«Internet became not a thing in the world to escape into, but rather the world one sought escape from».11Gene McHugh, Post Internet, Lulu.com, 2011, 21.
(Gene McHugh, Post Internet, 2011).
L’ubiquità delle reti Internet all’interno delle smart city ha davvero reso le città moderne più democratiche, consentendo una maggiore partecipazione e inclusione dei propri cittadini? In questo saggio, mostrerò le conseguenze della presenza aggressiva delle reti Internet che si celano dietro il funzionamento delle smart city rispetto a due princìpi democratici in particolare, ovvero rappresentatività e libertà. Contestando alcune tesi riguardanti l’apparente democraticità delle smart city, verrà dimostrato come, attraverso la svalutazione dell’individuo, la sua mancata effettiva rappresentazione e la sua costrizione alle reti Internet urbane, tale principio non possa affermarsi.
In una celebre intervista, Eric Schmidt, ex CEO di Google, ha dichiarato che in futuro Internet scomparirà.22CNBC, Google’s Eric Schmidt: “The Internet Will Disappear” | Tech Bet | CNBC, YouTube video, pubblicato nel gennaio 2015.
Con questa controversa affermazione, Schmidt intendeva sottolineare l’onnipresenza di Internet in ogni aspetto della nostra vita. Le reti Internet sono infatti diventate così ubique nella società, ovvie e intrinseche al nostro modo di vivere, a tal punto da rendere impercettibile la loro presenza. Esse sono infatti parte del modus operandi che si cela dietro aspetti essenziali della nostra vita, come la telecomunicazione e il sistema infrastrutturale, senza cui la nostra quotidianità sarebbe impensabile.
tutti coloro che si muovono all’interno delle smart city diventano “pedine”
Uno degli spazi che questa forte presenza delle reti Internet ha maggiormente influenzato è quello urbano. La diffusione di Internet e il suo inserimento nella vita quotidiana hanno notevolmente rimodellato le città, il modo in cui le viviamo e il ruolo che abbiamo all’interno di esse. «L’immagine di una città come unità compatta è scomparsa» sostiene Gene McHugh, «la città del XXI secolo è una rete».33McHugh, cit.
Come afferma lo scrittore, alla vecchia idea di città, costituita solo da strutture fisiche, si è aggiunto un mondo immenso e intangibile fatto di computer e software, collegati tra loro attraverso reti Internet. Ciò ha portato alla nascita delle smart city, ovvero città tecnologiche che si avvalgono di sensori per raccogliere e fornire informazioni a un sistema centrale, le quali vengono successivamente elaborate e analizzate per ottimizzare i servizi della città, la sua governance, mobilità e sostenibilità, in modo efficiente. Questi sensori integrati nelle infrastrutture delle città e nei dispositivi personali delle persone sono tutti collegati tramite reti Internet, e formano il cosiddetto Internet of Things (IoT), in cui gli oggetti (le “cose/things”) si rendono riconoscibili grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere a informazioni aggregate da parte di altri. Tutti gli oggetti e le persone possono acquisire un ruolo attivo grazie al collegamento alla rete.
Come affermato dalla scrittrice Keller Easterling, nella struttura organizzativa di una smart city, l’azione (umana) è alla base delle informazioni rilevate dall’IoT.44Keller Easterling, An Internet of Things, «e-flux», 2012 (ultimo accesso: aprile 2018).
In quest’ottica, tutti coloro che si muovono all’interno delle smart city diventano “pedine”, le cui azioni e i cui movimenti sono cruciali per i meccanismi di risposta della smart city. Come afferma Easterling, «l’azione è portatrice di informazioni, conseguenze, cambiamenti o eventi. L’azione è il materiale usato per fare cose e creare significato»55Ibid.
e il mezzo per stabilire numerose connessioni, per esempio tra le persone e le infrastrutture. Rilevando le attività quotidiane, il sistema può ottimizzare e rendere più efficiente la vita delle persone: per esempio, se un parcheggio è collegato all’IoT, gli utenti sapranno in anticipo se è disponibile o meno, e quale potrebbe essere l’alternativa migliore e più veloce in caso contrario.
