L’estetica anale è una vera e propria utopia «non-proprio-qui».11José E. Muñoz, Cruising utopia. L’altrove e l’allora della futurità queer, N. Ferrante e S. Grassi [trad. it], NERO, Roma, 2022, p. 153.
È una pratica epistemica che produce piacere, fabbrica estetiche e disquisisce su forme di retto-bellezza, attingendo dal panorama delle narrazioni sulla futuribilità e sull’utopia, dal cruising nei fondali e dalla replicabilità planaria. Questa riflessione si basa su un processo ricostruttivo, non de-compositivo, in cui la tensione al futuro è qualcosa di già stato e già possibile. La tesi è quindi una viziosa revisione retro-attiva di opportunità esperienziali. Credo che non ci possa essere nessuna utopia se non si interpella l’antico, la nostalgia, l’effimero e il piacere come risultato evolutivo di funzioni biologiche. Fanno capolino così le parole di Donna Haraway, la quale contribuisce «alla tradizione utopica, immaginando un mondo senza genere che forse è un mondo senza genesi, ma può essere anche un mondo senza fine».22Donna J. Haraway, Manifesto cyborg. Donna, tecnologie e biopolitiche del corpo, L. Borghi [trad. it.], Feltrinelli, Milano, 1995, p. 41.
Tuttavia occorre pur sempre specificare che nell’analità la fine è solo l’inizio, la finitudine è l’orgasmo. Se quindi per Haraway l’utopia è quell’ideale di possibilità in cui la realtà non è veicolata né da criteri binari di genere né da forme temporali lineari, la stessa analità abbraccia anche l’invito di José E. Muñoz nel «mettere in atto nuovi modi di godere più appaganti, nuovi modi di stare al mondo e, dunque, nuovi mondi».33Muñoz, cit., p. 1.
In questi due esempi si prefigge il destino stimolatorio dell’analità, che tuttavia non ha una proiezione in un altrove, in un avvenire, bensì è collocabile in un meato dalle ambizioni interiori ed esteticamente insertive. È presenza. È perseveranza. In queste narrazioni contemporanee dalla postura utopica, infatti, vi è spesso la tendenza ad abbracciare il concetto filosofico e temporale del post-umano e del post-moderno; ci si spinge verso confini temporali prossimi o raggiungibili solo attraverso l’immaginazione, ma in questa dialettica, invece, si incoraggia a penetrare il semper-umano come vera prassi estetica che è stata semmai da sempre post-posta. L’analità è dunque un piacere ostracizzato, o per meglio dire costipato da lungo tempo. È una forma non esclusiva e non economica della libido, è da intendere come un processo esplorativo e sfinterico che non ha gerarchie né portamento cosiddetto etico. È, inoltre, un posizionamento erogeno squisitamente provocante.
Numerosɜ studiosɜ hanno analizzato il tema; questo breve saggio cerca di mettere insieme le diverse voci per incoraggiare l’esercizio e la pratica corporea, non solo teorica, sull’analità. L’estetica ci insegna in effetti che le velleità e gli apparati hanno un potere piacente, hanno un gusto e sono tangibili dai sensi. Ciò che qui si intende dunque offrire sono degli strumenti discorsivi e teorici per appagare i nostri pragmatici amplessi rettali.
Il piacere può venire da diversi epicentri stimolatori: oltre che dal corpo, infatti, le immagini e la speculazione estetica tendono a rendere le nostre anatomie sensibili. Sulla scia teorica wittighiana44Vedi Monique Wittig, Il cavallo di Troia (1984), in Il pensiero eterosessuale, F. Zappino [a cura di], ombre corte, Verona, 2019; e Monique Wittig, Il corpo lesbico, D. Ardilli [trad. it.], VandA edizioni, Milano, 2023.
