Fundación Jumex de Arte Contemporáneo, Città del Messico.
Di seguito, la redazione di KABUL magazine rende disponibile la registrazione del talk Il ruolo della donna nelle istituzioni d’arte Latino-Americane. Passato, Presente e Futuro che si è tenuta sabato 3 novembre al meeting point di Artissima.
La domanda alla base dell’incontro di sabato è stata: quali sono le difficoltà nel guidare un progetto artistico in Sud America? Parlare del continente sud americano nella sua totalità è certamente complicato e riduttivo visto che ogni paese presenta la sua precisa realtà e, di conseguenza, la sua peculiare inclinazione verso il genere femminile. Nonostante ciò ieri, grazie alle testimonianze delle tre invitate al talk, distanti sia geograficamente che anagraficamente, sono stati portati degli esempi di cosa voglia dire essere una donna negli ultimi decenni tra il Brasile e il Messico.
Sono intervenute Fernanda Brenner, fondatrice e direttrice del PIVO a São Paulo, Julieta Gonzáles, direttrice artistica della Fundación Jumex Arte Contemporáneo a Città del Messico e Abaseh Mirvali, curatrice indipendente d’arte contemporanea e d’architettura e project producer.
Fernanda Brenner ha raccontato di come abbia iniziato il suo progetto recuperando uno spazio abbandonato con l’obiettivo di restituirlo alla città come space art. Alle immaginabili difficoltà dovute al creare qualcosa dal niente, si è aggiunta la necessità di farsi prendere sul serio come donna capo di se stessa. Le sono stati necessari, infatti, due anni per acquistare credibilità e dare valore al suo progetto, prima superficialmente liquidato come un “girly-project”.
Pivo, San Paolo.
Abaseh Mirvali si è trasferita in Messico dalla Turchia nonostante inizialmente fosse destinata a un altro incarico ben lontano dall’America meridionale. Oltre all’etichetta di straniera, si è scontrata, in uno spiacevole episodio iniziale, contro l’identificazione dispreggiativa di “just a wife” che ha rallentato il suo processo di inserimento. Ma racconta di come le sue qualità e lavori pregressi siano stati la spinta riqualificante che le ha poi permesso di lavorare nel continente per quattordici anni. Secondo lei essere donne in carriera comporterebbe la necessità di migliorare la propria resilienza e ad essere combattive visti gli ostacoli che si è costretti ad affrontare a causa del proprio genere.
Julieta Gonzáles non si è focalizzata direttamente sulla problematica legata al genere ma ha parlato della sua etica lavorativa, dei suoi intenti curatoriali come separare la collezione dal museo in quanto non collezione istituzionale, e delle difficoltà e urgenze di un progetto artistico in un territorio come il Messico, terra di contrasti.