L’insediamento delle reti Internet nel sistema urbano ha portato uno dei più significativi cambiamenti culturali e politici a cui abbiamo mai assistito, grazie al quale possiamo ora distinguere nettamente città pre o post-Internet. Tutto ciò non solo ha già costituito la nascita di un nuovo modo di pensare, progettare e relazionarsi con le città contemporanee, ma anche un forte cambiamento nella loro governance, oltre che un ripensamento del significato del concetto di cittadinanza.
Per esempio, in ambito urbano, se prima dell’arrivo di Internet l’amministrazione e il funzionamento degli spazi erano nelle mani delle autorità, quello che Gilles Deleuze avrebbe definito un sistema centralizzato,66Gilles Deleuze, Postscript on the Societies of Control, «October», 59, 1992, pp. 3-7.
nella città post-Internet le decisioni vengono prese elaborando i dati raccolti dalle interazioni dei cittadini con la rete infrastrutturale delle città.
Secondo molti accademici, decentralizzando i processi decisionali urbani, questo sistema ha reso le città più inclusive e partecipative, poiché in questo modo tutti possono contribuire al loro funzionamento e alla loro sostenibilità: l’avvento delle smart city è stato ampiamente considerato come un’affermazione della democrazia e del principio di eguaglianza all’interno dello spazio urbano“…l’avvento delle smart city è stato ampiamente considerato come un’affermazione della democrazia e del principio di eguaglianza all’interno dello spazio urbano”, in particolare per il suo modello coinvolgente e non gerarchico, che sfida la verticalità dei governi cittadini. Chiunque, senza discriminazioni, può entrare a far parte del sistema della città, poiché qualsiasi azione umana è soggetta al rilevamento dei sensori. Come afferma Evgenij Morozov, i sostenitori delle smart city vogliono far credere che i cittadini non siano solo l’ingranaggio di una vasta macchina, bensì parte della mente della smart city stessa, e che questo dia loro il potere di plasmare il futuro.77Evgeny Morozov, The net delusion: How not to liberate the world, Penguin Books UK, 2011, p. 164.
Il contributo di ogni cittadino viene quindi promosso come fondamentale per la sostenibilità generale della città e il benessere dei suoi abitanti.
Tuttavia, osservando più da vicino la connessione tra l’input del singolo cittadino alla rete e il suo effettivo potere di distinguersi e di rappresentare la propria opinione, un sistema democratico sembra piuttosto lontano dall’affermarsi. L’instaurarsi di un modello di governo decentralizzato non ha realmente diminuito il potere del governo: anzi, potrebbe averlo incrementato. Uno dei primi aspetti problematici riguarda l’effettiva rilevanza dell’input di ogni singolo individuo all’interno del sistema di funzionamento delle reti Internet, il quale viene considerato solo nel contesto della funzionalità generale della rete.
Analizzando gli attuali meccanismi alla base del funzionamento delle smart city, possiamo notare come le soggettività vengano svalutate e non direttamente rappresentate: i cittadini non contano come individui, ma come semplici moltitudini e numeri, ciò che Deleuze definirebbe “dividui”. Riprendendo dunque il pensiero di Deleuze in Postscript on Control Societies, nelle società di controllo l’individuo ha valore solo in relazione a una massa, diventando dunque un semplice codice che fornisce informazioni. Allo stesso modo, questo accade nelle smart city, dove le azioni e i contributi dei cittadini sono informazioni preziose che vengono convertite in semplici dati. Di conseguenza, «gli individui diventano “dividui”, dunque masse, campioni, dati»88Gilles Deleuze, cit., p. 5.
e acquistano importanza solo nell’ambito del raggiungimento di un risultato finale.
i soggetti hanno valore solo in relazione alla dimensione informativa della rete di Internet, non in base alle loro soggettività
Come sostiene la docente e scrittrice di media theory Tiziana Terranova all’interno della “teoria degli organismi e delle moltitudini”,99Tiziana Terranova, Network culture: Politics for the information age, Pluto Press, Londra, 2004.