bisogna pertanto intendere il corpo nel suo carattere polisemico, non solo quindi quello fisico (organi, tessuti, cellule), ma anche nel menage del corpus letterario. La scrittura rende leggibili gli attriti co-partecipando al deposito mitico delle forme plastiche delle parole-immagini-anatomie. In altre parole, il corpus anale è testo e pretesto, sembra licenza poetica ma in realtà non è altro che un modus di disattendere la forma logica dell’ordine costituito. La composizione analitica è dunque uno strumento, un ausiliario legato all’intrattenimento che tende all’apertura e all’inclusione dilatando le membra. Concentrarsi sull’analità significa deterritorializzare il corpus, è intendere le nostre anatomie come alfabeti espressivi modellabili, compositivi e formali. Corpi come media e come forme espressive di estro. Tutti questi termini non a caso sono lessico estetico, in quanto l’analità è una forma di estetica che si interessa degli ingressi secondari ricercando il bello e il piacere. Lo storico dell’arte Hans Belting ci ricorda che: «Siamo ancora chius[ɜ] nei confini dei nostri singoli corpi e desideriamo ancora delle immagini che abbiano un significato personale per noi».55Hans Belting, Immagine, medium, corpo. Un nuovo approccio all’iconologia, in Pinotti A. e Somaini A. [a cura di], Teoria dell’immagine. Il dibattito contemporaneo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2009, p. 89.
Questa immagine è l’ano.
L’estetica anale è di fatto una forma di apertura delle membra, una via d’accesso non scontata che ne dilata i confini, un orifizio episodico chiaroscuro. «Lo sbocciare osceno» di un ano «calvo, aureolato, splendente come un foruncolo»,66George Bataille, L’ano solare, S. Finzi [trad. it.], SE, Milano, 1998, p. 26.
come un nimbo figurativo sacrale, «il centro annerito di cespugli, del fosso stretto che apre le natiche»,77Ivi, p. 52.
insomma l’ano non è altro che un’iconologica aureola riservata. Ma non dimentichiamoci che dal culo esce anche la merda. Paul B. Preciado tratta l’argomento non a caso con l’accezione di Terrore anale (Fandango, 2018), in quanto l’analità è un argomento problematico e una pratica stigmatizzata. Tale questione, infatti, che sia immagine, performatività o concetto, è un progetto biopolitico discriminatorio che desessualizza e/o femminilizza l’orefizio anale riscrivendolo come confine di marcatura tra dignità e indecenza. Coloro che lo attraversano per scelta o lo violano per sottomissione non consensuale, rientrano nella condizione di servilità al dispositivo eterosessuale. A proposito di ciò, Mario Mieli scrive di educastrazione: una antipedagogia discorsiva e disciplinare che agisce già durante l’infanzia e che orienta all’inibizione della naturale «disponibilità erotica amplissima»88Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, Feltrinelli, Milano, 2021, p.18.
dei corpi e delle proprie cavità di piacere. Ogni anatomia è infatti destinata ad avere un condotto anale, ma «per imparare e per insegnare (a essere eterosessuali) è necessario chiudere l’ano, evitare la passività. La relazione di apprendimento deve essere una relazione di trasmissione di sapere virile».99Ivi, pp. 65-66.
Ne consegue che la negazione dell’ano rende quest’ultimo un fatto privato – anzi, privatizzato –, esclusivo e ano(r)male. Rende così i corpi custodi di dignità individuali, dai confini netti e impenetrabili. Non più universali, ma escludenti. Allo stesso tempo, però, il terrore verso l’ano è dovuto al suo potere anti-riproduttivo, in quanto non detiene alcuna funzione eterosessuale genital-produttiva della forza-lavoro coatta e – ancora più sovversivo – non ha un genere, poiché «l’ano ignora la differenza sessuale».1010Guy Hocquenghem, Il desiderio omosessuale, C. Lo Iacono [a cura di], Mimesis Eterotopie, Milano-Udine, 2022, p. 93.
Mieli arriva a queste conclusioni a causa dell’eredità teorica degli studi sullo sviluppo psicosessuale del bambino (maschio cis e le sue derivazioni invidiosissime) di Sigmund Freud. Lo psicanalista viennese, in breve, tratta l’argomento con l’accezione di “perversione polimorfa”, in quanto il principio desiderante non segue le logiche riproduttive eterosessuali e capitalistiche. Nell’infanzia, la libido è libera e non censurata, e durante i primi anni di età qualunque individuo fa esperienza del piacere anale: un momento, secondo Freud, pre-genitale e pre-maturo che deve essere superato per il raggiungimento della “normalità” istituzionalizzata. All’infante viene di fatto insegnato che «tutto quanto riguarda queste funzioni è sconveniente, destinato a essere tenuto segreto. È qui che deve per la prima volta barattare il piacere con la dignità sociale».1111Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi, Bollati Boringhieri (UBB, Serie Scientifica, 39/40), Torino, 1994, p. 285, in G. Hocquenghem, cit, p. 104.
