile, abito, oggetto da attivare – e il corpo stesso come scultura. Allo stesso tempo, ho cercato nelle collezioni di Torino e del Piemonte sculture figurative, possibilmente in scala 1:1, il cui soggetto fosse il corpo umano. Volevo ricreare quella convivenza fra statue e corpi viventi, impegnati a compiere azioni e ad assumere pose, che avevo cercato di mettere in scena un paio di anni fa in una mostra chiamata Le statue calde (Museo Marino Marini, Firenze, 2014). Questo è stato il nucleo  iniziale del progetto, che occuperà uno spazio aperto poligonale (l’“arena”) al centro della mostra». (Simone Menegoi su corpo.gesto.postura)

KABUL magazine: È evidente il legame tra la mostra presentata qui ad Artissima e il progetto che hai sviluppato nel 2014 al Museo Marino Marini, incentrato sul corpo e la scultura performativa. Vorremmo approfondissi l’argomento per capire come hai elaborato ulteriormente la tua ricerca.

Simone Menegoi: L’argomento si è esteso perché la mostra del Marino Marini era stata pensata inizialmente come un progetto internazionale, ma a un certo punto del lavoro è apparso chiaro che con il budget a disposizione era più interessante fare una campionatura coerente e oggettiva di una sola scena, quella italiana. Sono stato felice di fare quella mostra, ma era rimasta la voglia di allargare il discorso. C’erano già delle liste di artisti, e in parte ho potuto trasformare queste liste in realtà, come Erwin Wurm e Franz West. In questo senso questa mostra è uno sviluppo di quella fiorentina. Anche a Firenze c’era l’idea di mettere fianco a fianco sculture figurative e corpi che assumono pose o compiono azioni. Lì la prima proposta era di inserire la mostra all’interno della collezione permanente ma, dopo una lunga negoziazione, è stato chiaro che non era possibile. Abbiamo allora creato un legame a distanza: la mostra stava nella cripta, mentre quelle permanenti nella parte superiore del museo. Il legame esisteva ma non era visivamente evidente. Qui ad Artissima, invece, è stato possibile realizzarlo.

In Mostra – corpo.gesto.postura a cura di Simone Menegoi. Ph. Costanza Sartoris.

KABUL magazine: Una cosa che balena subito alla vista è la tipologia di allestimento che hai scelto e realizzato per lo spazio. Una simile scelta, all’interno di un contesto fieristico, sembra funzionale a creare una sorta di isolamento, un ambiente immersivo in cui il visitatore può rallentare dai ritmi richiesti dalla fiera: una scelta che ci sembra in contrapposizione con quella di Stefano Collicelli Cagol, che l’anno scorso ha presentato un ambiente più aperto, collocando le opere nello spazio senza tentare di circoscriverle. Da cosa è scaturita la tua scelta? Ha delle ragioni legate alla possibilità di costruire uno spazio per il visitatore e renderlo ancor più partecipe all’interno della mostra?

In Mostra – corpo.gesto.postura a cura di Simone Menegoi. ph. Costanza Sartoris.

Simone Menegoi: L’anno scorso Stefano ha fatto un ottimo lavoro, pensando di proposito a un allestimento privo di direzioni: erano tutte possibili e compresenti. Ciò offriva dei vantaggi e degli svantaggi per via, come alcuni hanno notato, della mancanza di un percorso definito e di una zona di maggiore intimità per le opere a dimensione ridotta. Ho fatto tesoro di queste osservazioni e al centro della mia mostra ho adottato un approccio simile a quello di Stefano. Al primo colpo d’occhio si abbraccia già l’intero spazio e si ha un’idea di cosa contenga. Era questo il senso di tale proposta, ovvero mostrare subito i corpi fianco a fianco con le statue. Tutt’intorno c’è un percorso da attraversare in senso orario, con 9 sale più intime in cui è possibile incontrare atmosfere molto diverse tra loro.

KABUL magazine: Nel catalogo della mostra citi le interpretazioni che Rosalind Krauss e Jacques Rancière hanno dato dell’opera di Rodin, mettendone in luce l’aspetto antipsicologico nella trattazione del corpo. Vorremmo chiederti di approfondire ulteriormente quest’argomento e vedere se è possibile inquadrare le opere che, invece a nostro avviso, non sembrano essere in linea con questo aspetto: ad esempio il video di Babette Mangolte (Water Motor, 1978) ci sembra vada in una direzione opposta a quella antipsicologica.

In Mostra – corpo.gesto.postura a cura di Simone Menegoi. ph. Costanza Sartoris.