nel sistema di funzionamento dei network c’è solo un interesse per le masse e i modelli che ne derivano, piuttosto che per i semplici individui. L’essere umano non è più un singolo e complesso individuo, ma è essenzialmente il risultato aggregato dell’interazione di una vasta popolazione di macchine relativamente semplici. Di conseguenza, l’organismo si disintegra a livello computazionale in una moltitudine di macchine semplici che interagiscono tra loro, e viene considerato solo in termini di relazione complessiva con il gran numero di componenti intercambiabili che interagiscono tra loro attraverso cicli di feedback interattivi. Proprio come sostiene Alexander Galloway, «i soggetti diventano semplici nodi immateriali della rete».1010Alexander R. Galloway, David Berry, A Network is a Network is a Network: Reflections on the Computational and the Societies of Control, «Theory, Culture, & Society», 33 (4), 2015.
Più sono i nodi e l’interazione tra di essi, più è probabile che le reti – e quindi le smart city – siano in grado di funzionare in modo efficiente. Nasce così una “rete neurale”, che si basa su caratteristiche cognitive e sensoriali per implementare la rete. Tuttavia, in questo modo, i soggetti hanno valore solo in relazione alla dimensione informativa della rete di Internet, non in base alle loro soggettività.
Un altro punto che vorrei analizzare riguarda i cittadini, in quanto, essendo meri nodi di una rete il cui input è mediato da algoritmi, non fanno direttamente parte del processo decisionale, a differenza di quanto avviene nelle forme di democrazia vere e proprie. Essendo le loro azioni legate ad algoritmi, i dati dei cittadini non sono mai rappresentati, non presentano direttamente la loro opinione, ma è la cosiddetta “città senziente” che raccoglie furtivamente i loro dati. Come ha sostenuto il professor Richard Sennett in relazione a Masdar, una città intelligente degli Emirati Arabi Uniti, «il dispositivo può riportare informazioni, ma il CCC (Central Command Centre) interpreta il suo significato e come dovrebbe agire di conseguenza».1111Richard Sennett, The Stupefying Smart City, «Urban age», 2012 (ultimo accesso: aprile 2018).
Pertanto, le persone interagiscono semplicemente con i sensori, ma non esprimono realmente la loro opinione. Come affermato dalla professoressa Jennifer Gabrys, nelle smart city nessuno si occupa mai di dibattiti o di processi decisionali diretti, piuttosto è il sistema informatico che elabora i dati e li gestisce. A questo proposito, come afferma Gabrys: «Le azioni dei cittadini hanno meno a che fare con diritti e responsabilità, pertanto le città intelligenti non fanno progredire l’impegno democratico».1212Jennifer Gabrys, Environment and Planning D: Society and Space, 32, 1, «Sage Journals Press», 2014 (ultimo accesso: aprile 2018), pp. 30-48.
Dunque, le persone, piuttosto che contare come individui singolari e preziosi il cui contributo è fondamentale nella formazione di un consenso democratico, sono semplicemente impiegate nell’ottica di un migliore funzionamento del sistema. Contrariamente a ciò, la democrazia è di norma garantita dal diritto dei cittadini di rappresentare la loro opinione direttamente“…la democrazia è di norma garantita dal diritto dei cittadini di rappresentare la loro opinione direttamente” e senza alcuna mediazione esterna. Tutto questo, ci avverte Terranova, «costituisce un cambiamento radicale rispetto al valore delle soggettività singolari, le quali vengono lobotomizzate». I valori dell’individuo sono ulteriormente minacciati poiché il loro apporto può avere senso solo nel contesto della rete.
Secondo lo scrittore neo-marxista italiano Franco “Bifo” Berardi, questo tipo di governance cognitiva rappresenta la sostituzione di una volontà politica con un sistema di tecnicismi automatici, che costringe la realtà in un quadro logico che non può essere messo in discussione. Queste modalità di governance utilizzano informazioni astratte anziché fatti reali e tangibili, «utilizzando un linguaggio tecnico al posto di un significato condiviso derivante dal dialogo e dal conflitto».1313Franco “Bifo” Berardi, Cognitarian Subjectivation, «e-flux», 20, 2010 (ultimo accesso: aprile 2018).