La cosiddetta “fissazione anale” (seconda fase in La vita sessuale) è un principio patologizzante (nevrotico) che si riferisce a una malgestione delle forme di controllo psicologico-sfinterico: da una fase di gratificazione libidica si va verso l’emergere di un carattere sadico anale o, al contrario, a un carattere “espulsivo” che rende la persona adulta come manipolatoria e divergente. Potremmo però constatare, scrollandoci di dosso queste forme occidentali di essenzialismo, che sublimemente Freud scotomizza le qualità piacevoli provocate dall’analità che si discostano dai patti sociali biopolitici e privatistici di cui persino lui è portavoce. In poche parole, ricercare il piacere anale non aderisce ai criteri performativi, machisti e repressivi dello status quo. La colpa, a pensarci bene, non è della libido che tende alla “perversione”, ma è inscritta nei codici discorsivi eterosessuali e temporali che la regolano e la incanalano entro i limiti stabiliti dell’epoca alienata (e per forza di cose nevrotica). Sullo stesso tema e con altre parole, Luciano Parinetto è illuminante:
«Se si pensa che i testi freudiani ricordati giungono al 1914 […] desta meraviglia che essi possano coesistere con l’assolutizzazione metastorica del conflitto edipico […] e con la seguente crocifissione della libido (polimorfa per definizione) all’interno della via crucis delle assolutizzate tappe della sessualità, diretta alla cosiddetta normale evoluzione: via che, di per sé, una volta ritenuta assoluta, rende automaticamente perversioni assolute tutti gli aspetti della libido che a quella direzione si oppongano, degradandoli a fissazioni (sottosviluppate), a tappe immature della sessualità».1212Luciano Parinetto, Corpo e rivoluzione in Marx. Morte diavolo analità, Mimesis, Milano-Udine, 2015, p. 64.
Si conclude che questa avversione all’analità è un progetto di naturalizzazione etero-marginalizzante delle membra e un disegno di repressione dei coiti e delle alleanze da con-tatto. La contrarietà anale è quindi un programma di bio-positivismo normativo e la visione freudiana del saper dominare, trattenere e il suo contrario espellere, è la condizione per la costruzione di un Sé specifico (ovviamente ostruito). La non-analità per Freud edifica una forma di proprietà privata corporea: pulita, noiosa, conservatrice e dalle rimosse funzioni desideranti colpevoli. In sostanza è un soggetto civilmente represso a cui è stata negata la possibilità di trovare forme democratiche, paritarie e collettive di piacere. Preciado scrive che: «Il problema non è il sesso anale, ma la civilizzazione dell’uomo-castrato-di-ano».1313Paul B. Preciado, Terrore Anale. Appunti sui primi giorni della rivoluzione sessuale, L. Borghi [trad. it.], Fandango, Roma, 2018, p. 56.
La non-analità fabbrica un* Io; l’analità, al contrario, accoglie un’alleanza comunitaria intersezionale che tutela il piacere universale senza genere, senza classe e senza discendenza etnica.
Espellere. Espellere tutto.
Spingere. Spingere dentro.
L’analità è una dialettica inter/intro-soggettiva guidata dall’inibizione ma anche dall’ambizione interiore. Anale come esperienza estetica è un invito a far convergere quel processo spiritualizzante e separatista tra l’utile e il bello nel senso della vita immediata, e a far connettere l’esperienza ordinaria del corpus in un’espansione del sentire. Ci si sta riferendo, quindi, a una forma di eros infecondo che gioca all’apparizione dell’estasi: coiti estetici non alienati, corpi come superfici e prospettive di dislocazione e ricollocazione del piacere. Ma questa condizione non è forse una rivelazione estetica? Non è l’agentività del corpus dell’arte stesso? Il filosofo John Dewey scrive che:
«L’arte è una qualità che permea un’esperienza; non è l’esperienza stessa, se non parlando in modo figurativo. L’esperienza estetica è sempre più che estetica. In essa materia e significati raggruppati, che di per sé non sono estetici, diventano estetici entrando in un movimento ritmico ordinato che tende al proprio perfezionamento. Il materiale stesso è umano in senso ampio. […] L’esperienza estetica è una manifestazione, una testimonianza e una celebrazione della vita».1414John Dewey, Arte come esperienza, G. Matteucci [a cura di], Aesthetica, Milano, 2020, p. 311 [corsivo dell’autore].