Simone Menegoi: Mi fa piacere questa domanda e non siete i primi a farmela. Quest’aggettivo, che ho trovato dopo molte esitazioni, mi si sta ritorcendo contro [ride, ndr]. In realtà tengo a quest’aggettivo, va contestualizzato e spiegato, ma sono convinto che sia appropriato. Anti-psicologico fa riferimento specificamente alla lettura di Rodin che ne dà appunto Rosalind Krauss, che lo ammira perché ferma il senso della scultura alla superficie, sostenendo che tutta la scultura immediatamente precedente a Rodin sia una scultura che si propone come immediatamente leggibile, in senso narrativo e psicologico. Rodin è grande anche perché rompe completamente con tutto questo, portando l’attenzione sulla superficie. Innanzitutto, in senso letterale, conservandone l’irregolarità, i segni della lavorazione, del processo. In secondo luogo, perché c’è un’ambiguità radicale nelle pose, negli atteggiamenti e nel rapporto delle figure tra loro, un’ambiguità data dal fatto che la raffigurazione del corpo è parziale, ci sono solo le mani, le gambe, eccetera. Per rispondere alla vostra domanda, io trovo che l’opera di Mangolte, un capolavoro della coreografia postmoderna, sia totalmente anti-psicologico, si tratta davvero di una scrittura fisica, di puro movimento che si innesta in una fluidità pazzesca. Che cosa ci dice di espressivo quel pezzo di coreografia? A me niente. È proprio per questo motivo che non poteva non avere un posto in mostra. Si tratta di una rielaborazione, in chiave stupendamente coreografica, di tutta una serie di momenti quotidiani. Lo spirito di tutta la mostra è quello di essere un catalogo di gesti e posture che sono di tutti, che non hanno un’identità precisa, ma sono collettivi, un catalogo di gesti che appartengono all’umanità, non al singolo. Ci sono delle opere presenti in mostra che fanno eccezione, ma non quella secondo me. Semmai è più il caso di Margherita Manzelli.

In Mostra – corpo.gesto.postura a cura di Simone Menegoi. ph. Costanza Sartoris.

KABUL magazine: Un’ultima domanda. Nel catalogo della mostra hai dato degli estremi cronologici, dal Settecento al 2016 (le opere di Alfredo Aceto, Mattia Macchieraldo e Flavio Palasciano). In merito alla riflessione sul corpo, che ha subìto un’intensa evoluzione soprattutto nel corso del Novecento, quali sviluppi credi ci siano oggi a riguardo e quali potrebbero prospettarsi in futuro?

Simone Menegoi: Questa è una super domanda! Rispondo solo se poi accettate di rispondere anche voi. Posso dirvi una cosa: ciò che da questo punto di vista mi ha colpito di più ultimamente non proviene dall’arte visiva contemporanea. In particolare tre cose: Cyclops, la collezione donna primavera-estate di Rick Owens del 2016; The Spoils, il videoclip dei Massive Attack con Cate Blanchett, per me un autentico saggio di cosa sia la scultura figurativa oggi; e infine l’ultimo video di Arca, Sin Rumbo. Sono rimasto senza parole. Per me le cose più sconvolgenti, più intense delle raffigurazioni del corpo le ho trovate lì. Già questa è un’indicazione conturbante che ha a che fare con la mediazione, con il problema del fluttuare tra la fisicità  e i pixel. È il regime costante delle nostre vite, che si giocano su questa frontiera. Questo è ciò che mi viene in mente al momento. E voi invece?

KABUL magazine: Noi risponderemo volentieri a questa tua domanda nei prossimi numeri.

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Autori
  • Dario Alì
    Dario Alì è Responsabile didattico per Formazione su Misura (Mondadori Education – Rizzoli Education) e Direttore editoriale di KABUL magazine. Dopo aver conseguito una laurea magistrale in Filologia della letteratura italiana, partecipa a CAMPO (Fondazione Sandretto Re Rebaudengo) e ottiene un master in Editoria cartacea e digitale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. È autore, per De Agostini, di due volumi biografici su Torquato Tasso e Lorenzo Valla. Attualmente vive e lavora a Milano.
  • Francesca Vason
    Francesca Vason è curatrice e storica dell'arte. Lavora con M+B Studio a Venezia come curatrice e project coordinator di​ progetti espositivi internazionali​. Collabora con TBA21-Academy e Ocean Space, La Biennale di Venezia, Danish Art Foundation, OCA - Office for Contemporary Art Norway, Singapore​ ​Design Council, oltre a sviluppare progetti indipendenti. ​Prende parte a Campo - programma per curatori italiani della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo​ e, dopo aver scritto​ per magazine come Juliet e InsideArt​,​ è tra i fondatori di​​ KABUL magazine, dove attualmente opera come autrice e referente per le sezioni Project ed Editions.
  • Valeria Minaldi
    Laureata in Neuroscienze all'Università degli Studi di Padova, ha collaborato nella ricerca scientifica in particolare nell'ambito della Neuroestetica. È psicologa e psicoterapeuta specializzanda a orientamento cognitivo costruttivista. Lavora come consulente nell'ambito delle valutazioni dello stress lavoro-correlato presso COM Metodi; si occupa di consulenza e divulgazione scientifica, supporto psicologico individuale e di gruppo. Fa parte del board curatoriale, è cofondatrice e managing editor di KABUL, magazine online che tratta di arti e culture contemporanee, casa editrice indipendente e associazione culturale no-profit dal 2016.