Infine, un ultimo punto che vorrei mettere in discussione è che la decentralizzazione alla base del funzionamento delle reti Internet delle smart city ha costituito un’affermazione più assidua, sottile e violenta di princìpi di governance autoritari nello spazio urbano, che hanno messo ancora una volta in discussione l’applicazione del concetto di democrazia.
Partendo dalla più semplice definizione della parola “democrazia” presente nel dizionario, possiamo cominciare a cogliere le prime contraddizioni. Il dizionario definisce la democrazia come un “sistema di governo basato sull’uguaglianza e sulla libertà”. Applicando questa definizione alla presunta caratteristica democratica delle smart city, potremmo trovare alcune discrepanze. Infatti, il concetto di libertà non può essere realizzato nel contesto della smart city, come conseguenza dell’ineludibilità delle reti Internet. Come argomentato sopra, essendo le reti Internet qualcosa di così intrinseco alla nostra vita, le persone non possono scegliere di farne parte. È proprio questo attaccamento a strumenti essenziali della vita quotidiana che ha reso l’IoT così aggressivo, incrementando i vincoli delle persone nello spazio della città. Basandosi su questi servizi essenziali, la scelta delle persone di ritirarsi dalla rete diventa davvero difficile. Pertanto, mancando questa libertà di scelta, la democrazia non può sussistere.
Come sostenuto da Galloway, i «network non sono liberatori; […] possono controllarti ma tu non puoi controllare e sfuggire loro. […] Nessun singolo soggetto o gruppo può in alcun modo controllare una rete».1414Galloway, Berry, cit.
In particolare, quando si fa uso di servizi essenziali, come i trasporti, i cittadini non hanno altra alternativa se non sottostare alle reti che li governano. In questo modo, le persone conferiscono involontariamente potere all’insieme di sensori e tecnologie di sorveglianza dispiegati in tutto l’ambiente urbano sulle loro azioni.
È interessante notare, inoltre, come denuncia Alberto Vanolo, che a differenza dei siti Internet, dove oggi si chiede alle persone di concordare termini specifici come il trattamento dei dati, nelle smart city non viene mai data questa possibilità alle persone.1515A. Vanolo, Smartmentality: The Smart City as Disciplinary Strategy, «Urban Studies», 51 (5), Sage Journals, 2015 (ultimo accesso: aprile 2018), pp. 883-898.
Il consenso degli utenti viene dunque minato e la propria privacy minacciata, essendo i loro dati potenzialmente utilizzabili contro di loro. Dunque, come sostenuto da Terranova, «ci può essere responsabilità democratica solo se coloro a cui queste istituzioni pubbliche danno conto sono ben informati su ciò che stanno facendo, comprese le scelte che hanno affrontato e come sono state prese».1616Terranova, cit., p. 45.
Infine, è proprio l’ubiquità e invisibilità delle reti Internet nelle infrastrutture quotidiane a renderle ancora più subdole, non potendo essere identificate o isolate. Come si può evincere dalle considerazioni di Easterling riguardo le nuove città, le reti Internet nel contesto delle smart city esercitano un “potere non dichiarato”, bensì organizzato in sottili forme strategiche che danno forma allo spazio, quelle che Easterling chiama “dispositions”.1717Keller Easterling, Extrastatecraft: the power of infrastructure space, Verso Books, Londra, 2014, p. 97.
Secondo Easterling, la disposizione è proprio il modo attraverso cui il potere dice qualcosa di diverso da ciò che sta facendo, esponendo un divario tra realtà e ideologia, oltre a eseguire forme invisibili di potere. La “disposition” può essere considerata come la strategia principale utilizzata dai sistemi decentralizzati, in quanto permette la distribuzione di specifiche forme di potere nello spazio.