Analizziamo. L’esperienza anale è guardare le natiche impudiche come protuberanze succose alla pesca, è avvicinarsi all’osceno sbocciare del buco che include le sue pieghette esterne e il calore della sua pienezza muscolare. È il perpetuo indagare il mistero di un corpo-altro che si abbandona alla nostra curiosità golosa. L’analità è un’unione sensibile in cui le viscere si emozionano e tutte le superfici vanno in calore. L’incontro è una reciproca alleanza desiderante, un patto di fiducia, il suono di un piacere anatomico deflagrante. Viscoso, sudato e palpitante. Si tratta infatti di un processo incontinente nel vero senso del termine. Dono erotico e vita amatoriale. Anale è l’oscurità ma anche la luce; la voglia ma anche la condanna; la bellezza ma anche il piacere. Un corpo anale è quindi un corpo che intende non subordinarsi, è per(e)verso le sue pulsioni, non intende negoziare. «L’ano non ha sesso, né genere, sfugge alla retorica della differenza sessuale come la mano. Situato nella parte posteriore e inferiore del corpo, l’ano cancella anche le differenze personalizzanti e privatizzanti del volto. L’ano sfida la logica dell’identificazione maschile e femminile. Non c’è divisione in due del mondo».1515Preciado, cit., p. 73.
L’ano è il tuttз, l’ano è r-evoluzione.
Di grande suggestione è la possibilità di concepire i rapporti sociali e i corpi nel loro desiderio; Guy Hocqueguen idealizza il concetto del “groupal annulaire”:1616Vedi Hocquenghem, cit., pp. 86-105.
«I desideri che si dirigono sull’ano […] costituiscono quella che chiameremo una “modalità gruppale” di rapporti, in opposizione alla modalità sociale abituale. Se l’ano subisce un processo di privatizzazione, allora la sua pubblicizzazione, o più esattamente, la sua gruppalizzazione desiderante, provocherà il crollo della gerarchia fallica sublimatrice e insieme la distruzione del double-bind individuo-società».1717Ivi, pp. 102-103.
Il filosofo teorizza un espandersi della libido in cui i corpi si risessualizzano riattivando tutte le zone erogene per far ri-comparire quella sessualità polimorfa pregenitale che è stata sterilizzata. «L’ano ritrova la sua funzione desiderante, quando gli intrecci di organi si fanno senza legge né regola, il gruppo gode di una sorta di rapporto immediato dal quale scompare la benedetta differenza tra pubblico e privato, individuale e sociale»,1818Ibid.
maschile e femminile, attivo e passivo, giusto e sbagliato. Inoltre, «la modalità gruppale dell’ano è appunto “anulare”, il cerchio degli intrecci possibili, allargabile all’infinito, in tutti i sensi e senza posti assegnati. Il gruppale anulare (si potrebbe dire “anale”) fa crollare il sociale della gerarchia fallica».1919Ibid.
L’analità estetica, quindi, non ha una dipendenza con l’eiaculazione, non riconosce il piacere nell’esclusività e nel dominio fallico. L’analità estetica è, invece, l’esperienza di un breve momento: è una dilatazione, un rilassamento, una fantasia e una intromessa evasione stuzzicante. Sono lingue, dita, parole, oggetti, carezze, pizzicotti, sputi, respiri, abbracci, schiaffi, sapori, sussurri, sfiati, segreti, sentimenti. L’analità può finalmente liberarci dall’idea eterosessista che tra orgasmo (spermatico) e riproduzione non vi sia alcun necessario rapporto, per cui dobbiamo sostenere e difendere tutti gli orgasmi nella loro moltitudine di varianti e non ortodosse relazioni corporee. Il concetto del groupal annulaire estende la metafora dell’intrusione fino ad allargare il varco verso una comunità di corpi interconnessi: è una riattivazione, è una relazione. Da questo punto di vista il corpo diventa un oggetto di investimento e indagine libidica, oggetto di godimento e di riflessione, soggetto di scena e compositivo.
Ora è possibile rimarcare l’agency delle pratiche effimere, in quanto se «la performatività non è un atto singolare, ma una ripetizione e un rituale, che raggiunge i suoi effetti attraverso la naturalizzazione in un corpo inteso»,2020Judith Butler, Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, S. Adamo [trad. it.], Laterza, Bari, 2017, p. XVI.
di un corpo, cioè, che viene letto e ha significato e senso grazie alla sua riattivazione erogena, questa escatologica predisposizione al ri-presentarsi (farsi/darsi presenza), al venire (cum), non è altro che quel principio performativo che Judith Butler teorizza nel Trouble. «Questi atti, gesti, realizzazioni, generalmente costruiti, sono performativi nel senso che l’essenza o l’identità che altrimenti intendono esprimere sono montature fabbricate e mantenute attraverso segni del corpo e altri strumenti discorsivi».2121Butler, cit., p. 193.
Quindi si deduce che una riattivazione dell’analità estetica costruirebbe una fantasia istituita sulla superficie dei corpi, ma anche un’utopica visione corpo-estetica anale dilatata che intesse reti-rettali eccitatorie non individualiste, ma comunitarie. «L’erotismo anale ritrovato è dunque, assieme a tutta la corporeità liberata dall’anestetizzazione provocatale dalla riduzione dell’eros a pura genitalità riproduttiva, un potenziale fomento di opposizione»,2222Parinetto, cit., pp. 90-91.
ci ricorda Parinetto. Ogni discorso sul corpo non può che iniziare dal corpo stesso, ma al contempo deve anche uscire da esso nel suo manifestarsi incorporeo. L’anale ci invita a essere anatomie “aperte all’aperto”,2323Vedi Jean-Luc Nancy, Corpus, A. Moscati [trad. it.], Cronopio, Napoli, 2004.
in quanto non abbiamo accesso a noi stessз se non “dal di fuori”, anzi è proprio questo rapporto con l’esteriorità e con l’estetica che ri-disegna e ri-forma il quadro del corpus. In questa esperienza sensibile, la grazia risiede nel corpo che è dislocato in espansione e partecipa alla composizione armonica solo nel suo essere-con, quindi, in tutti gli elementi della scena che costruiscono l’immagine in relazione.
Concludendo, sempre più chiaro è l’impegno che ci è richiesto per edificare-abitare-attraversare nuove forme di immaginari e utopie planarie. L’estetica anale ci invita a farlo nel nostro corpus complesso e a tal proposito teorie queer e filosofia estetica possono offrirci nuove pratiche eccitatorie percorribili, nuovi appaganti criteri di gusto, esperienze sublimi in quel posto e nell’altrove. La filosofa bell hooks ha perfettamente ragione quando scrive: «Non dobbiamo negare che è sull’estetica che si fondano le nuove visioni»,2424bell hooks, Elogio al margine. Razza, sesso e mercato culturale, M. Nadotti [a cura di], Feltrinelli, Milano, 1998, p. 60.
e aggiungo che è solo con l’estetica che possiamo trovare nuove forme di esperienza sensibile. L’estetica, dunque, è più di una filosofia o teoria dell’arte e del bello; è un modo di attraversare i nostri corpi disegnando circuiti integrati di piacere e alleanze. Immaginiamo un mondo in cui non aspettiamo altro che essere – tuttз insieme – inculatз, in quanto è solo un corpo non-anale a sentirsi letteralmente offeso.
Lottare per il piacere non è importante solo per opposizione allo status quo. Emozionante è infatti l’invito di Herbert Marcuse quando scrive che: «La riattivazione di desideri e attitudini preistoriche e infantili non è necessariamente una regressione; può essere benissimo il contrario – l’avvicinarsi a una felicità che è stata sempre la promessa repressa di un futuro migliore». Oggi noi Sapiens esigiamo per noi stessɜ piaceri momentanei, futili e consumistici che producano scorie edibili. Precari e inutili. Brevi e fortuiti. Vogliamo godere in maniera non economica, vogliamo stare in un insieme collettivo che includa.
La forza dell’estetica anale è una digestione indigesta perché essa si produce senza riprodursi, è degenerata perché genera piacere e collettività. Così l’anale anela alla finitudine dei coiti.
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Fabio Ranzolin è artista visivo e ricercatore indipendente interessato di queer studies, visual cultures ed estetica evoluzionistica. Ha studiato all'Accademia di Belle Arti e allo IUAV di Venezia, ha approfondito poi gli studi di Teoria di Genere e Psicologia Evoluzionistica all'Università di Padova e attualmente è laureando con Viviana Gravano all'Accademia di Brera di Milano.
George Bataille, L’ano solare, S. Finzi [trad. it.], SE, Milano, 1998.
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