In luce di quanto esposto sinora, potenziali conseguenze distopiche legate a questo tipo di sistema nel contesto urbano potrebbero essere già state predette da Félix Guattari a fine anni ’70, come riportato dal collega Deleuze in Postscript of Control Societies: «Guattari ha immaginato una città in cui si sarebbe potuto lasciare il proprio appartamento, la propria strada, il proprio quartiere, solamente grazie a una carta elettronica, con il potere di alzare o chiudere una determinata barriera: ma la carta potrebbe essere facilmente rifiutata in un dato giorno o a certe ore; il problema non è la barriera, ma il computer che traccia la posizione di ogni persona – lecita o illecita – ed effettua una modulazione universale».1818Deleuze, cit., p. 7.
Questo ci dice che, se non ci impegniamo a produrre alternative a questo sistema, più che decidere cosa è meglio per la vita delle persone, le città future potrebbero addirittura sviluppare meccanismi totalizzanti di controllo e dettare la vita alle persone.
A questo proposito molti scrittori e media-attivisti, attraverso pratiche artistiche o teorie speculative, stanno fornendo molti esempi ispiratori, seppur ancora fittizi, per offrire alternative all’egemonia della rete e garantire diritti di emancipazione ai suoi utenti. Queste teorie, riguardanti per esempio l’hacking delle modalità di funzionamento delle città e la creazione di reti auto-organizzate, potrebbero essere le basi che in futuro porterebbero alla creazione di modelli alternativi di smart city, in cui i cittadini possano avere il reale potere di plasmarle e avere un ruolo decisivo all’interno di esse. In questo modo la libertà dei cittadini, così come le loro volontà, potranno essere di nuovo centrali, dando la possibilità a nuovi ideali di democrazia di affermarsi.
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Sara Castiglioni si è laureata in History of Art presso Goldsmiths, University of London. Lavora come freelancer nell’ambito dell’arte contemporanea e della musica elettronica, occupandosi di produzione e comunicazione.
F. B. Berardi, Cognitarian Subjectivation, «e-flux», 20, 2010 (ultimo accesso: aprile 2018).
CNBC, Google’s Eric Schmidt: “The Internet Will Disappear” | Tech Bet | CNBC, YouTube video, pubblicato nel gennaio 2015.
G. Deleuze, Postscript on the Societies of Control, «October», 59, inverno 1992.
J. Gabrys, Environment and Planning D: Society and Space, 32, 1, «Sage Journals Press», 2014 (ultimo accesso: aprile 2018).
A. R. Galloway, D. Berry, A Network is a Network is a Network: Reflections on the Computational and the Societies of Control, «Theory, Culture, & Society», 33 (4), 2015, pp. 151-172.
K. Easterling, An Internet of Things, «e-flux», 2012 (ultimo accesso: aprile 2018).
K. Easterling, Extrastatecraft: the power of infrastructure space, Verso Books, Londra, 2014.
G. McHugh, Post internet, Lulu.com, 2011.
E. Morozov, The net delusion: How not to liberate the world, Penguin Books UK, 2011.
R. Sennett, The Stupefying Smart City, «Urban age», 2012 (ultimo accesso: aprile 2018).
M. Shepard, Sentient City: Ubiquitous Computing, Architecture, and the Future of Urban Space, MIT Press, Cambridge, 2011.
T. Terranova, Network culture: Politics for the information age, Pluto Press, Londra, 2004.
A. Vanolo, Smartmentality: The Smart City as Disciplinary Strategy, «Urban Studies», 51 (5), Sage Journals, 2015 (ultimo accesso: aprile 2018).
KABUL è una rivista di arti e culture contemporanee (KABUL magazine), una casa editrice indipendente (KABUL editions), un archivio digitale gratuito di traduzioni (KABUL digital library), un’associazione culturale no profit (KABUL projects). KABUL opera dal 2016 per la promozione della cultura contemporanea in Italia. Insieme a critici, docenti universitari e operatori del settore, si occupa di divulgare argomenti e ricerche centrali nell’attuale dibattito artistico e culturale internazionale.